Una Sera Dopo la Lezione di Danza, Mia Figlia Annunciò Che Avrebbe Avuto Una Nuova Mamma: La Sua Maestra
Una sera, dopo la lezione di danza, la mia bambina di cinque anni, Ginevra, mi annunciò con tutta serietà che avrebbe avuto una nuova mamma: la sua insegnante di ballo. Cercai di mantenere la calma, ma il tono della sua voce non sembrava affatto uno scherzo. Più parlava, più mi rendevo conto che qualcosa stava succedendo alle mie spalle… qualcosa che non avevo nemmeno osato immaginare.
Avevo rinunciato al mio sogno per mia figlia. Fin da piccola, sognavo di diventare una ballerina professionista. Amavo la musica, i movimenti eleganti, lo scintillio dei costumi. La danza mi faceva sentire viva, come se potessi volare. Per un po’, avevo anche creduto di essere sulla buona strada.
Partecipavo a piccole competizioni e mi allenavo con dedizione. Anche dopo aver sposato Luca, continuavo ad andare in sala prove, aggrappata al mio sogno.
Non avevamo programmato un figlio così presto, ma la vita ci sorprese. Scoprii di essere incinta, e tutto cambiò in un attimo.
Le priorità si spostarono. Smisi di ballare, pensando fosse solo una pausa. Ma quando nacque Ginevra, capii che non sarei più tornata. Il tempo, l’energia, le opportunità… erano svanite. Ora ero una mamma.
Eppure, non me ne sono mai pentita. Ginevra era la cosa più bella che mi fosse mai capitata. Le sue manine, i suoi occhioni, il modo in cui diceva “Mamma”… riempivano il mio cuore come la danza non aveva mai fatto.
Ma un sogno, anche se accantonato, resta dentro di te. E in fondo, speravo che un giorno anche Ginevra avrebbe amato ballare.
Per questo, quando mi chiese di fare lezioni di danza dopo che Luca le aveva mostrato i video delle mie esibizioni, stavo per piangere. La iscrissi quello stesso giorno.
Presto, però, notai che Luca si comportava in modo strano. Era distante, lavorava fino a tardi, tornava a casa e restava in silenzio.
Una sera, non ce la feci più. Lo guardai dall’altra parte del tavolo e chiesi: “Sei contrario a far ballare Ginevra?”
Lui sembrò sorpreso. “No. Perché dici così?”
“Sei cambiato. Torni tardi, non parli come prima. Sembri distante.”
Sospirò. “Beatrice, non c’è nulla di cui preoccuparsi.”
“Ma c’è,” dissi. “Non mi racconti più niente del lavoro. Ceni in silenzio. Eviti il mio sguardo.”
Si appoggiò alla sedia. “È solo che sono stanco. Niente di più.”
“So che non hai mai amato la danza,” dissi. “Non hai mai ballato con me. Nemmeno al nostro matrimonio. Non alle feste. L’ho sempre accettato. Ma forse ora ti infastidisce. Forse non vuoi che balli nemmeno Ginevra.”
Lui scosse la testa. “Non è vero. Mi piace vederla felice. Sorride sempre quando torna dalla lezione.”
“Allora che succede?” chiesi. “Per favore, dimmelo.”
Esitò. “Non succede niente. Stai pensando troppo. Presto smetterò di lavorare così tanto.”
Si avvicinò e mi abbracciò, accarezzandomi i capelli come faceva una volta. Chiusi gli occhi, ma nel petto sentivo ancora che qualcosa non andava.
Dopo quella discussione, le cose sembrarono migliorare. Luca tornava prima, parlava di più, raccontava piccole cose: cosa aveva mangiato a pranzo, i colleghi divertenti, il traffico. Respirai più leggera.
Pensai di aver esagerato. Magari era solo stressato. Volevo crederci. Davvero.
Poi, un pomeriggio, presi il suo telefono per cercare una ricetta. Il mio era scarico, e avevo fretta.
Mentre digitavo, apparvero delle transazioni sospette. Pagamenti senza nomi, solo cifre e codici. Mi gelai. Luca mi diceva sempre cosa comprava. Era il tipo che mi chiamava dal supermercato per chiedermi se volevo qualcosa. Che cosa erano quei pagamenti?
Pensai che forse stava organizzando qualcosa per il nostro anniversario. Un viaggio? Un regalo? Decisi di controllare. So che non avrei dovuto, ma non resistetti.
Cercai nel suo ufficio, dietro i libri, sotto le carte. Niente. Poi aprii l’armadio della camera. Tutto era in ordine, ma una maglietta era buttata in un angolo.
La presi. Era piena di glitter rosa, il tipo che si attacca alla pelle. Io non uso quel genere di cose. Una domanda mi trafisse: dove diavolo era stato?
Gli scrissi: “Appena torni, dobbiamo parlare.”
Lasciai la maglietta sul letto e andai a prendere Ginevra all’asilo. Cercai di restare calma, ma le mani mi tremavano sul volante. La voce di Ginevra mi riportò alla realtà.
Salì in macchina sorridente e mi raccontò della sua giornata: i disegni, le amiche, i capricci dei compagni. Ascoltai a metà, la mente altrove.
A casa, mi chiese: “Oggi c’è danza?”
Esitai. “Non so se papà potrà portarti.”
La sua faccia si scurì. “Ma io voglio andare!”
Non potevo deluderla. Scrissi a Luca: “Dimentica. Parleremo dopo che torni con Ginevra.”
Quando arrivò, non dissi nulla. Gli porsi la borsa della danza e voltai le spalle. Lui non chiese niente, se ne andò con lei.
Appena la porta si chiuse, iniziai a camminare avanti e indietro. Cosa avrei fatto se fosse stato vero? Se mi avesse tradito? Avevo già deciso: non sarei rimasta.
Guardai le foto di famiglia: il matrimonio, il primo compleanno di Ginevra, il Natale in pigiama abbinato. Faceva male. Avevo amato Luca con tutto me stessa, e ora sentivo che tutto stava crollando.
Il campanello suonò. Pensai fossero loro, ma Luca aveva le chiavi. Aprii: era Claudia, la mamma di una compagna di danza, con Ginevra.
“Luca ha detto che doveva fare una commissione,” spiegò Claudia. “Così l’ho riportata io.”
La ringraziai e chiusi la porta. Chiamai Luca. Nessuna risposta.
“Chi stai chiamando?” chiese Ginevra.
“Il papà,” risposi.
“Perché? Tanto avrò una nuova mamma ora.”
Mi irrigidii. “Che cosa hai detto?”
Mi guardò serissima. “La maestra Arianna sarà la mia nuova mamma.”
“Chi te l’ha detto?”
“Nessuno. Ma papà sta sempre con lei. A volte si abbracciano.”
“Li hai visti abbracciarsi?” chiesi, cercando di restare calma.
Annuì. “Sì. Mi piace la maestra Arianna. Ma voglio che tu resti la mia mamma.”
Il petto mi si strinse. Non solo mi tradiva, ma lo faceva davanti a nostra figlia.
“Ginevra, prepara i giochi. Andiamo dalla nonna.”
“Ok,” disse. Poi aggiunse: “Non dire a papà che te l’ho detto. È un segreto.”
“Non dirò nulla, tesoro,” sussurrai.
La portai dai miei genitori e corsi in auto alla scuola di danza. Ero furiosa, ferita, confusa.
Entrai a precipizio. Li vidi subito: Luca e Arianna, vicini, con qu