Una Menzogna Troppo Costosa

Lucia stava pulendo la vasca quando Marco irruppe in casa, il viso contratto dalla rabbia e dal panico.

“Cosa hai combinato?!” urlò, sbattendo la porta dietro di sé.

Lucia si raddrizzò di colpo e andò nell’ingresso.

“Che succede?!” esclamò, confusa.

“Perché sei andata da lei?!” le ringhiò in faccia.

“Da chi?” Lucia spalancò gli occhi.

“Da Giulia! Te l’avevo detto di non immischiarti!”

“Marco, puoi spiegarmi con calma cos’è successo?”

“Gliel’hai detto?! Di noi?!” Marco respirava affannosamente, asciugandosi il sudore dalla fronte.

“Sì, gliel’ho detto. E mi ha capito, sai? Ha detto che non intralcerà la nostra felicità. Intanto io sto già scegliendo l’abito da sposa — guarda che meraviglia!”

“Abito? Matrimonio?!” Marco scoppiò in una risata nervosa. “Lucia, ma sei fuori di testa?”

“Credevo mi avresti ringraziata,” disse lei con sincerità. “Ho fatto tutto per risparmiarti la sofferenza. Dicevi che era fragile, che non avrebbe retto se tu l’avessi lasciata. Invece si è dimostrata forte. E ti ha lasciato andare.”

Marco cadde lentamente sulla poltrona, poi si rialzò e fissò Lucia come se la vedesse per la prima volta.

“Non capisci…” non completò la frase. Afferrò la borsa e uscì, lasciando la porta aperta.

Non poteva lasciare Giulia. Non adesso, non mai. Perché era stata lei a tirarlo fuori dal fondo, quando nel portafogli gli rimanevano solo miseri cinquanta euro. Gli aveva dato tutto: un lavoro, un tetto, l’auto, lo status. Quello che sognava mentre divideva una stanza con un amico in una casa popolare.

Una volta era un semplice impiegato, viveva di stipendio in stipendio, risparmiava sul cibo per permettersi un caffè al bar una volta al mese. Le ragazze lo guardavano, ma niente di serio — o vivevano in stanze in affitto o prendevano il treno dalla periferia. Lui voleva di più: una vita elegante, benessere, il sapore del successo.

E così finì in palestra — con un ingresso prova gratuito. E lì incontrò Giulia. Snella, curata, sicura di sé. Dieci anni più grande, ma con un fascino a cui era impossibile resistere. E soprattutto, aveva soldi. Gestiva un’attività tutta sua.

Fece di tutto per “incontrarla per caso”. Un giorno Giulia gli offrì un lavoro — con uno stipendio doppio. Poi una casa. Poi un’auto. Poi si ritrovò a svegliarsi ogni giorno nel suo appartamento, guidare la sua macchina, lavorare nella sua azienda. Tutto deciso per lui. Doveva solo dire di sì.

Ma l’abitudine a una vita agiata lo aveva reso ingrato. Iniziò a credersi degno di più. E nella sua vita apparve Lucia — giovane, brillante, libera. Si vedevano di nascosto. Lei sapeva di Giulia e voleva che lui la lasciasse. Lui temporeggiava.

Poi, quando Lucia gli disse che era incinta, lui sparì. Non rispondeva alle chiamate. E lei andò da Giulia.

Ma Giulia non pianse. Non fece scenate. Ascoltò con calma, ringraziò e disse:

“Se avrete un bambino, dovrà stare con voi. Non sarò un ostacolo. Nemmeno per un minuto.”

Quando Marco tornò a casa, le valigie erano già pronte. Giulia gli consegnò le chiavi e gli augurò ogni felicità. Balbettò che Lucia aveva inventato tutto, che era una trappola. Ma nessuno lo ascoltò. Se ne andò — senza lavoro, senza macchina, senza casa.

Trovò una stanza in un pensionato quella sera stessa. Due settimane dopo, venne assunto in un negozio — con un titolo altisonante, “responsabile di reparto”, ma in realtà spiegava solo la differenza tra un divano e l’altro. Bloccò Lucia, scrivendole un ultimo messaggio: “Sistemati da sola.”

Non si sentiva in colpa. Per lui, erano tutti gli altri i colpevoli — le donne, le circostanze, chiunque. Tutti tranne lui.

Lucia scoprì poco dopo che il test era un falso positivo — non era incinta. Ma il rancore rimase.

“Mi fidavo di lui,” singhiozzò all’amica. “E lui mi ha usata.”

“Lucia, sei una donna adulta,” commentò l’amica scuotendo la testa. “E credi ancora alle favole? All’’uomo indispensabile per l’azienda’? Non fare la Pinocchia in gonnella.”

“Ci ho creduto…”

“Appunto. E hai sbagliato.”

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