La madre gridava: “Mi hai tradita!”, mentre il padre era semplicemente sparito.
Giovanna dormiva profondamente quando il silenzio fu spezzato dal trillo del telefono. Afferrò il ricevitore, il cuore già in gola.
“Giovanna!” La voce della madre tremava per la disperazione. “Vieni! Subito!”
“Mamma, cosa è successo?” Giovanna era finalmente sveglia, cercando di placare l’ansia. “Avete litigato di nuovo con papà? Lo fate da una vita, arrangiatevi!”
“Non c’è nessuno con cui arrangiarsi!” sbottò la madre, la voce che si spezzava. “Non hai più un padre!”
“Mamma… Papà è morto?” Giovanna si bloccò, sentendo il sangue gelare nelle vene.
“Vieni, vedrai tutto con i tuoi occhi!” sbatté giù la madre. “Queste cose non si dicono al telefono!”
“Cosa devo vedere?” Giovanna quasi urlò dalla confusione.
“Vieni!” E la linea si interruppe.
Tremante, Giovanna iniziò a prepararsi. Corse verso la casa dei genitori nella periferia di Bologna, incapace persino di immaginare cosa l’aspettasse.
“Giovanna! Vieni!” La voce della madre risuonò come una campana a morto.
“Cosa c’è di nuovo?” borbottò assonnata, stropicciandosi gli occhi.
“Cosa c’è di nuovo?! Sono qui sull’orlo del precipizio e lei fa domande?” La madre era sul punto di piangere.
“Mamma, è sabato, le sette del mattino,” cercò di essere calma, ma dentro l’ansia cresceva. “Ho i miei programmi, i bambini, mio marito. Dimmi cosa c’è o non vengo.”
“Non vieni?” La madre sussultò dall’indignazione. “Non ti importa niente di me! Non ti importa del mio dolore!”
“Mamma, tu e papà litigate da sempre,” tagliò corto Giovanna. “Sono stanca di fare da mediatrice.”
“Non hai più un padre!” urlò la madre, e la linea cadde nel silenzio.
“Che succede?” borbottò il marito, Matteo, girandosi dall’altra parte del letto.
“Sembra qualcosa di serio,” rispose piano, ancora con l’eco delle parole della madre nelle orecchie. “Devo andare.”
“Sono insopportabili!” esplose Matteo. “Tua madre non capisce che hai una tua famiglia?”
“Matteo, non cominciare. I genitori non si scelgono,” sospirò Giovanna. “Devo andare. Mi dispiace, ma dovrai badare tu ai bambini.”
“Come se fosse la prima volta,” brontolò lui. “Di’ a tua madre: se chiama di nuovo a quest’ora, chiedo il divorzio.”
Giovanna alzò le sopracciglia, sorpresa:
“Dici sul serio?”
“No, ovvio,” sorrise lui. “Ma un po’ di paura non le farà male. Forse capirà.”
“Non capirà mai,” scosse la testa Giovanna, iniziando a prepararsi.
Per quanto ricordasse, a casa dei genitori non c’era mai stato pace. La madre, Maria Luisa, urlava sempre, mentre il padre, Antonio, restava in silenzio, stringendo le labbra fino a farle sparire. Sembrava impassibile, ma Giovanna sapeva: dentro ribolliva.
Le litigate erano cominciate quando Giovanna andava ancora a scuola. All’inizio rare, poi quotidiane. La madre, con la sua voce che sembrava una campana del Duomo, faceva scenate che tutti i vicini nel loro palazzo sentivano. Persino i vecchietti sulla panchina scuotevano la testa: “Come fa a vivere con lei? Pover’uomo.”
Nessuno si chiedeva come stesse Giovanna, la loro figlia, in quell’inferno. All’apparenza tutto bene: il padre dirigeva un dipartimento all’università, guadagnava bene, la madre stava a casa e si occupava della famiglia. Ma “occuparsi” era dire troppo. Maria Luisa comandava tutti: marito, figlia, persino la domestica che Antonio aveva assoldato nella speranza che placasse la moglie. Una speranza vana.
Le scenate continuavano, senza vergogna. Per la madre, Giovanna era parte dell’arredamento: i suoi sentimenti non contavano. La ragazza pensava: “Appena cresco, scappo.” E così fu. Si iscrisse all’università a Bologna, lasciò il paese e tornava raramente, anche se ogni visita era rovinata dalle urla.
Una volta, Giovanna sentì il padre, stanco delle lamentele, esplodere: “Che cosa ti manca, Maria? La luna?” La madre rimase senza parole, poi rise… e tacque. Per poco.
Al matrimonio di Giovanna, la madre superò se stessa. Strattonava il padre, lo correggPoi, alla fine, quando sul davanzale del cimitero posarono due fiori, sul marmo i loro nomi sembravano finalmente in pace.