Ero un uomo temprato da ogni sorta di orrori e disavventure, ma la vita non mi aveva certamente preparato a questo.
La mia cagnolina, Dolly, si era ammalata.
Ma come si era ammalata… aveva mangiato di tutto.
Non ho idea di dove possa nascondere sei stomaci in quel corpicino di quindici centimetri. Estraniandosi dal mondo, implorava cibo con la passione di un professionista dell’orfanotrofio, mai sazia.
Noi, naturalmente, cadevamo sempre nella sua trappola e la nutrivamo con tutto il cuore. Come degli sciocchi, vi giuro. Sciocchi affettuosi. Estremamente compassionevoli.
Come potremmo fare altrimenti? Quegli occhietti che possiede sono come quelli della canzone che mio padre tornò a casa da un viaggio in Mongolia e mi cantava al posto delle filastrocche: “E io sedevo e piangevo amaramente, perché mangiavo poco e tanto (scusate) cagavo”.
Ogni volta mi osserva con quegli occhi, come se fosse l’ultima volta. Come potrei negarle un pezzo di mango o una trota?
Per fortuna non beve. Non so come ci si potrebbe districare in quella situazione.
Comunque, ecco il punto. Dopo aver mangiato ancora una volta fino a scoppiare, è crollata. In un attimo, così. Era un cane vivace ed ecco, ora è un cigno morente – il collo contorto, accendete, amore miei, Saint-Saëns.
Ci mettemmo a cercare di capire, a cercare zecche. Mettendo il termometro sotto la coda. Ma il termometro si ruppe. I suoi occhi si alzarono, ci salutò, e si sdraiò per morire.
Da Milano a Roma in taxi. Traffico. Lacrime di addio. Il miglior veterinario dell’universo.
Quando è sana e ci infastidisce con il suo insaziabile appetito, pensi: “Perché mai mi sono cacciato in questo terribile allevamento, misera me, la riporterò al canile e sarà finita, mi ha divorato l’anima!”. Ma quando è sul punto di morire, dici: “Piccola mia, come farò senza di te?”.
Finalmente siamo arrivati. Il veterinario pronunciò la frase sacra: “Freddo, digiuno e riposo!”. Un giorno senza acqua né cibo, poi un poco d’acqua, ha iniettato qualcosa di misterioso, e il termometro, di nuovo, nello stesso posto.
Ci confortò un po’ e ci rimandò a casa.
Dopo un’ora dall’iniezione, la cagnolina sembrò sorridere, Saint-Saëns fu spento e nei suoi occhi si riaccese quel famelico fuoco orfano. Cibo! Acqua! Datemi! Sto per morire, maledetti!
Il posto sul pavimento dove prima c’erano le ciotole brillava come uno specchio. Trovò un coperchio abbandonato sotto il tavolo e lo inseguiva in giro per casa tutta la notte sperando che ci cascasse qualcosa di commestibile.
Ma nulla. Fummo inflessibili.
Il terrore colpì quando ricordammo che in casa c’era anche un gatto, e anche lui doveva mangiare e bere.
Dio mio… La porta che tenevamo chiusa in due, mentre il gatto mangiava, tremava come se ci fosse un’arma da assedio dall’altra parte, dove c’era la cagnolina. Ma resistemmo, e mantenemmo la posizione.
Fino all’alba, fummo in ansia e angoscia, perché la cagnolina con le sue zampette cercava di aprire il frigorifero.
Sospirava e mugolava con tale foga che dieci volte dubitammo della sua salute.
Poi, quell’infelice creatura si sistemò sul pavimento, proprio di fronte alla mia testa, ipnotizzandomi con il suo sguardo pieno di rimprovero fino alle sei del mattino, senza darmi tregua.
La mattina decisi che l’intera famiglia non avrebbe mangiato finché il veterinario non ci avesse dato il via libera, perché anche solo vedendo una tazza di caffè, la cagnolina iniziava a saltare quasi all’altezza del volto. Non il mio, ahimè, di Ilario. E quel ragazzo, scusate, è già alto 192 centimetri e ha ancora molta vita davanti…
A pranzo cedetti e, di soppiatto, mi avvicinai al frigorifero. Silenziosamente, con un movimento deciso, aprì una lattina di pisellini verdi, ne presi un cucchiaio, ma la mano tremò e due piselli, non raggiungendo la bocca, caddero sul mio pantofola.
Signori… Stavo per perdermi una gamba… Signori… Questa piccola vorace mangiò quei piselli insieme al pompon di coniglio che abbelliva le mie pantofole…
E ora abbiamo davanti una settimana di esercizi dietetici.
Non so come vivere e dove correre. Scrivo dal bagno, chiuso. Se qualcosa succede, non vi dimenticate di me.
Penso che nel mio corpo non le basterà più di tre giorni.
E poi? È spaventoso pensarlo…