Rosa Bellini ricevette una telefonata. L’amministrazione della fabbrica, dove aveva lavorato per 50 anni, voleva congratularsi con lei e consegnarle un regalo per il suo 75º compleanno.
Come si sentì felice! Era ormai in pensione da dieci anni e si ricordarono ancora di lei! La avrebbero festeggiata! Anche solo una cartolina sarebbe stata gradita.
Finalmente arrivò il giorno. Rosa Bellini si vestì elegante, si diede anche il rossetto e uscì presto per non arrivare in ritardo. Erano sei i “festeggiati” come lei. Si conoscevano tutti e furono felici di rincontrarsi! Il vice direttore fece un discorso di congratulazioni e consegnò buste, ciascuna con una banconota da cinquanta euro. Poi una donna dell’ufficio del personale li portò a pranzare nella mensa della fabbrica. Vennero rievocati i pasti di quei tempi.
Infine, vennero consegnati dei “cesti alimentari”: cinque tipi di cereali da 1 kg, un pacco di farina da 2 kg, tre scatolette di tonno e un barattolo di succo di mela da 3 litri.
Tutto questo era naturalmente apprezzato, utile e gradito, ma come portarlo a casa tutto insieme?
La gentile donna dell’ufficio del personale disse: “Care signore, non preoccupatevi, potete lasciare qualcosa nel mio ufficio e tornare a prenderlo un’altra volta. Non temete, qui non si perde niente!”
Rosa Bellini, che nella vita aveva visto di tutto, sorrise tra sé a quella proposta. Ah, sì, lasciali lì, e poi chissà cosa troveresti! Decise di portare via tutto subito. Aveva sempre con sé una borsa di plastica da supermercato. Portava fino a 10 kg, così ci mise i cereali, la farina e le conserve, e il barattolo di succo lo portò sotto il braccio. Si incamminò con cautela sul marciapiede ghiacciato.
Rosa Bellini viveva a due fermate di distanza dalla fabbrica, e aveva sempre camminato a piedi. Anche stavolta decise di andare così, come fare a salire in autobus con entrambe le mani occupate. Era pesante da portare, ma aveva il cuore leggero. Quel succo nemmeno le serviva, erano tre litri. Aveva fatto molte scorte con le mele che avevano dato un ottimo raccolto. Ma dato che l’avevano dato—meglio prendere! Anche se quei cereali non li mangiavano: lenticchie, orzo e qualche altro cereale sconosciuto, ma tutto sarebbe stato utile! Rosa Bellini arrivò all’angolo e si riposò.
Ora avrebbe attraversato quella piccola strada, proprio mentre le auto erano ferme ad aspettare il verde del semaforo. Avrebbe attraversato in diagonale perché il passaggio pedonale era lontano. Sulla strada c’era una lastra ghiacciata, camminava con attenzione.
Al volante di un’auto elegante e costosa, davanti alla quale stava passando Rosa Bellini, c’era un ragazzo giovane, accanto a lui la sua fidanzata. E probabilmente ridevano nel vedere l’anziana signora indecisa in mezzo alla strada, e lui, per qualche motivo, suonò il clacson. Forte, improvviso, assordante!
Rosa Bellini sobbalzò, perse l’equilibrio nella lastra, fece un piroetta con le braccia e cadde in strada. Il barattolo si ruppe.
Lei stessa cadde sulla borsa, facendo scoppiare due sacchetti di cereali che si sparsero per terra. Il pacco di farina si ruppe.
Rialzandosi, Rosa Bellini si voltò verso l’auto elegante. Attraverso i tergicristalli che spazzavano la neve dal parabrezza, la vedevano e ridevano forte il giovane e la sua fidanzata, gesticolando perché si togliesse dalla strada.
Attraverso la musica alta nell’abitacolo e le loro risate, non potevano sentire quello che diceva quella vecchietta, potevano solo vedere la sua faccia rossa di rabbia. E lei si chinò, evidentemente cercando di raccogliere la sua borsa, e il ragazzo suonò il clacson di nuovo. Nella testa dell’anziana signora qualcosa esplose.
In un lampo, ricordò i racconti di suo padre, veterano di guerra, su come lanciasse le granate contro i carri armati nemici, come le avesse insegnato a non soccombere mai agli abusi. Rosa Bellini alzò da terra un sacchetto di cereali e, forando il sacco con un dito per far uscire il contenuto, lo lanciò contro il parabrezza dell’elegante macchina. Poi il sacco successivo.
Il ragazzo suonava il clacson, ma aveva paura di uscire. Rosa Bellini continuava a lanciare. Quando i cereali finirono, prese il sacco di farina e lo gettò sul tetto dell’auto, il pacco si aprì spargendo un velo bianco su tutta la macchina coperta di neve. Assicurandosi che tutte le sue “munizioni” fossero finite, Rosa Bellini prese le lattine di conserve, e tenendone una in mano come a dire dove la lancerò, vide un terrore negli occhi del ragazzo al volante.
Probabilmente lo stesso terrore che avevano i nemici di fronte ai nostri soldati. Poggiò le lattine nella sua borsa, si spolverò le mani, attraversò la strada e se ne tornò a casa. Respirava leggera, l’animo era sereno. Comunque quei cereali non li avrebbero mangiati, avevano abbastanza succhi di mela, anche più gustosi di quelli comprati. E quel monellaccio era stato punito, suo padre ne sarebbe stato orgoglioso.
Il semaforo era ormai verde da un bel po’, le auto erano costrette a girare intorno all’auto elegante e la guardavano sorridendo. Il ragazzo non uscì mai dalla macchina, continuava a telefonare a qualcuno. I tergicristalli stanchi spalmavano la poltiglia bianca sul parabrezza.
La sera, inaspettatamente, arrivò il nipote. Portò una torta e dello spumante. “Nonna, pensavo che tu sapessi fare solo dei deliziosi dolci, invece sei anche capace di affrontare un carro armato con una granata! Ti hanno mostrata su YouTube!”
Rosa Bellini era ormai una celebrità locale.
Oh, chi può sapere di cosa è capace la “vecchia guardia” nei momenti di disperazione. Meglio che nessuno lo sappia.