Oggi ho deciso di scrivere di una storia che mi ha spezzato il cuore. Un anno fa, la nonna Lucia, tornando dal mercato di Napoli, sentì un debole miagolio provenire da dietro un cassonetto. In una scatola di cartone sporca cera un minuscolo gattino con occhi gialli. Povera creatura, magra, tremante, quasi congelata. Il cuore le si strinse. Lo avvolse nel suo scialle, lo strinse al petto e lo portò a casa.
Da quel giorno, divenne il suo compagno. Gli diede un nome dolce, da gatto domestico: Mimì. Il gattino mangiava con gusto, cresceva a vista docchio. Le zampe si facevano sempre più grandi, il pelo più folto, e quello sguardo diventava sempre più intenso, quasi inquietante.
Dopo qualche mese, la nonna lo vide squarciare con facilità un cuscino vecchio con le unghie. Allora capì, con un brivido: non era un gatto. Era un leone vero.
Ma ormai non poteva più abbandonarlo. Quel leone era diventato il suo amico, la sua consolazione nella solitudine. Non aveva più parenti, e quella creatura era diventata la sua ragione di vivere. Lo nascose dai vicini, tenendo le finestre sempre chiuse e uscendo raramente.
Tutti i suoi soldi finivano in carne pacchi di maiale e manzo sparivano così velocemente che i commercianti al supermercato iniziavano a chiedersi il perché.
Ma la nonna Lucia non ci badava. Di notte, Mimì dormiva accanto a lei, facendo le fusa a modo suo un basso, vibrante ruggito e lei gli accarezzava la morbida criniera, come si fa con un gatto affettuoso.
I vicini notarono che la nonna era diventata strana. Di sera, dallappartamento, si sentivano rumori pesanti, come qualcuno che spostasse mobili o camminasse in punta di piedi. Iniziarono a ridere: «Chissà che combina quella vecchia». Ma un giorno, le risate finirono: la nonna non uscì di casa per una settimana.
La vicina, preoccupata, chiamò il vigile urbano per controllare. Quando la porta si aprì con cautela, dentro regnava un silenzio inquietante. Poi, un urlo straziante: la scena che si presentò fu orribile
Sul divano, sotto la luce calda di una lampada, sedeva lui enorme, dorato, con la muso macchiato di qualcosa di scuro. E sul letto, in camera da letto, giaceva la nonna Lucia morta da giorni.
Se nera andata in silenzio, nel sonno, e il suo amato leone aveva restato accanto a lei. Ma al quarto giorno, la fame lo aveva assalito, e aveva iniziato a nutrirsi di lei, pezzo dopo pezzo. Gocce rosse segnavano il percorso dalla camera al salotto.
Il leone non scappò quando la nonna morì. Non conosceva la vita oltre quella porta, perché era cresciuto lì dentro fin da piccolo.
Ecco perché si dice che una bestia selvatica rimarrà sempre selvatica, per quanto la si addomestichi.





