Lo specchio antico, ovvero come si sono rappacificati genero e suocera
Angela tornò a casa tardi. In casa c’era un silenzio insolito. Niente voce del marito, né il solito brontolio della madre.
— Mamma? Marco? — chiamò, sbirciando nelle stanze. Nessuno.
«Marco sarà di sicuro nell’officina in garage» pensò. «E mamma?… Avrà fatto il broncio e se n’è andata?»
Si infilò un giacchetto e uscì in cortile. Dalla porta socchiusa del garage filtrava una luce gialla e si sentivano voci. Entrando, Angela rimase a bocca aperta.
Marco e sua madre, Luisa Romana, erano immersi nel restauro di uno specchio antico. Lui stava verniciando la cornice, mentre la suocera, con un foulann in testa e un vecchio grembiule, gesticolava spiegando qualcosa con entusiasmo.
— Guarda un po’ come risplende il legno ora! — esclamò Luisa Romana. — Marco, questo è un vero capolavoro!
— Dai, non esageriamo, Luisa Romana… È solo un passatempo.
— Un passatempo, lui! — sbuffò la donna. — Ma questa è arte pura!
Angela si sedette su uno sgabello, ancora incredula. La mattina si erano quasi azzuffati…
Tutto era iniziato quando Luisa Romana si era trasferita da loro “temporaneamente” dopo la chiusura della casa di riposo dove viveva da due anni.
— Mamma starà qui solo un paio di settimane — aveva rassicurato Angela il marito. — Finché non riaprono i posti.
— Un paio di settimane — aveva borbottato Marco. — Per me, sarà un’eternità.
Aveva camminato per la cucina stringendo i pugni, poi improvvisamente si era calmato:
— Forse potremmo affittare una stanza per lei? Ho quasi raggiunto il bonus in ufficio…
— Hai perso la testa? — si era indignata Angela. — Così mia madre potrà dire che l’ho cacciata di casa?
Un colpo alla porta interruppe il silenzio. Luisa Romana, come sempre, era arrivata un’ora prima “per controllare la situazione”.
Appena entrata, iniziò l’ispezione:
— Angela, tesoro, questi muri sono scrostati! E Marco, perché non sistemi quei ganci?
Lui andò in bagno senza dire una parola.
Nella prima settimana, la suocera riordinò i mobili, lavò la cucina a lucido, rimise a posto le stoviglie e… arrivò ai documenti di Marco.
— Luisa Romana! — sbottò lui quando non trovò la sua cartella. — Dove sono le mie carte?
— Le ho buttate — rispose lei, serena. — Erano tutte sgualcite. Ora le ho sistemate in nuove cartelline, in ordine alfabetico.
Marco uscì sbattendo la porta.
Angela provò a concentrarsi sul lavoro, ma la mente tornava sempre a casa. Sua madre, testarda. Suo marito, cocciuto. E in mezzo, lei.
Finito il lavoro, corse a casa. La casa era vuota. Prima ebbe paura. Poi sentì le voci provenire dal garage.
E ora era lì, sbalordita: quei due che la mattina litigavano, ora discutevano di vernici e cere, ridendo come vecchi amici.
— Mamma? — chiamò incerta.
— Oh, eccola! — Luisa Romana raggiante. — Guarda che mani d’oro ha Marco! Io invece ero solo una vecchia brontolona…
Prese un piatto di frittelle dal banco da lavoro:
— Ecco, le ho fatte per fare pace, ma poi… abbiamo scoperto altro!
— Non immagini! — si animò Marco. — Tua madre sa tutto sui mobili antichi! Io mi scervellavo sulla finitura, e lei: «Usa l’olio di lino», e funziona!
— Mamma? — Angela la fissò sbalordita. — Ma tu hai sempre lavorato in ufficio…
— Un hobby — fece spallucce Luisa Romana.
— Ma dai! — Marco sollevò una scatola dipinta. — Guarda che colori ha tirato fuori! Io ci avrei messo mesi.
— Ne hai tanti di questi tesori in campagna? — chiese improvvisamente curioso.
— Un intero magazzino! Comò, specchiere, scaffali… Venite e vedrete!
— E allora ci veniamo! — si girò verso la moglie. — Angela, quest’estate andiamo da tua madre! Hai idea di quanti progetti potremmo fare?
Luisa Romana batté le mani.
— Davvero? Verrete?
— Certo!
Si sedettero attorno a un tavolo improvvisato, coperto da una tovaglia a quadri. C’erano frittelle, una teiera e un vasetto di marmellata.
— Dopo mangiate, vi svelo un altro trucco — strizzò l’occhio la suocera. — Ho un’idea per la cornice.
Angela li guardava, così diversi eppure così uniti. E sentiva una stretta al cuore: ma sì, a volte la felicità si nasconde nei posti più impensati… magari in un garage pieno di segatura, dove suocera e genero hanno trovato un linguaggio comune.