Via dalla mia casa, sono la nuova moglie di tuo marito!

La porta si aprì con un cigolio insolito, troppo teso.

“Sei ancora qui? Fuori dal mio appartamento, sono la nuova moglie di tuo marito!” mi urlò in faccia una bionda dall’aria sicura di sé.

Spinsi la porta con un colpo secco, aspettandomi lodore di casaquel misto dei miei profumi e della cere per il parquet che usavo sempre. Ma ad accogliermi fu unondata nauseabonda di un dolciastro profumo sconosciuto.

Mi bloccai sulla soglia, senza accendere la luce. Qualcosa non andava.

Appeso allattaccapanni, accanto al cappotto di mio marito, cera un cardigan rosso acceso che non avevo mai visto.

Le mie pantofole, quelle che lasciavo sempre vicino alla porta, erano state gettate in un angolo. Al loro posto, un paio di scarpe con il tacco alto, eleganti e sfrontate.

Il cuore mi fece un balzo. Ero tornata un giorno prima dal viaggio di lavoro, volevo fare una sorpresa. Ma il sorpreso, a quanto pare, ero io.

A passi silenziosi, mi avviai verso il soggiorno. Sul tavolino, un vaso di gigli freschi. Odiavo i gigli. Ero allergica. Luca lo sapeva benissimo.

Accanto al vaso, un libro aperto con la copertina lucida. Non era mio.

Tirai fuori il telefono. Le dita mi tremavano leggermente mentre componevo il numero di Luca. Lattesa interminabile, il suono del segnale che spezzava gli ultimi brandelli della mia compostezza. Non rispondeva.

In cucina, tracce di un pasto recente. Nel lavello, due tazze del nostro servizio nuziale. Su una di esse, limpronta di un rossetto rosa acceso.

Un ronzio assordante mi assalì, come uno sciame di api impazzite. Non poteva essere vero.

Doveva essere uno scherzo di cattivo gusto. Forse era arrivata sua cugina da Verona, quella di cui parlava a volte? Ma perché non mi aveva avvertito?

Richiamai. Di nuovo nessuna risposta.

Poi, di nuovo, il rumore della chiave nella serratura. Mi ritrassi nellombra, schiacciandomi contro il muro.

La porta si aprì ed entrò una bionda giovane. Con gesto disinvolto, come se lavesse fatto mille volte, posò a terra le buste della spesa e si tolse le scarpe.

Si voltò per accendere la luce e mi vide.

Nessun segno di paura sul suo viso. Solo un attimo di stupore, subito sostituito da freddo fastidio. Mi squadrò dalla testa ai piedi con uno sguardo di sufficienza.

“Sei ancora qui?” disse, come se fossi un oggetto dimenticato che la domestica non aveva ancora messo a posto.

Non riuscii a rispondere. Il fiato mi mancò.

Lei sbuffò, incrociando le braccia. “Non ho intenzione di ripetermi. Prendi le tue cose e vattene dal mio appartamento.”

Lo shock iniziale lasciò il posto a una rabbia gelida. Feci un passo avanti, uscendo dallombra.

“Tuo appartamento? Ma sei fuori di testa? Questo è casa mia. Mia e di mio marito.”

La bionda rise. Breve, tagliente.

“Ex marito,” corresse, scandendo ogni parola. “E adesso lappartamento è mio. Nostro. Viviamo qui. Sembra che tu faccia fatica a capirlo.”

Passò oltre con aria di sfida, prese la coperta che avevo portato da Stoccolma lanno prima e la gettò sul divano con disgusto.

“Luca mi ha chiesto di dirti di evitare scene. Non sopporta le isterie. Quindi sii ragionevole: prendi quello che ti serve e vai.”

La mia mente si rifiutava di accettare la realtà. Era come una recita grottesca.

“Non me ne vado,” dissi ferma, anche se la voce mi tremava. “Chiamerò la polizia.”

“Fallo pure,” scrollò le spalle con noncuranza. “E cosa dirai? Che lex moglie viene cacciata di casa? Rideranno. Tutti i documenti sono in ordine.”

Si avvicinò alla credenza dove cerano le nostre foto. Ne prese unaridevamo durante una vacanza in Sardegna.

“Che teneri,” disse con un sorriso falso. “Ma è solo cianfrusaglia. Presto ci saranno nuove foto, più belle.”

Con un gesto sprezzante, lanciò la cornice nel cestino. Il vetro si frantumò con un suono lamentoso.

Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Le mi avventai contro.

“Ma che ti permetti?!”

Mi respinse con un colpo secco. Nonostante laspetto fragile, era forte.

“Ti ho chiesto di evitare scenate,” sibilò. “Luca ti ha lasciata. Rassegnati. Ha incontrato me e finalmente ha capito cosè lamore vero, non una noiosa abitudine.”

Mi ritrassi come se mi avesse schiaffeggiata. Le sue parole erano cariche di una sicurezza velenosa. Non sembrava pazza. Sembrava padrona di casa.

Afferrai di nuovo il telefono. Non la polizia. Luca. Dovevo sentirlo da lui.

Premetti il tasto di chiamatae in quel momento la porta dingresso si aprì.

Sulla soglia cera Luca.

Mi guardò, poi la bionda. Il suo volto era impassibile, stanco.

“Amore, che succede?” le chiese.

A me neanche uno sguardo. Come se non esistessi.

Lo guardai meglio. Luragano dentro di me si placò allimprovviso, lasciando solo fredda lucidità.

“Luca,” dissi calma. “Spiegami cosa sta succedendo.”

Sospirò, come se dovesse risolvere un fastidio insignificante.

“Anna, credevo che Cristina te lavesse già detto. Ci siamo lasciati. Un mese fa. Lei è la mia nuova moglie.”

Le sue parole non facevano male. Erano solo un fatto.

“Lasciati? E tutto questo senza che io lo sapessi? Senza la mia firma?”

“Questioni tecniche,” scosse la mano. “I documenti non sono pronti. Ma lappartamento, secondo laccordo prematrimoniale, passa a me. A noi.”

Cristina gli posò una mano sulla spalla, trionfante.

“Quindi, Anna, vai. Non fare storie.”

Li guardai in silenzio. Quella coppia sicura di aver ragione. Poi sorrisi. Largo, sincero. I loro sorrisi svanirono.

“Sapete qual è il vostro problema?” dissi calma. “Credete di essere intelligenti. E tutti gli altri, stupidi.”

Mi avvicinai alla libreria, estrassi una cartella blu.

“Hai ragione, Luca. Cè un accordo prematrimoniale. Ma tu, a quanto pare, eri troppo occupato con lamore vero per leggerlo.”

Aprii la cartella.

“Questo appartamento, caro ex, è stato comprato con i soldi che ho ereditato da mia nonna. Ecco qui,” indicai i documenti, “tutte le prove.”

Nel nostro accordo cera un punto meraviglioso, il numero sette, comma B. I beni ereditati o ricevuti in dono non si dividono. Mai.

Luca impallidì.

Mi voltai verso Cristina, immobile.

“Hai detto: ‘Vattene dal mio appartamento, sono la nuova moglie di tuo marito’? Commovente.”

“Peccato che tuo marito sia un fallito. E lappartamento è mio. Sempre stato mio. Quindi, per favore, uscite. E portatevi via i vostri gigli.”

Silenzio. Luca mi guardò, poi la cart

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