Un’ospite inquieta e un ritorno tardivo

Antonella andava avanti e indietro per l’appartamento, senza trovar pace. Da giorni, Marco tornava a casa tardi, e la sera prima era addirittura rientrato all’alba. Gli aveva rimproverato di non averla avvertita, di non averle telefonato per tranquillizzarla. Avevano litigato. E ora eccola di nuovo ad aspettare, a misurare la stanza a passi nervosi, a controllare continuamente l’orologio.

«Mi vuole bene. Ma poteva almeno chiamare. Prima o poi si sposerà. Devo abituarmi. Chissà poi che moglie troverà, altro che preoccupazioni. Meglio non pensarci. Certo, è adulto, ma il cuore di una madre non smette di soffrire». Antonella non riusciva a trattenere i pensieri tortuosi.

Un tempo rideva delle madri che opprimevano i figli ormai grandi, e ora era diventata peggio di loro. Tutte le ragazze con cui Marco era uscito, se gliele aveva presentate, le aveva giudicate indegne di lui. E come tutte le madri, credeva che il figlio dovesse consultarla per una scelta così importante come quella della sposa. Lei sapeva meglio di chiunque altro cosa gli servisse. I pensieri le invadevano la mente senza tregua. Almeno tornasse a casa.

Il rumore della serratura la fece sobbalzare, sebbene lo stesse aspettando con ansia. «Finalmente!» Corse nell’ingresso, ma a metà strada si fermò, tornò in cucina e sedette al tavolo, incrociando le mani.

«Mamma, perché non dormi?» Marco era sulla soglia.

«Sai che mi preoccupo. Potevi almeno chiamare», disse con rimprovero.

«Mamma, sono grande e non devo renderti conto di ogni mio passo.»

«Dove eri?» Antonella lo sfidò con lo sguardo.

«Da Sofia.» La voce di Marco si era fatta più dolce, quasi un tono più basso.

«Hai un’altra ragazza, e immagino non sarà l’ultima. Ma la madre te l’hanno data una sola.» Non riusciva a nascondere la gelosia.

«Perché un’altra? È l’unica, come te, mamma.» Marco si avvicinò, si chinò e le baciò la guancia. «E non parlare male di lei. Se litighiamo, poi te ne pentirai. E poi, come potrei scegliere una moglie senza frequentare nessuna? Sei tu che hai sempre detto di non sposare la prima che capita. O no?»

«L’ho detto», ammise Antonella. «Quindi ho capito bene, hai già scelto la sposa?»

Marco si accovacciò accanto a lei, fissandola negli occhi. Il cuore di Antonella si riempì di tenerezza. Quanto assomigliava a suo padre! Lo stesso sguardo, lo stesso sorriso.

«L’ho scelta, mamma.» Marco appoggiò la testa sulle sue ginocchia, quasi in segno di resa.

«Allora perché non me la presenti?» disse Antonella, già più conciliante.

«Lo farò, solo che…» Marco sollevò lo sguardo.

«Cosa? C’è qualcosa che non va?» Antonella stava per chiedergli se per caso avesse intenzione di portare a casa una vagabonda, come quando da piccolo raccattava gattini e cagnolini per strada.

Avere pietà per gli animali era una buona cosa, ma non si poteva accogliere e sfamare tutti. Allora fingeva di essere allergica, cominciava a starnutire. Marco portava via i cuccioli e li sistemava da qualche parte, non li abbandonava. Ora quella scusa non sarebbe bastata.

Aveva già le parole sulla punta della lingua, ma lo sguardo severo del figlio la fermò.

«Non c’è niente che non va, mamma. È bella e sa cucinare bene. A me piace, almeno. Ma non è sola.»

«Che hai fatto, ti sei innamorato di una donna sposata?»

Doveva aver letto la paura sul suo volto, perché Marco rispose subito:

«No, certo che no. Ma ha un figlio. Ha cinque anni.»

«Cinque?» Antonella sbottò. «A quanti anni l’ha avuto?»

«Mamma, non gridare. Sì, è più grande di me.»

«Capisco.» Antonella sentì il respiro farsi corto per la rabbia.

Il suo bambino, il suo sole, che amava più di ogni altra cosa al mondo, per cui avrebbe spostato montagne e dato la vita, si era innamorato di una donna più vecchia e con un figlio!

«Cosa capisci, mamma? Io la amo. Ognuno ha diritto a sbagliare. Lo dici sempre anche tu.»

«Sì. Solo che certi errori ti segnano per sempre. E le ragazze giovani e libere non ti piacciono più?» urlò Antonella, feroce.

«Ecco perché non te ne ho parlato, perché non te l’ho presentata. Lo sapevo che non mi avresti capito.» Marco si alzò di scatto. «Ti ricordi quella ragazza del tuo lavoro, sedotta e abbandonata da un uomo? Quanto la compativi. Dicevi che aveva tutto, che prima o poi avrebbe trovato un brav’uomo disposto a fare da padre a sua figlia. Perché questo brav’uomo deve essere un altro, e non tuo figlio?»

«Marco, l’amore va e viene. Anche io amavo tuo padre alla follia, e lui ci ha lasciati per un’altra.»

«Appunto, mamma. Non è detto che con una giovane e libera le cose durino per sempre. Io amo Sofia. E amo suo figlio. È un bambino fantastico. Se solo lo conoscessi. Anche se tu fossi contraria, non la lascerei. Hai capito? Basta così.»

«Marco, ti ho cresciuto sperando che fossi felice…»

«Basta. È la mia vita, mamma. Se continui a intrometterti, me ne vado.» Marco si girò e andò in camera sua.

«Figlio mio…»

La mattina dopo partì per il lavoro senza nemmeno fare colazione. Non si parlarono. Marco tornava tardi, andava subito nella sua stanza. Antonella non sapeva come rimediare a quel silenzio tra loro.

Sembrava solo ieri averlo cullato tra le braccia, cantargli le ninne nanne, medicargli i ginocchi sbucciati, e ora aveva una vita sua, da adulto. Non era facile accettarlo.

«Marco, parliamone», provò a dire un giorno.

«Ne parleremo quando sarai pronta ad ascoltarmi e capirmi.»

«Vedi, davvero la ama. Se continui così, lo perderai, Antonella», le rimproverò Maria, la più anziana tra le donne con cui lavorava.

Antonella non poteva tenersi dentro quel dolore, e durante la pausa pranzo si sfogò con lei. Aveva bisogno di conforto, di un consiglio, di parlare.

«So di aver sbagliato, ma non riuscivo a fermarmi, gli ho detto di tutto…» raccontò quasi in lacrime.

«E tu volevi che stesse sempre attaccato alle tue gonne? Di che cosa dovrebbe parlare con te? Ha bisogno del tuo sostegno, della tua comprensione, e tu glieli neghi, perché non accetti la sua scelta. La suocera ti ha accettata subito, te?»

«No. Ma io ero più giovane di mio marito e senza figli», singhiozzò Antonella.

«Eppure trovava sempre qualcosa da ridire. Le madri sono fatte così, gelose dei figli, mai contente delle loro scelte. Solo che alcune si rassegnano e fanno pace con la nuora, altre dichiarano guerra. Non ne verrà mai nulla di buono. La gallina cova e il diavolo le porta i pulcini. Tu sei andata in sposa senza figli, ma poi l’hai cresciuto da sola.»

Alla fine, Antonella sorrise mentre stringeva la tazza di caffè tra le mani, guardando Marco e Sofia ridere con il piccolo Matteo, e capì che la felicità a volte arriva in modi inaspettati, ma non per questo meno belli.

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