Valigia in Movimento

**Diario di un uomo – La valigia con le rotelle**

“Mamma, sono grande ormai. Posso fare almeno una volta quello che voglio?” sbuffava Elena.

Discutevano da giorni, da quando lei aveva annunciato alla madre che voleva trascorrere una settimana a Milano con il suo ragazzo.

“E gli studi? La sessione è vicina.”

“Ho buoni voti. Recupererò. Per favore, mamma,” insisteva Elena.

“Lo conosci appena. E poi?” La voce di Ludovica era stanca, senza più argomenti per dissuaderla.

“Se non mi lasci andare, scappo di casa e non torno più,” gridò Elena, affondando sul divano con il cuscino stretto al petto e voltandosi verso la finestra.

“E se lo facesse davvero?” Un pensiero angoscioso le serrò il cuore. Sua figlia era tutto ciò che aveva. Non poteva perderla.

“Mamma, tu sei sempre stata perfetta e ora sei sola. Vuoi che finisca come te?” Nella voce di Elena c’era una nota isterica.

“Piccola, avrai tutto il tuo tempo, non correre…” disse Ludovica, sapendo che sua figlia, innamorata, non l’ascoltava.

Elena nascose il viso nel cuscino e scoppiò in lacrime.

“Che razza di madre sono? I tempi sono cambiati. Forse se fossi stata più coraggiosa, se avessi capito prima che mio marito non era pronto a essere padre, la mia vita sarebbe stata diversa.” Sospirò.

“Va bene. Puoi andare. Ma chiamami ogni giorno. Non posso darteli molti soldi, sai che sto risparmiando per la ristrutturazione,” cedette Ludovica, esausta.

Elena balzò in piedi e l’abbracciò stretta.

“Grazie, mamma! Non serve, Enrico ha i soldi. Ti chiamerò sempre, non preoccuparti.”

“Come non preoccuparsi? Aspetta che avrai una figlia tua, poi ne riparliamo,” pensò, ma non lo disse. Inutile.

La ragazza corse in camera e tornò con una valigia.

“Hai già fatto le valigie? Saresti scappata davvero?” Il cuore le si strinse.

“Tu mi avresti lasciata andare, ti conosco. Ora chiamo Enrico.” Prese il telefono, ma invece di chiamare, si avvicinò alla madre.

“Perché non vai anche tu da qualche parte? Dalla zia Lucia, no? Cosa farai qui da sola? Sei in ferie.”

“Mi terrò occupata. Fai attenzione, capisci?” borbottò Ludovica, con un groppo in gola.

“Mamma, sono grande. So come va il mondo.” Elena compose il numero.

Dal tono della conversazione, Ludovica capì che stavano per partire.

“Pronto, mamma, il taxi è già qui.” Elena si diresse verso l’ingresso.

Ludovica la raggiunse.

“Non accompagnarmi. Ti chiamo appena siamo sul treno. Torno tra una settimana.” Un bacio sulla guancia, e Elena uscì come un uccellino in volo, senza accorgersi delle lacrime della madre.

“Ecco, è cresciuta, non ha più bisogno di me.” Ludovica corse in cucina e sbirciò dalla finestra. Un taxi giallo aspettava, accanto a un ragazzo che passeggiava nervoso. “Non sembra male. Forse andrà tutto bene.”

Con lo sguardo triste seguì il taxi che si allontanava. Tornò in salotto e si sedette sul divano ancora caldo del corpo di Elena. Le lacrime tornarono. “Sola di nuovo. Devo abituarmi. È la sorte di tutte le madri.”

Passò così molto tempo, senza far nulla. “E se andassi anche io da qualche parte? Al mare, per esempio. Non è più estate, ma è più caldo che qui.” Accese il computer e cercò biglietti.

Ne trovò uno economico per il volo del mattino dopo per Palermo. Senza pensarci troppo, lo prenotò, andata e ritorno tra cinque giorni. Basta risparmiare, basta aspettare le chiamate di Elena. Sarebbe stata un’eternità.

Mentre preparava i bagagli, la preoccupazione si attenuò. Elena chiamò la sera, tutta trafelata: “Siamo alla stazione, tutto bene!” Rise felice e riattaccò.

Quella notte Ludovica non riuscì a dormire. “Dormirò in aereo,” decise, chiamò un taxi e partì per l’aeroporto.

Nonostante l’ora, l’aeroporto brulicava. Coppie che si salutavano, gente che correva.

Passò accanto a due giovani abbracciati. La ragazza piangeva: “Tornerai? Promettilo. Ti amo…”

Il ragazzo sussurrava qualcosa, baciandole i capelli. Ludovica distolse lo sguardo. Troppo intimo.

Dopo il check-in, sedette in attesa. Ripensò a Elena. Ragazze frettolose, che si gettano nell’amore senza pensare. Quante delusioni avranno ancora.

Anche lei era stata così. Si era buttata a capofitto. E ora? Il marito non era stato all’altezza. Si erano lasciati dopo la nascita di Elena. Brevi relazioni erano seguite, ma mai un nuovo matrimonio. Troppa paura. E ora era sola, diretta al sud. Perché? Per non impazzire in casa ad aspettare.

Un uomo le urtò la gamba con la valigia.

“Scusi,” mormorò, sedendosi a leggere un giornale.

“Sarà qui con l’amante,” pensò maligna Ludovica.

All’imbarco, l’uomo passò per primo. In aereo, per coincidenza, sedettero accanto, separati solo dal corridoio. Ignorò lui e alla fine si addormentò.

Dopo l’atterraggio, si ritrovarono di nuovo in mezzo alla folla. La irritava sempre di più.

Prese un taxi per un albergo economico, lasciò i bagagli e scese in spiaggia. Il sole era caldo. Un sms di Elena la rassicurò: tutto bene. Finalmente si sentì tranquilla, persino affamata.

“Permesso?” L’uomo del volo si sedette al suo tavolo senza aspettare risposta. “Non trova che ci incontriamo troppo per caso? Sono Daniele.”

“Ludovica.” Non gli strinse la mano.

“Nome raro. Posso chiamarti Ludo?”

Lei alzò le spalle. Simpatico, un po’ più vecchio di lei, sorriso sincero.

“Vacci piano con i ‘tu’. In vacanza?” chiese.

“E tu? Lavori?” ribatté.

“Scoperto. Lavoro da remoto. Sono scrittore, tra le altre cose. Ho deciso di vivere un po’ al sud.”

“Scrittore? Roba da donne sole come me,” pensò.

Forse lesse il suo scetticismo. “Scrivo seriamente. Mi pagano bene. Posso permettermi questo viaggio.”

Dopo cena, passeggiarono sul lungomare. Parlò dei suoi libri, del lavoro. A poco a poco, le piacque sempre di più. La accompagnò in albergo, senza insistere per entrare.

Il giorno dopo l’aspettò nella hall. Passeggiate, cena, vino. Si sentì leggera, felice, diversa.

La mattina si svegliò disorientata. Il rumore dell’acqua nella doccia la riportò alla realtà. Saltò dal letto, vestendosi in fretta. “Predico bene e razzolo male,” pensò, vergognandosi.

“Buongiorno,” uscì Daniele fresco di barba. “Prendiamo un caffè, poi ti accompagno. Ci vediamo stasera?”

Non ricordava l’ultima volta che si era sentita così bene. Dimenticò persino Elena, finché il pensiero di lei non la riempì di vergogna. Daniele, fraintendendo, la baciò.

Cinque giorni volarono. AllE quando Ludovica tornò a casa, trovò Elena sorridente ad aspettarla con un biglietto per due a Venezia, dicendo: “Mamma, è ora che anche tu viva la tua storia.”

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