Una settimana dopo l’addio a suo padre, nel torpore del mattino, si perse febbrilmente in un labirinto di corridoi.

Una settimana dopo aver salutato il padre, in una mattina di torpore insonnolito, si ritrovò in un labirinto di corridoi. Correva da qualche parte, senza ricordare nulla, sapeva solo di aver bisogno di un telefono. Ne aveva assolutamente bisogno.

Era estate e le amiche Sofia e Grazia erano arrivate al mare per le tanto attese vacanze. La camera era piccola, ma vicinissima alla spiaggia. Passavano tutta la giornata a prendere il sole, la loro pelle era già color cioccolato, e il desiderio di stendersi sulla sabbia cresceva. A mezzogiorno, il sole scaldava senza pietà, tutto sembrava sciogliersi, anche l’aria. Era caldo come in una sauna. Respirare era difficile.

– Non ce la faccio più – disse Sofia, alzandosi dall’asciugamano. – Andiamo da qualche parte. Fa così caldo qui che presto diventeremo biscotti.

– Sono d’accordo – rispose Grazia e propose – Andiamo in un bar. Sarà fresco e potremo pranzare.

Le amiche si recarono in un bar locale, dove si poteva stare all’ombra e gustare uno spuntino delizioso. Una lunga fila come loro si era formata – la gente stava in attesa.

Sofia si coprì la testa con un libro, proteggendola dal sole cocente. Purtroppo aveva dimenticato il cappello a casa, quindi strizzò gli occhi.

– Tutto bene? – chiese Grazia. – Vado a prendere un gelato. Ci rinfrescheremo un po’.

– Vengo con te? – suggerì Sofia.

– Oh no! – rispose categoricamente. – Guarda quante persone. Ci prenderanno il posto, resta qui!

L’amica si allontanò, e Sofia si annoiava. Stava vicino a un edificio di cemento caldo sotto il sole bruciante. La fila non si muoveva, così chiuse gli occhi.

Sentì un ronzio alle orecchie e tutto nella sua testa risultò confuso. Era lontana in mare. La riva non era visibile. Galleggiava sull’acqua, che per qualche motivo non era salata. Bevve qualche sorso e subito si sentì meglio. Nel cielo c’era un enorme bellissimo arcobaleno e l’acqua brillava come occhiali colorati di un caleidoscopio. Molto bello intorno. La leggerezza come una piuma ondeggiante sulle onde e la felicità… Le persone camminavano sull’arcobaleno. Tra loro vide suo padre, morto un anno prima. Si girò verso di lei e la salutò con un sorriso.

Improvvisamente sentì delle voci dall’alto.

– Qui, qui! – gridavano insieme. – Dai una mano! Alza!

Alcune mani la presero e la tirarono su in una barca. Si riposò, non voleva essere sulla barca, e le voci diventavano sempre più chiare, principalmente femminili.

– Chi ha l’ammoniaca? – non si fermavano. – Date più acqua!

Sofia riprese coscienza e aprì gli occhi.

– Uff, amica mia – sospirò Grazia. – Mi hai spaventata! Ero così preoccupata!

Sofia era sorpresa e delusa nel vedere che era seduta sulla veranda del bar, non in mare.

– È stato un colpo di sole, cara! – mormorò l’amica, ringraziando gli altri per l’aiuto. – Ah, ti dicevo: “Prendi il cappello, prendi il cappello!”, e tu a me: “Sì, sì!” E ora guarda!

La gente se ne andò.

– Graziella – disse pensierosa Sofia. – Ho visto papà lì. Non è più con noi da quasi un anno, ed è rimasto giovane.

Le ragazze entrarono finalmente nel bar e si sedettero a un tavolo. Sofia continuava a pensare a quell’incontro inaspettato con suo padre.

Una settimana dopo aver salutato il padre, in una mattina di torpore insonnolito, corse in un labirinto di corridoi. Correva da qualche parte, senza ricordare nulla, sapeva solo di aver bisogno di un telefono. Ne aveva assolutamente bisogno.

Corse verso una stanza sconosciuta. Vide un telefono antico appeso al muro, vecchio e logoro. Fu contenta. Prese il telefono e gridò:

– Pronto! Pronto!

– Va tutto bene! Sofia, cosa è successo? – la voce di suo padre riecheggiava, – Calmati e racconta. Ti aiuterò come posso.

Suo padre, da vivo, non era molto loquace e, quando voleva chiedere qualcosa, iniziava sempre la conversazione con un breve “Bene”. La ragazza era felice di sentire chiaramente la voce di suo padre con tutte le intonazioni familiari. Raccontò in fretta tutto: di sé, di sua madre, di sua cugina, la sua nipote, che tre giorni dopo la sua morte aveva discusso la tesi di laurea. Non vedeva l’ora di quel giorno, ma non ce l’aveva fatta.

– Papà, puoi immaginare – rideva. – Come promesso, ha discusso con il massimo dei voti!

Poi si fermò, come se si fosse svegliata.

– Pronto, papà! – gridò al telefono. – Papà, non ci sei! Come è possibile che tu stia parlando con me?

– A volte – disse suo padre. – Se desideri qualcosa davvero, accade, figlia mia, accade.

Anche da vivo, suo padre non credeva nel mistico, era un materialista, ma ora la rassicurava in modo diverso. Si svegliò e ricordò la situazione, quando era seduta con Grazia nel bar. Guardava allora dove sopra l’acqua si alzava l’arcobaleno.

E ora… Non riesce ancora a scacciare la sensazione che suo padre sia da qualche parte vicino a lei e la sostenga ogni giorno.

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Una settimana dopo l’addio a suo padre, nel torpore del mattino, si perse febbrilmente in un labirinto di corridoi.