— Mamma, non dirmi che te ne sei dimenticata! — sbottò Chiara, entrando di corsa nell’ingresso e gettando a terra la sua costosa borsa. — Dai, mamma! Te l’ho ricordato un mese fa!
Maria Grazia si voltò lentamente dallo specchio, dove stava sistemando i suoi capelli grigi. Le mani le tremavano leggermente, ma il suo sguardo era calmo.
— Di che stai parlando, Chiaretta? — chiese con voce pacata.
— Come, di cosa?! — Chiara lanciò la borsa sul divano. — Del compleanno di Matteo! Domani compie quindici anni! E tu, come al solito, sei con la testa fra le nuvole?
— No, certo che me lo ricordo… — Maria Grazia si sedette sulla poltrona, incrociando le mani in grembo. — Stavo solo pensando che forse non è il caso di fare troppo rumore…
— Non è il caso? — Chiara si bloccò al centro della sala, fissando la madre. — È mio figlio! Tuo nipote! Quindici anni! E tu mi dici che non è il caso?
Maria Grazia sospirò. Sapeva cosa sarebbe successo dopo. Come sempre quando Chiara veniva a trovarla con Matteo nel weekend. Sua figlia era sempre stata così—irruenta, esigente. E ora, dopo il divorzio, era peggiorata.
— Chiara, calmati. Ricordo tutto. Ho comprato il regalo e ordinato la torta in pasticceria, — disse stancamente. — Ma stavo pensando che forse lui non vuole una grande festa. È diventato così riservato ultimamente…
— Riservato? — sbuffò Chiara. — È un adolescente! Tutti gli adolescenti sono riservati con gli adulti. Ma non significa che non dobbiamo festeggiare! Anzi, dobbiamo dimostrargli che gli vogliamo bene!
Dal corridoio si sentì uno scricchiolio del pavimento. Apparve Matteo—alto, magro, con i capelli scuri ribelli e gli occhi seri, proprio come quelli di suo padre.
— Ciao, nonna, — borbottò, sbirciando verso la madre. — Perché urlate?
— Non stiamo urlando, stiamo parlando della tua festa, — Chiara cambiò immediatamente tono, diventando dolce e mellifluo. — Domani è il tuo compleanno, tesoro! La nonna ha ordinato la torta, io ho portato i regali…
— Non mi serve niente, — borbottò Matteo, sedendosi sul bordo del divano. — Lasciatemi stare.
— Come fai a dirmi così? — esclamò Chiara, scandalizzata. — Quindici anni! È un traguardo importante!
Matteo scrollò le spalle e si immerse nel telefono. Maria Grazia osservò il nipote con preoccupazione. Qualcosa non andava. Da mesi arrivava sempre più chiuso in se stesso, parlando a malapena con lei, e rispondendo a monosillabi alla madre.
— Matteo, dimmi, cosa vorresti come regalo? — chiese dolcemente.
— Niente, — rispose senza alzare lo sguardo.
— Come, niente? — Chiara si sedette accanto a lui. — Un nuovo telefono? O magari aggiorniamo il computer?
— Mamma, lasciami in pace, — brontolò Matteo, alzandosi. — Vado in camera mia.
— Dove vai? — Chiara balzò in piedi. — Siamo appena arrivati! Pensiamo invece a chi invitare…
— Non voglio nessuno! — si girò di scatto Matteo. — Capito? Nessuno! Voglio stare da solo!
— Ma perché? — chiese Chiara, sconcertata. — Prima ti piacevano le feste…
— Prima… — Matteo fece una smorfia amara. — Prima era tutto diverso. Adesso non fate finta che vi importi davvero di questi compleanni.
Se ne andò, sbattendo la porta con forza. Chiara rimase immobile, a bocca aperta.
— Cosa gli prende? — si girò verso la madre. — Era sempre così allegro!
Maria Grazia sospirò pesantemente. Aveva visto cambiare il nipote. Aveva visto quanto soffrisse per il divorzio dei genitori, come si sentisse stretto tra loro, esausto dai loro rimproveri reciproci.
— Chiara, siediti, — disse. — Parliamo.
— Di cosa? — Chiara camminava nervosamente per la stanza. — È tutto chiaro! Marco lo sta mettendo contro di me! Lo sa fare benissimo!
— Non c’entra Marco, — rispose cautamente Maria Grazia. — Matteo è solo stanco. Delle vostre litigate, dei continui spostamenti tra una casa e l’altra…
— Quali litigate? — sbottò Chiara. — Non litighiamo! Ci siamo lasciati civilmente!
— Civilmente? — Maria Grazia scosse la testa. — Chiara, ti sento quando parli con suo padre al telefono. Come vi accusate, come vi contendete il tempo con lui…
— Difendo mio figlio! — esplose Chiara. — È mio figlio!
— E anche suo. E lui lo sa benissimo. È stretto tra voi due, — Maria Grazia si avvicinò alla figlia. — Chiara, cara, forse dovresti pensare a lui, e non a te stessa?
— Io penso solo a lui! — Chiara si allontanò. — E per questo voglio fargli una bella festa! Per dimostrargli che è amato!
— E se invece gli dimostrassi che può avere un po’ di pace? Che a casa sua c’è tranquillità?
Chiara sbuffò e si avvicinò alla finestra. Fuori cadeva una pioggerellina fine, e il cortile sembrava grigio e spento.
— Sei contro di me, vero? — sussurrò. — Come tutti gli altri.
— Non sono contro di te, figlia mia. Sono dalla parte di Matteo. E anche dalla tua. Solo che, a volte, ciò che crediamo giusto non è ciò di cui hanno davvero bisogno.
— Che vuoi dire?
Maria Grazia tornò a sedersi. Rimase in silenzio a lungo, cercando le parole giuste.
— Sai, quando eri piccola, anch’io credevo di sapere cosa fosse meglio per te. Ti facevo studiare musica, anche se tu amavi disegnare. Ti portavo a danza, anche se sognavi lo sport. Pensavo di fare la cosa giusta, di prepararti alla vita.
— E allora? — Chiara si irrigidì.
— E allora sei cresciuta e hai fatto tutto il contrario. Per dispetto, a volte anche verso te stessa. Perché io non ti ascoltavo. Non ti chiedevo mai cosa volessi.
— E cosa c’entra? — Chiara incrociò lo sguardo della madre. — Stiamo parlando di Matteo!
— Di Matteo, appunto. Non vuole una festa. Te l’ha detto chiaro. E tu non lo ascolti.
— È un ragazzino! Non sa sempre cosa è meglio per lui!
— E gli adulti lo sanno? — sorrise mestamente Maria Grazia. — Chiara, ho settantadue anni. E ho capito che, spesso, i ragazzi sanno perfettamente cosa vogliono. Solo che noi non li vogliamo ascoltare.
Chiara si avvicinò alla poltrona e si sedette sul bracciolo.
— Mamma, ho paura di perderlo, — sussurrò. — Dopo il divorzio, è diventato così distante. Come se ci fosse un muro tra noi. Pensavo che, con una festa bella, avrebbe capito che gli voglio bene.
— E lui lo sa già, — Maria Grazia le accarezzò la mano. — Ma ora non ha bisogno di feste, ha bisogno di serenità. Di stabilità. Di poter stare in pace, senza dover fingere sorrisi.
— E allora cosa facciamo? Non festeggiamo proprio?
— Chiediamoglielo. Davvero. Cosa vuole, come immagina il suo compleanno. E facciamo esattamente così.
Chiara rifletté. LaFuori la pioggia si attenuò, e tra le nuvole si intravide un raggio di sole, mentre Matteo sorrideva per la prima volta da mesi, sapendo che forse, finalmente, la sua famiglia avrebbe trovato un modo per andare avanti insieme.