Elena
“Quanti anni hai?” – Il chirurgo plastico Federico Bianchi fissò il volto bellissimo di Elena.
Lei batté le palpebre, sorrise e distolse lo sguardo per un attimo, poi tornò a guardarlo con decisione. Federico aveva visto mille volte quelle smorfie, quegli sguardi incerti, quei trucchetti femminili nel suo studio. Appena chiedeva l’età, le donne ricordavano improvvisamente che davanti a loro c’era un uomo, giovane e attraente. Elena non fece eccezione.
“E lei quanti me ne darebbe?” – chiese lei, scherzosa.
Lui la scrutò con severità.
“Ventinove” – mentì lei, senza battere ciglio.
Chissà perché la soglia dei trent’anni spaventava sempre le donne.
“Trentanove, per l’esattezza” – la corresse Federico, con voce impassibile, togliendole comunque due anni per pietà.
“Non si può ingannare lei, dottore” – disse Elena, apprezzando il suo tatto.
“Allora perché ci prova? Io sono un medico, non un pretendente. La vostra età mi serve per altro. Se avesse davvero ventinove anni, difficilmente sarebbe qui. Sta benissimo per i suoi anni. Direi perfino benissimo. Molte donne le invidierebbero.”
“Lei è terribile. Ci legge dentro come una radiografia” – Elena tornò a fare la civetta.
“È il mio lavoro. E l’esperienza.”
“La sua moglie è fortunata. Capisce le donne.”
Federico stava per dire che non era sposato, ma cambiò idea.
“Allora, perché è venuta da me? Ha un bell’aspetto e non ha bisogno di interventi. Almeno per ora.”
Gli occhi di Elena si illuminarono per il complimento.
“E a quale prezzo riesco a mantenerlo così, non vuole chiedermelo? Sì, ho un marito ricco. Posso permettermi i trattamenti estetici più all’avanguardia, che tra l’altro sono molto costosi. Ma sono stanca di passare ore in palestra, poi sdraiarmi dal cosmetologo con maschere e intrugmi miracolici. Non vivo, cerco solo di fermare il tempo, la giovinezza. Sono stanca” – ripeté.
“Allora lasci scorrere il tempo. Ogni età ha i suoi vantaggi. Non serve apparire più giovane di quello che si è.” – Federico le regalò uno dei suoi sorrisi più luminosi.
“Lei può parlare. È un uomo. Non deve combattere con l’età, contare le rughe al mattino, le calorie, seguire diete infinite. Tutto per la linea e la pelle. E chi ci spinge a questi sacrifici?”
“E chi?” – le diede corda Federico.
Elena gli piaceva. Era sincera, bella, vivace. Con lei era facile.
“Siete voi uomini, a spingerci sotto i bicipiti. Sì, proprio voi. Vi sentite più sicuri con una donna giovane e bella al fianco. Se è con voi, significa che ne valete la pena. E più invecchiate, più scegliete donne giovani.” – Elena sorrise amara, una piega di tristezza agli angoli della bocca, gli occhi velati, ma restava bellissima.
“Vengo da un paesino di provincia. Mia madre lavorava in una fabbrica di pollame, come mio padre. Poi la fabbrica chiuse, mia madre finì a fare l’inserviente in ospedale, mio padre in caldaia. Nel mio paese è difficile trovare lavoro. C’era una fabbrica, e pure quella chiuse. Mio padre beveva, ovviamente. Io odiavo quella vita, quel posto, sognavo da piccola di scappare a Roma, di diventare un’attrice.” – Gli occhi di Elena si velarono di ricordi.
Federico la capiva benissimo. Anche lui era arrivato a Roma da un paesino sperduto.
“Non entrai all’Accademia. Ma mi presero volentieri a lavorare. In una bancarella al mercato.” – Federico vide che ammetterlo le costava fatica. – “Non entro nei dettagli di come sono sopravvissuta. Ebbi fortuna. Una donna mi notò. E tra l’altro la truffai pure.” – Rise. – “Mi portò in un atelier. Non di quelli dove sfilano le modelle, anche se capita. Capisce. Lì conobrLì conobbi mio marito, che si innamorò perdutamente e mi chiese di sposarlo, dandomi tutto ciò che avevo sognato, ma il prezzo fu la mia libertà e ora, su quel lettino, mi rendo conto troppo tardi che la giovinezza non si compra, né con i soldi né col bisturi.