Una serata tranquilla e accogliente interrotta all’improvviso da un brusco trillo alla porta.

Beatrice stava preparando la cena, apparecchiando la tavola per sé e suo marito. La serata prometteva di essere tranquilla, accogliente, quando all’improvviso il suono acuto del campanello squarciò il silenzio. Non aspettavano ospiti, e quel rumore rimase sospeso nell’aria, come un presagio di qualcosa d’inaspettato.

“Lorenzo, puoi vedere chi è?” gridò Beatrice dalla cucina, asciugandosi le mani sul grembiule.

Lorenzo, distolto dalla televisione, si alzò a malincuore e si avviò verso la porta. Aprendola, rimase impietrito, incapace di credere ai propri occhi.

“Zia Graziella? Ma da dove spunti?” La sorpresa nella sua voce era genuina. Davanti a lui c’era la sorella maggiore di sua madre, scomparsa anni prima, una donna che non vedeva da una vita.

“Buonasera, Lorenzino. Ho pensato di farti una sorpresa. Posso entrare?” Graziella sorrise, ma nei suoi stanchi occhi balenò un’ombra di malinconia.

“Certo, accomodati!” Lorenzo fece spazio. “Perché non ci hai avvertiti? Sarei venuto a prenderti alla stazione.”

“È stato un impeto del cuore,” rispose, posando con cura una borsa pesante. “Ero a Perugia dalla tua sorella, poi ho deciso di venire da voi, a Firenze.”

Beatrice, sentendo le voci, uscì dalla cucina aggiustandosi i capelli. Vedendo l’ospite, aggrottò leggermente le sopracciglia.

“Buonasera, zia Graziella! Che sorpresa… Vuole cenare con noi?”

“Ne sarò felice, grazie,” rispose mentre si dirigeva verso il bagno per lavarsi le mani.

Beatrice lanciò a Lorenzo un’occhiata eloquente, trattenendo a stento l’irritazione.

“Non sapevo nulla!” si giustificò lui sottovoce.

“E per quanto resta?” chiese Beatrice, incrociando le braccia. “Dobbiamo farle da ciceroni, darle da mangiare? A che cosa serve questa visita?”

“Calmati, lo scopriremo,” sussurrò Lorenzo, cercando di stemperare la tensione.

Tornata, Graziella poggiò sulla tavola un sacchetto con regali.

“Vi ho portato qualcosa dalla campagna: miele fresco, aglio, erbe aromatiche. Qui in città costerebbero un occhio della testa. Allora, ditemi, come va? Vostro figlio?”

“Lavoriamo, tiriamo avanti,” rispose Lorenzo. “La casa è in mutuo. Daniele è al liceo, si è appassionato di programmazione. Tornerà presto dalla palestra. E lei, come sta?”

“Bravi, una casa è importante,” annuì Graziella. “Io ho deciso di riabbracciare la famiglia. Dopo la morte di tua madre, ci eravamo persi di vista. Capisco, siete occupati. Ma la solitudine, invecchiando, pesa come un macigno…”

“Le tue polpette sono squisite, Beatrice,” aggiunse, assaporandone un pezzo. “E la casa è accogliente, complimenti.”

“Per quanto pensa di fermarsi?” chiese Beatrice, mascherando a fatica l’impazienza. Lorenzo la fulminò con lo sguardo.

“Qualche giorno,” rispose Graziella. “Voglio visitare Firenze, è tanto che non ci torno. Poi ripartirò. Daniele mi ha stupito: intelligente, determinato. Tu, Beatrice, sei una donna bellissima e un’ottima padrona di casa.”

Beatrice forzò un sorriso. I complimenti lusingavano, ma la situazione la metteva a disagio.

“Dovremo sistemarla in salotto, sul divano letto,” disse. “Abbiamo solo due camere: una nostra, l’altra di Daniele.”

“Non sono esigente, mi adatterò,” replicò Graziella. “Grazie per la cena, era deliziosa.”

In quel momento Daniele irruppe in casa, ansante, lo zaino sulle spalle.

“Figlio mio, questa è zia Graziella, sorella di nonna Maria,” presentò Lorenzo. “Eri piccolo quando l’hai vista l’ultima volta.”

“Piacere,” disse Daniele, osservandola. “Somiglia a nonna Maria…”

“Piacere mio,” sorrise Graziella. “Ho sentito che ami la programmazione?”

“Sì, ma il mio computer è vecchio, va a rilento,” si animò lui.

“Continua così. I programmatori valgono oro oggi,” lo incoraggiò.

“Lei cosa faceva?” chiese Daniele, curioso.

“Ero medico, poi ho insegnato. Poi mi sono trasferita in campagna con mio marito. Aiutare gli altri è una vocazione, Daniele.”

“Forte,” commentò lui, ammirato.

“Prepariamo il letto, riposi pure,” propose Lorenzo. “Domani sono libero, posso accompagnarla in giro.”

“Grazie, ne sarò felice,” rispose Graziella, commossa.

A letto, Beatrice sibilò al marito:

“Ma che razza di visita è? Arriva all’improvviso, con miele e aglio, e pretende che facciamo salti di gioia? Ora tocca a noi occuparcene!”

“Calmati,” rispose Lorenzo. “È l’unica zia che mi resta. Ha cresciuto mia madre, i loro genitori morirono giovani. La sua vita è stata dura: perse marito e figlio, si risposò, poi rimase di nuovo sola. Immagina la solitudine! Sopportiamo due giorni, per favore.”

“Conosco la sua storia,” borbottò Beatrice. “Ma domani vado da mia madre, pensaci tu.”

“Va bene,” sospirò Lorenzo.

Il giorno dopo, mentre Beatrice era via, Lorenzo e Daniele accompagnarono Graziella a visitare Firenze. Al ritorno, trovarono la cucina invasa da pacchi e regali.

“Ma che succede?” esclamò Beatrice, esterrefatta.

“Ho fatto qualche acquisto!” annunciò Graziella. “A te, Beatrice, ho preso delle stoviglie e della biancheria. E a Daniele—un computer nuovo!”

“Mamma, hai visto?” esultò Daniele. “Zia Graziella mi ha comprato il pc che sognavo! È potentissimo!”

Beatrice, sconcertata, guardava alternatamente il figlio e l’ospite.

“Zia, ma perché tutto questo? È troppo!”

“Sciocchezze,” scrollò lei le spalle. “Ho i mezzi, ma nessuno per cui spenderli. La felicità di Daniele non ha prezzo. Oggi è stata una giornata meravigliosa. Siete la mia famiglia.”

A cena, stapparono una bottiglia di spumante. Graziella alzò il bicchiere:

“Alla vostra famiglia unita. Il calore che mi avete dato è inestimabile. A Perugia, da tua sorella, mi hanno praticamente cacciata. ‘Vattene, non ti abbiamo chiamata,’ dissero. Io che l’ho cresciuta! Volevo capire che persone erano diventate. Hanno fallito.”

Fece una pausa, guardando Lorenzo con affetto.

“Tu, invece, sei un uomo vero. Non hai scacciato una vecchia zia. Questo non si compra con i soldi. Al vostro cuore generoso!”

“Zia, grazie,” disse Lorenzo. “Siamo felici che sia venuta. Con mia sorella non parlo da anni. È troppo presa dal successo.”

“Pazienza,” disse Graziella. “Ma c’è dell’altro. Anni fa salvai la vita a un uomo. Operazione difficile. Recentemente ho scoperto che mi ha lasciato un appartamento nel centro di Firenze. In segno di gratitudine.”

Guardò i loro volti sbigottiti.

“Non voglio viverci né venderlo. Ho abbastanza. L’ho intestato a te, Lorenzo. Potete trasferirvi, venderlo, estinguere il mutuo. Domani andiamo dal notaio, poiLorenzo la strinse forte tra le braccia, mentre le lacime di gratitudine gli rigavano il volto, e in quel momento capì che la generosità di Graziella aveva cambiato per sempre le loro vite.

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