– Vi rovinerò tutti! Ve ne accorgerete! – urlava furiosa la moglie di mio fratello.
– Ma perché, Laura? Ti ho dato l’intera somma. Qual è il problema? – mia madre non capiva perché la nuora le stesse minacciando.
– E dove sta scritto che hai dato i soldi? Dove sono i testimoni? La ricevuta? Ci devi pagare metà di questo appartamento per me e Alessandro! – Laura restava impassibile sulla soglia della porta.
– Senti, Laura. Vai via per favore! Io ero testimone quando si sono consegnati i soldi. È sufficiente? E saluta il mio fratellino. Dovrebbe darti una lezione. Non tornare più qui, – dovetti intervenire in questa discussione spinosa. Mia madre era indifesa.
– Vi pentirete, ma sarà troppo tardi! Andrò da un mago e vi maledirò! – gridò Laura andando via.
…Dopo la morte di papà, mia mamma vendette la casa in campagna e si trasferì da me in un appartamento di tre camere. Ero già vedova e stavo crescendo mio figlio di cinque anni, Giorgio. Accolsi volentieri mia madre.
– Vera, sarebbe un problema se dessi ad Alessandro metà del ricavato della vendita della casa? È pur sempre mio figlio. Laura continua a lamentarsi che non sostiene bene la famiglia, – mi guardò implorante.
– Signore, non è un problema, ovviamente daglieli! È giusto così -, dissi con convinzione.
…Invitammo Alessandro e Laura a casa nostra e consegnammo i soldi di persona. Eppure, due anni dopo, Laura si presentò richiedendo ancora denaro, minacciando e maledicendo.
La mandai via, chiusi la porta e dimenticai Laura. Non comunicammo né con Alessio né con Laura per molti anni. Era come se una gatta nera fosse passata tra di noi. Da allora capitò una serie di disgrazie, una dietro l’altra, come un fiume in piena. Questo famoso detto riassume la situazione: di fronte alle avversità, è come se lo sconforto ci aspettasse.
Mamma cadde ammalata, anch’io mi ammalai di non so cosa e Giorgio sviluppò un eczema tremendo. Avevamo sempre qualche problema. Nell’appartamento, impregnato dall’odore di medicinali, tutto si rompeva, cadeva e si distruggeva. L’orologio a muro si fermava nel cuore della notte. Io, ufficiale di polizia, fui costretta ad andare in pensione. Avevo intenzione di lavorare fino a quando non mi fosse proposto di farlo volontariamente. Dovevo prendermi cura di mia madre allettata e curare intensamente mio figlio. Non si sa come, i soldi cominciarono a scivolare via dalle mani.
…Ricordo che trasformai il mio appartamento in una casa delle violette: queste piante erano dappertutto. Le coltivavo, propagavo e vendevo al mercato. Si potrebbe dire che questi piccoli fiori ci salvarono dai debiti. Le violette venivano acquistate volentieri.
Una volta all’anno arrivavano i parenti. Si fermavano da noi per una settimana, ci regalavano indumenti usati ma puliti. Portavano cibo: carne, pasta, cereali, farina… Eravamo immensamente grati. Se ne andavano e iniziava il solito giro.
…Povertà, malattie, apatia. Per non lasciarmi abbattere dalle avversità e pensieri pesanti, piantai una aiuola di fiori davanti al portone. In primavera piantai i semi dei fiori. Spuntarono quelli semplici: bocche di leone, malvarose, calendule. Ma era la mia unica fonte di ispirazione.
Un giorno il vicino Michele passò di lì, guardò la mia modesta aiuola e disse:
– Buongiorno, vicina! Potrei offrirti dei soldi per i fiori? Comprane di più per far invidia a tutti.
Esitai, incerta. Michele mise dei soldi nella tasca del mio grembiule:
– Prendili, nostra cara giardiniera! Non essere timida. Lo fai per il bene di tutti.
Emozionata, comprai fiori esotici, cespugli. La mia aiuola si riempì di profumi e colori. I vicini erano estasiati da tanta bellezza. Michele si fermava sempre a guardare:
– Solo una persona buona può far crescere fiori così magnificamente.
Spesso mi offriva caramelle, tavolette di cioccolato, gelati:
– Questo per te, Vera, per il tuo instancabile lavoro.
Era piacevole ricevere tali attenzioni da un estraneo.
Con gli anni, tutto iniziava a tornare a posto in casa nostra.
Mamma si riprese, si rianimò. La pelle di Giorgio si schiarì dall’eczema. Improvvisamente mi sentii come una donna in abiti bianchi. Volevo amare ed essere amata. Non badare all’età avanzata.
Giorgio, dopo aver osservato la nonna malata, decise di diventare medico. Entrò facilmente nella facoltà di medicina. Nel frattempo, lavorava in un ospedale. Presto cominciò ad assistere nelle operazioni. Col tempo, i vicini si rivolgevano spesso a Giorgio per chiedere una diagnosi, un’iniezione, una flebo…
Giorgio divenne rianimatore.
Insieme a mio figlio feci una ristrutturazione estetica nell’appartamento. Giorgio comprò un’auto usata. Prevede di sposarsi con la sua collega russa. Lei è cardiologa. Tutto va bene, tutto è tranquillo.
Recentemente Laura mi ha chiamato con una voce rauca:
– Ciao, Vera. Potresti venire a trovarmi? Sono in ospedale.
Vado all’indirizzo indicato. Entro nella stanza comune. Trovo il letto di Laura.
– Cosa ti è successo, Laura? – mi stupisco del suo aspetto. Nei suoi occhi c’è il vuoto.
– Ecco come è andata, Vera… Stavamo passeggiando nel bosco con mio marito. Abbiamo trovato in un cespuglio un teschio umano. Lo portammo a casa, lo pulimmo, lo verniciammo e ne facemmo un portacenere. Sei mesi dopo il tuo fratello morì in un incidente stradale. Dopo altri due mesi, nostro figlio morì in un incendio mentre era in garage a bere con gli amici. Io ora sono ammalata, ho una polmonite. Oh Signore, perché abbiamo portato quel maledetto teschio a casa? Da lì sono cominciate le nostre sventure, – Laura scoppiò in lacrime.
– No, Laura, tutto iniziò quando corresti da maghi e streghe. Il teschio è solo una conseguenza, – non potei trattenermi dal dirlo a Laura. Ha portato troppi guai alla nostra famiglia.
– Hai ragione, Vera. Mi pento. Ho fatto malefici su di voi, vi ho maledetti. La mia rabbia si è riversata come catrame nero. Alla fine ho condannato me stessa alla solitudine. Scusami. Dimentichiamo queste stupide liti. In gioventù avevo ali sulla schiena, ora c’è un boomerang. Ne avverto il calore, – Laura si intristì, si fece silenziosa, si perse nei suoi pensieri.
Raccontai tutto a Giorgio. Non rimase indifferente:
– Mamma, trasferiamo zia Laura nel mio ospedale. Lì riceverà migliori cure. Non è una persona sconosciuta.
– D’accordo, figlio mio, – perdonai completamente Laura. È sola a affrontare il dolore. Ha perso sia il figlio che il marito.
…Michele mi propose di unire le nostre vite. Viveva al piano di sopra.
– Véra, vieni a stare con me, sarà più piacevole passare il tempo insieme. Tu sei vedova, io vedovo. Avremo di cosa parlare. Sei d’accordo?
– Sì, Michele, – non potevo credere alla mia improvvisa felicità. Era come se fosse caduta dal cielo, riscaldando e illuminando la mia anima.
Mia madre era felice per me:
– Vedi Vera, il tuo destino era sempre accanto a te, si avvicinava piano piano, osservandoti. Ti sei meritata questa felicità.
Laura si sta riprendendo rapidamente, chiede di venire a trovarci. Invitarla? Mi consulterò con Giorgio e Michele…