Vent’anni fa mia suocera ha rifiutato mia figlia dicendo che non era sua nipote, ora si presenta con fiori e torta per farsi perdonare

Nella piccola città di Lucca, tra le stradine acciottolate e il profumo di cipresso, la vita di Elena andò in pezzi vent’anni fa. Suo marito, Matteo, morì in un incidente d’auto un solo mese dopo la nascita della loro figlia, Beatrice. La sua morte fu come un fulmine a ciel sereno, lasciando Elena con il cuore spezzato e la piccola tra le braccia, lottando per non affogare nella disperazione.

Sperando in un sostegno, si trasferì dalla suocera, Rosetta Fiorentini, ma una notte, mentre cullava Beatrice, Rosetta irruppe nella stanza. I suoi passi risuonarono pesanti, il volto contratto da una rabbia gelida.

“Basta! Non lo tollero più!” sibilò Rosetta, scaraventando una valigia ai piedi di Elena. “Vattene. Questa non è la figlia di Matteo.”

Elena rimase paralizzata, il cuore in gola.

“È sua figlia!” gridò, ma la voce le tremava.

“Hai ingannato mio figlio. Fuori di qui!”

Stordita, Elena raccolse le poche cose che aveva, afferrò Beatrice e uscì nella notte gelida. Vagarono, dormendo sulle panchine del parco, mentre il pianto della bambina faceva male al cuore. Il freddo penetrava nelle ossa, e le lacrime ghiacciavano sulle guance. La salvezza arrivò dall’amica Giulia, che le trovò la mattina dopo, tremanti e smarrite davanti a un bar.

“Elena? Santo cielo, cos’è successo?” esclamò Giulia, trascinandole al caldo.

Giulia diventò la loro angelo custode. Le ospitò, le aiutò a trovare lavoro, e presto Elena e Beatrice si trasferirono in un piccolo appartamento. Non era lussuoso, ma era casa loro. Gli anni passarono, e Rosetta le evitò come se non esistessero. Se per caso si incrociavano per strada, distoglieva lo sguardo, come se fossero fantasmi.

Vent’anni dopo, Beatrice era diventata una ragazza splendida: studiava medicina e aveva un futuro luminoso. Il giorno del suo ventesimo compleanno, Elena, Giulia e il fidanzato di Beatrice, Luca, erano riuniti intorno a un tavolo pieno di risate e calore. La torta fatta in casa, le candeline, i sorrisi… tutto era perfetto, finché non bussarono alla porta.

Elena aprì e si bloccò. Sulla soglia c’era Rosetta, con un mazzo di rose rosse e una scatola di pasticcini. Il suo sorriso era rigido, come una maschera.

“Elena, quanti anni… Posso entrare?” disse, la voce tremante di falsa dolcezza.

Senza aspettare una risposta, entrò in salotto. Lo sguardo le cadde su Beatrice, e i suoi occhi si illuminarono d’ipocrita ammirazione.

“Mamma mia, sei cresciuta così bene! Sembri davvero tua nonna!” esclamò.

Beatrice aggrottò le sopracciglia, guardando sua madre.

“Mamma, chi è?”

Rosetta si mise una mano sul petto, in un gesto melodrammatico.

“Tua mamma non te l’ha mai detto? Sono tua nonna! Ho pensato a te ogni giorno!”

Giulia lasciò cadere il cucchiaio, che tintinnò sul piatto.

“Ma stai scherzando?” La sua voce era piena di indignazione.

Rosetta la ignorò.

“Sono qui per sistemare le cose,” annunciò, come se questo potesse cancellare il passato.

Elena non resistette.

“Sistemare?” la sua voce si spezzò. “Hai chiamato Beatrice un errore, ci hai cacciato al freddo come se fossimo spazzatura! E ora vuoi fare la nonna affettuosa?”

“Elena, non essere drammatica,” replicò Rosetta. “Sono cose del passato.”

Beatrice si alzò, il viso impassibile.

“Devo pensarci,” disse, andando in cucina. Elena la seguì, il cuore che batteva forte.

“Bea, non lasciare che ti manipoli,” supplicò.

“Perché non mi hai mai parlato di lei?” chiese Beatrice, incrociando le braccia.

“Perché non merita di far parte della tua vita. Disse che non eri figlia di Matteo.”

Beatrice strinse i denti.

“L’ha detto davvero?”

Elena annuì, le lacrime che le bruciavano gli occhi.

“Le importa solo di se stessa.”

Beatrice respirò profondamente.

“Affronterò la situazione.”

Tornarono in salotto. Beatrice fissò Rosetta, lo sguardo tagliente.

“Perché sei venuta ora, dopo vent’anni di silenzio?”

Rosetta esitò, la maschera che iniziava a sgretolarsi.

“Beh, tesoro… Ho bisogno di aiuto. La salute non è più quella di una volta, e la famiglia dovrebbe stare insieme.”

Un silenzio pesante cadde nella stanza. Giulia sussultò, Luca mormorò:

“Ma dai!”

“Vuoi che ci prendiamo cura di te?” chiese Beatrice, gelida.

“Un piccolo aiuto,” fece Rosetta, recitando l’innocenza. “Sarebbe giusto.”

Elena scoppiò.

“Giusto?” urlò. “Ci hai cacciate, mi hai chiamata bugiarda, e ora vuoi la nostra pietà?”

Rosetta strizzò gli occhi.

“Ho chiesto scusa,” mentì, senza averlo mai fatto.

Beatrice parlò, la voce calma ma ferma come il marmo.

“Mia madre ha sacrificato tutto per me. Tu hai fatto finta che non esistessimo. Tu non sei mia nonna. Sei solo una persona che cerca il perdono, senza meritarE poi, senza dire una parola, Beatrice chiuse la porta in faccia a Rosetta, lasciando che il rumore dello scatto risuonasse come un punto finale sulla loro storia.

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Vent’anni fa mia suocera ha rifiutato mia figlia dicendo che non era sua nipote, ora si presenta con fiori e torta per farsi perdonare