Sofia stava preparando la cena, apparecchiando la tavola per sé e suo marito. La serata prometteva di essere tranquilla, intima, quando all’improvviso il suono acuto del campanello squarciò il silenzio. Non si aspettavano ospiti, e quel rumore rimase sospeso nell’aria, come un presagio di qualcosa di inaspettato.
“Massimo, puoi aprire? Chi sarà mai a quest’ora?” gridò Sofia dalla cucina, asciugandosi le mani sul grembiule.
Massimo, distolto dalla TV, si alzò a malincuore e si avviò verso la porta. Quando l’aprì, rimase immobile, incredulo.
“Zia Livia? Ma che sorpresa! Da dove vieni?” La sorpresa nella sua voce era genuina. Davanti a lui c’era la sorella maggiore di sua madre, una donna che non vedeva da anni.
“Buonasera, Massimino. Ho deciso di farti una visitina. Posso entrare?” Livia sorrise, ma nei suoi occhi si leggeva una traccia di stanchezza.
“Certo, accomodati!” Massimo si scansò per farla passare. “Ma perché non ci hai avvisato? Sarei venuto a prenderti in stazione.”
“È stata una cosa improvvisa,” rispose lei, posando con cura una borsa pesante. “Ero dalla tua sorella a Bologna, e poi ho pensato: perché non fare un salto da voi qui a Firenze?”
Sofia, sentendo le voci, uscì dalla cucina, sistemandosi il grembiule. Vedendo l’ospite, aggrottò leggermente la fronte.
“Buonasera, Livia! Che sorpresa… Resta a cena con noi?”
“Non dico di no, grazie,” rispose la donna, dirigendosi verso il bagno per lavarsi le mani.
Sofia lanciò a Massimo un’occhiata interrogativa, trattenendo a fatica l’irritazione.
“Non avevo idea che sarebbe venuta,” si giustificò lui sottovoce.
“E per quanto tempo rimarrà?” Sofia incrociò le braccia. “Dovremmo farle da guida per la città, darle da mangiare… Che ci fa qui?”
“Calmati, scopriremo tutto,” disse Massimo, cercando di non drammatizzare.
Al suo ritorno, zia Livia posò sul tavolo una borsa piena di regali.
“Ecco, vi ho portato qualcosa dalla campagna: miele appena raccolto, aglio, erbe aromatiche. In città, queste cose costano un occhio della testa. Allora, raccontatemi, come vivete? Come sta vostro figlio?”
“Come tutti,” iniziò Massimo. “Abbiamo preso casa con un mutuo, lavoriamo sodo. Tommaso è al liceo e si è appassionato di programmazione. Tornerà presto dall’allenamento. E tu come stai?”
“Bravi per la casa,” annuì Livia. “Io ho deciso di fare un giro dai parenti. Dopo la morte di tua madre, Massimo, ci siamo persi di vista. Voi non venite mai in campagna, so che siete occupati. Ma stare sola nel paesino è triste. La vecchiaia, si sa, non è una gioia…”
“Sofia, le tue polpette sono da leccarsi i baffi,” aggiunse, assaggiando un boccone. “E la casa è accogliente, siete proprio bravi.”
“Quanto resterai da noi?” chiese Sofia con prudenza, cercando di nascondere l’impazienza. Massimo le lanciò un’occhiataccia.
“Tre giorni,” rispose Livia. “Voglio vedere un po’ la città, è tanto che non ci vengo. Poi ripartirò. Sono contenta di avervi rivisti, e anche Tommaso. Sofia, sei bellissima e una padrona di casa perfetta.”
Sofia sorrise a denti stretti. I complimenti erano graditi, ma la situazione la metteva a disagio.
“Dovremo farti dormire in cucina, sul divano letto,” disse. “Abbiamo solo due camere: una per noi, l’altra per Tommaso.”
“Non sono difficile, mi adatterò,” replicò l’ospite. “Grazie per la cena, era tutto squisito.”
In quel momento, Tommaso entrò di corsa, affannato, con lo zaino in spalla.
“Figlio, questa è zia Livia, la sorella di nonna Maria,” presentò Massimo. “Forse non te la ricordi, eri piccolo quando andavamo a trovarla.”
“Piacere,” disse Tommaso, osservando l’ospite. “Sembri davvero nonna Maria…”
“Piacere mio, Tommaso,” sorrise Livia. “Ho sentito che ti piace la programmazione?”
“Sì,” si animò il ragazzo. “Ma il mio computer è vecchio e lento. Scrivere programmi è un’impresa.”
“Che bravo! Continua così, i programmatori valgono oro al giorno d’oggi.”
“E tu cosa facevi?” chiese Tommaso, incuriosito.
“Ero medico, poi ho insegnato all’università. Poi mi sono sposata e mi sono trasferita in campagna. Aiutare gli altri, Tommaso, è una cosa meravigliosa.”
“Figo,” annuì il ragazzo, impressionato.
“Allora, prepariamo il letto per te, riposati,” propose Massimo. “Domani sono libero, possiamo fare un giro per la città.”
“Grazie, Massimo, mi farà piacere,” rispose Livia, con una nota di sincera gratitudine nella voce.
Quando tutti si ritirarono nelle loro stanze, Sofia, a letto, iniziò a sussurrare al marito:
“Ma che storia è questa? Arriva all’improvviso, con miele e aglio, e pensa che siamo felicissimi? Ora dobbiamo intrattenerla, darle da mangiare! Che gente strana…”
“Sofia, calmati,” rispose piano Massimo. “È la mia unica zia. Ha cresciuto mia madre, i loro genitori morirono presto. La sua vita non è stata facile: perse marito e figlio. Poi si risposò, si trasferì in campagna, ma anche il secondo marito se n’è andato. Ti rendi conto di quanto sia sola? Eppure tiene duro, va a trovare i parenti. Resisterai un paio di giorni.”
“Conosco la sua storia, tua madre me l’ha raccontata,” borbottò Sofia. “Ma non si fa così. Domani vado da mia madre, e tu pensaci tu a intratten”Va bene,” sospirò Massimo, mentre Sofia già chiudeva gli occhi, ancora scossa dall’imprevisto ma con un vago sentimento di colpa che non riusciva a scrollarsi di dosso.