Una scelta complessa

**Una Scelta Difficile**

“Nonna, non voglio la pappa,” sussurrò Matteo, spingendo lentamente il piatto verso il bordo del tavolo senza staccare gli occhi da Grazia.

Era proprio quello che faceva sua figlia quando non voleva la minestra. Se non le piaceva, spingeva il piatto finché non cadeva a terra. Da dove l’aveva preso? Non poteva averlo visto, non poteva saperlo. Alice da grande non faceva più così. Era forse questione di geni?

Quando era piccola, Grazia sgridava la figlia, ma con Matteo non riusciva ad arrabbiarsi.

“Basta!” lo fermò, un attimo prima che il piatto scivolasse. “Se non vuoi mangiare, non mangiare. Bevi il tè.”

“Posso avere una caramella?” chiese Matteo.

“La caramella no. Ne hai già mangiata una prima di colazione e ti è passata la fame. Niente dolci fino a pranzo.”

“Nonnaaa,” trillò il bambino.

Gli si riempirono gli occhi di lacrime, la bocca storta, sul punto di piangere. Il piccolo furbo sapeva benissimo come farle cambiare idea.

“Piange proprio come faceva sua madre da piccola,” pensò Grazia con malinconia, pronta a cedere. Ma in quel momento squillò il campanello.

“Prendi un biscotto,” disse, uscendo dalla cucina.

“Non voglio i biscotti!” strillò Matteo alle sue spagne.

Grazia aprì la porta. Sulla soglia c’era Emanuele, suo genero e padre di Matteo.

“Buongiorno, Grazia. Sta sempre benissimo,” disse lui, sorridendo.

Le fece piacere, ma rispose con freddezza:

“Buongiorno. Entri.”

“Papà!” Matteo corse nell’ingresso.

Emanuele si chinò e premette il figlio a sé, sollevandolo.

“Come sei cresciuto! Quanto pesi ormai.” I suoi occhi si riempirono di tenerezza.

“Mi hai portato qualcosa?” chiese Matteo, allontanandosi dal padre.

“Ti sei comportato bene? Hai ascoltato la nonna?” Emanuele guardò Grazia. Lei tacque, distolse lo sguardo.

“Su, dimmi la verità, cos’hai combinato?”

“Non ho mangiato la pappa. All’asilo mi hanno punito perché ho litigato con Luca. Non è colpa mia, lui ha iniziato! Mi ha spinto e mi ha rubato la macchinina. Io l’ho spinto indietro, ma hanno punito solo me.”

“Che ingiustizia,” commentò Emanuele.

“Matteo, vai in camera. Devo parlare con tuo padre.”

Emanuele posò il bambino a terra, tirò fuori dal cappotto una macchinina e gliela diede. Felice, Matteo corse via. Emanuele seguì Grazia in cucina e si sedette. Lei tolse il piatto con la pappa avanzata e rimase in piedi vicino al lavello.

“La madre di quel Luca mi ha fatto una scenata. Voleva che punissi Matteo. Ma è Luca che spinge sempre gli altri, poi fa la vittima. I bambini si azzuffano, è normale. Però non dovresti incoraggiare Matteo a rispondere per le rime,” disse con un tono di rimprovero.

“La ringrazio, Grazia, per essersi presa cura di mio figlio. Senza di lei non ce l’avrei fatta.”

“E come potevo fare altrimenti? Sono sua nonna.”

Lo sapeva bene che stava facendo la civetta. Sì, Matteo era suo nipote, ma lei sembrava più sua madre che sua nonna.

“Grazia, forse dovremmo assumere una tata?” Emanuele usava sempre il suo nome per rispetto. Lei fece una smorfia.

“Ma che dice?” Grazia gli lanciò un’occhiata rapida. Lui la stava osservando. Una donna sente sempre quando un uomo la guarda in quel modo. Era piacevole e imbarazzante insieme.

Si voltò verso il lavello, aprì l’acqua senza motivo e la richiuse subito. *”Dio, sono nervosa. Non vorrei che se ne accorgesse.”* Si girò di nuovo verso di lui e incrociò le braccia.

“Niente tata. Crede che una estranea possa prendersi cura di suo figlio meglio di me? Non ne voglio neanche sentir parlare.”

“Ma Matteo richiede tanta attenzione. Potrebbe dedicarsi alla sua vita…” Emanuele si confuse e tossicchiò.

“Anche lei potrebbe rifarsi una vita.”

Si guardarono e distolsero lo sguardo.

Non aveva mai capito cosa ci trovasse un uomo come Emanuele in sua figlia, così irresponsabile e impulsiva. Lui era più grande di Alice di quindici anni, più vicino all’età di Grazia che a quella della figlia.

Ma amava Alice, non c’era dubbio. A volte Grazia gliene invidiava. Quando Alice le aveva annunciato il matrimonio, aveva cercato di dissuaderla.

“È più grande, più maturo di te, e tu sei ancora una ragazzina. Cosa avete in comune?”

“Mamma, ci amiamo. Non sono più una bambina, ho vent’anni. Se mi proibisci di sposarlo, scapperò. Tanto lo farò lo stesso. Tu sei solo inEmanuele la prese per mano e sussurrò: *”Non abbiamo più tempo da perdere, Grazia… diamo una possibilità a questa felicità,”* e mentre il sole tramontava sul mare, Matteo rideva tra di loro, stringendo le mani che finalmente si erano unite.

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