Questa storia accadde molto tempo fa. La protagonista, che me l’ha raccontata, è ora una nonna che cresce due adorabili nipotine. È una donna matura e seria, ma giura che ogni parola di questa storia sia vera…
La bambina correva nel parco buio, davanti a lei luccicava già il lago con la luna piena sospesa sopra. Chiuse gli occhi e si tuffò nell’acqua dalla riva scoscesa senza esitare. L’acqua era calda, accogliente, cullava come una ninna nanna. Due mani robuste la afferrarono, la sollevarono e la scossero: «Cosa ti salta in mente, mocciosa?! Hai il cervello in vacanza?! Dove sono i tuoi genitori?».
Fiorella, sputando acqua, cercò di aprire gli occhi, ma i capelli bagnati glielo impedivano. «Per favore, smetta di scuotermi», disse con una vocina tremula. Qualcuno la adagiò sull’erba, le mise qualcosa di caldo sulle spalle e le spostò i capelli dal viso con delicatezza. Aprendo gli occhi, vide un nonnino basso con una barba lunga intrecciata a ninfee e steli di tifa. «Lei chi è?».
«Sono lo spirito del lago. Che c’è? Non ci credi? Ai miei tempi, i piccoli credevano ancora alle magie! Cosa ti spinge a fare sciocchezze?».
La bimba scoppiò in singhiozzi. «La mamma non mi vuole più bene. Prima mi amava, ma da quando papà se n’è andato, grida sempre. Oggi mi ha pure schiaffeggiata».
Lo spirito le accarezzò i capelli e sospirò. «Nessuno mi vuole bene. Il ragazzino del palazzo accanto mi prende in giro e mi tira i codini. La custode mi minaccia con la scopa…».
L’uomo sorrise malinconico. «Povero cucciolo dolente. Ti aiuterò come posso. Prendi questa conchiglia, qui non se ne trovano così: viene dal mare lontano. Quando ti faranno del male, accostala all’orecchio».
Il guscio era tiepido e brillava come una lucciola.
«Patto chiaro: la darai a chi ne avrà più bisogno. Ora corri a casa, stellina».
Lo spirito la aiutò ad alzarsi e svanì nell’aria.
A casa, la madre stava per alzare le mani quando Fiorella premise la conchiglia all’orecchio. Udì la sua voce:
«Cosa sto facendo?! È la mia bambina, il mio sangue! Sono un’idiota, ma è colpa di quell’uomo senza cuore…».
La bimba abbracciò la mamma. «Ti voglio bene, mamma. Papà tornerà, vedrai. Basta che non bevi più e non urli».
Piansero abbracciate, strette come due gocce di rugiada.
Il giorno dopo, Fiorella uscì raggiante. Davanti al portone, la custode zia Clara alzò la scopa. La bimba sorrise e usò la conchiglia.
«Perché sgrido i bambini? È tutta colpa del mio Gino. Dove sarà, il mio micio?».
«Zia Clara, Gino l’ho visto ieri nel giardino vicino, con una gattina. Tornerà!».
La donna sorrise e si fece il segno della croce.
Sbucò un monello: «Ehi, Piagnucolona! Vuoi un passaggio?».
La conchiglia sussurrò: «È carina. Come faccio a dirglielo? Forse…».
«Mi chiamo Fiorella. Tu? Aiutami a spingere l’altalena, voglio volare alta!».
Il primo giorno di scuola era un mattino caotico e allegro. La mamma stirava fiocchi, friggeva frittelle e preparava il caffè. Davanti al portone, Luca le prese lo zaino con fare protettivo. In cortile, Fiorella notò un bambino solo.
«Mi chiamo Fiorella. Che cosa hai?».
Lui fissò i suoi occhi sinceri. «La mamma non c’è più, papà lavora lontano. I nonni litigano sempre. Nessuno mi vuole».
La bimba estrasse la conchiglia…
A volte, basta ascoltare il cuore nascosto e regalare un briciolo di fiducia, coraggio e amore.