Un’opportunità da riscoprire

**Seconda Opportunità**

“Gianna, torni a casa?” chiese l’amica Silvia, tamburellando nervosamente le unghie laccate sul tavolo.

“No, resto ancora. Mio marito deve passare a prendermi,” mentì spudoratamente Gianna.

“Come vuoi. A domani,” rispose Silvia, uscendo dall’ufficio con un ondeggiare di fianchi.

Uno dopo l’altro, i colleghi lasciarono l’ufficio. Fuori risuonavano passi frettolosi e tacchi che battevano sul pavimento. Gianna prese il telefono e sospirò. “Avrà già bevuto la sua birra, steso sul divano a guardare la TV.” Premette il tasto di chiamata. Dopo tre squilli lunghi, sentì il brusio della televisione e poi la voce fiacca di Vittorio:

“Dimmi.”

“Vitto, sta piovendo e ho gli stivali di camoscio. Vieni a prendermi.”

“Gianna, mi dispiace, non sapevo che avresti chiamato, ho bevuto… Prendi un taxi,” disse lui.

“Come sempre. Non mi aspettavo altro. Tra l’altro, quando mi hai chiesto di sposarti, promettevi di portarmi in palmo di mano.”

“Amore, c’è la partita…” Nella cornetta echeggiarono le urla dei tifosi, e Gianna riagganciò.

I tempi in cui Vittorio l’aspettava fuori dall’ufficio erano finiti. Allora non aveva nemmeno la macchina, ma trovava sempre il modo di raggiungerla. Sospirò, spense il computer, si infilò il cappotto e uscì.

Il corridoio silenzioso fu squarciato dal rumore dei suoi tacchi. Tutti se n’erano andati. Nell’atrio, vicino alla reception, c’era il vice direttore Marco De Luca, alto, asciutto, avvolto in un elegante cappotto nero, più simile a un attore di Hollywood che a un impiegato. Le colleghe sussurravano che fosse scapolo. Gianna, con la sua lingua tagliente, aveva ipotizzato che dovesse avere qualche problema, se ancora non si era sistemato.

“Esce con una modella. Non ricordo il nome, ma la vedi sulle copertine delle riviste,” aveva detto Silvia, sempre aggiornata sui pettegolezzi.

Vittorio, un tempo, non era da meno. Si allenava ogni giorno alla sbarra del parco, trenta trazioni di fila. Poi… Poi si era lasciato andare, alla birra, alla pancetta. Ogni sera, rientrando, Gianna lo trovava sul divano, con la TV accesa e una lattina sul tavolo.

Stava per uscire quando una voce profonda le fece accapponare la pelle.

“Gianna, si è fatta tardare.”

“Pensavo che mio marito mi venisse a prendere, ma non ha potuto,” rispose, voltandosi con un sorriso.

Marco infilò il telefono nel cappotto e si avvicinò.

“La accompagno io.” Aprì la porta, facendole strada.

“No, davvero, chiamo un taxi,” si schermì Gianna, uscendo nel freddo. Si fermò sui gradini, osservando le pozzanghere e i suoi eleganti stivali di camoscio. Prima la neve, ora la pioggia.

“Consideri che il taxi è già qui.” Marco le offrì il braccio e la guidò verso la sua auto. Come rifiutare? Peccato che nessuna collega li vedesse, sarebbero morte d’invidia.

Disattivò l’allarme e le aprì la portiera del SUV. Gianna vi salì con un saltello, emettendo un piccolo “oh!” e aggiustandosi la gonna sulle ginocchia. Marco chiuse la portiera con delicatezza e si sedette al posto di guida.

“La osservo da tempo. È esigente ma equilibrata, non lasMa quando Marco le propose una cena insieme, Gianna capì che la sua vera felicità non era in quell’uomo elegante, ma nella possibilità di ridare una seconda chance al suo matrimonio, e così, con un sorriso, rifiutò gentilmente e tornò a casa, decisa a riaccendere l’amore spento da anni di routine.

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