Vicino al Pozzo…

Al pozzo…

Anna Maria Rossi, sollevando con fatica il giogo sulle spalle, percorreva il sentiero di campagna, il tintinnio metallico dei secchi che rompeva il silenzio dell’aria mattutina. L’acqua del pozzo — limpida, fredda, trasparente — era per lei quasi una reliquia. Anche se aveva superato i settant’anni, ogni giorno raggiungeva quella fonte in fondo alla stradina. Testarda, forte, non voleva sentire ragione quando la nuora cominciava a rimproverarla.

— Mamma, ma dai! C’è l’acqua in casa e in cortile! La gente ride. Non ti pesa? — brontolava Lucia, alzando gli occhi al cielo.

Ma Anna Maria faceva finta di non sentire. Con quell’acqua del rubinetto non avrebbe nemmeno cucinato: “Sa di tubi”, ripeteva. Quella del pozzo, invece, era diversa. Di sorgente. Viva. Dolce come una lacrima di ricordi.

Si fermò, posò i secchi a terra, si raddrizzò e chiuse gli occhi per un attimo. Una brezza muoveva le foglie del tiglio giovane — qualcuno l’aveva piantato lì, vicino al pozzo, da poco. Una volta c’era un vecchio noce, altissimo e maestoso, dove Anna Maria da ragazza incontrava Federico.

Quanto arrossivano le sue guance, quanto le batteva forte il cuore quando correva verso il pozzo! Lui — alto, bruno, con occhi neri come il carbone — aspettava appoggiato alla struttura di legno, sorridendo. Tutte le ragazze del paese invidiavano lei. Soprattutto Paola, la sua migliore amica.

— Provaci solo ad avvicinarti a lui, Paola — la avvertiva Caterina, — darei l’anima per lui!

Ma Paola la guardava di traverso e sogghignava:

— Me l’hanno detto, sarà mio. L’ha detto la strega… Sto scherzando, eh! — cercava di sdrammatizzare.

Caterina aveva scrollato le spalle, ma nel cuore già si insinuava il dubbio. E, come per maledizione, arrivò la febbre. Un fuoco che le divorava il corpo. A letto, debole come un cencio, chiese a Paola:

— Vai al pozzo. Digli a Fede di non aspettarmi. Digli che sono malata, ci vediamo domani.

Paola sorrise… in modo strano. Poi sparì, lasciando solo il rumore dei tacchi. Cosa avesse detto a Federico, Caterina non lo seppe mai. Ma quando il giorno dopo raggiunse il noce, li trovò insieme.

Erano lì, vicini, e lei — con un gelo nello stomaco — si girò e scappò via. Le lacrime la strozzavano, il cuore le scoppiava dal dolore.

Una settimana dopo, arrivò la proposta di Nicola, il vicino. Timido, riservato, che la guardava sempre come se fosse un miracolo.

— Manda a chiamarmi i tuoi parenti, Nico — disse con orgoglio, stringendo la sofferenza nel petto. — Prima che cambi idea.

Paola tornò, un giorno. Supplicando tra le lacrime:

— Non c’è mai stato niente tra me e Fede. Caterina, fermati…

— Hai avuto quello che volevi. E non sarai felice. Come me. Ora vai. Vattene per sempre.

Il matrimonio fu come un funerale dei sogni. I genitori erano preoccupati, ma Nicola… Nicola da quel giorno fece di tutto per non farla pentire.

Cucinava, lavava, si alzava di notte per i bambini. Tutti in paese lo sapevano: mani d’oro, cuore buono. Ma… amarlo non ci riuscì mai. Lo rispettava, ma senza passione.

Paola sposò Federico. E lui… non rimase. Partì subito dopo il matrimonio. Diceva per costruire una casa. Che non voleva vivere con i suoceri. In realtà, scappava. Scappava da lei. Prima a Brescia, poi a Bergamo — pur di allontanarsi.

Da Brescia arrivò la notizia: Federico era morto, schiacciato da un tronco durante il lavoro.

Lo seppellirono con tutti i suoi compaesani. Caterina non andò. Non voleva mostrare il suo dolore a tutti. Ma quella sera, da sola, raggiunse la tomba fresca. Stava lì, pregando. Senza sapere per cosa. Piangeva, piano, a lungo, come se fino a quel momento avesse trattenuto il respiro.

E all’improvviso — una mano sulla spalla. Si voltò. Paola. Vestita di nero. Si guardarono in silenzio. Poi ognuna andò per la sua strada.

Passarono molti anni. Paola morì. Caterina ora andava spesso al cimitero. Lì c’erano il marito, i genitori… e quella tomba. Due, vicine.

Le puliva. Le ripuliva dalle erbacce. E un giorno — incontrò di nuovo Paola. Come un fantasma nel crepuscolo.

— Vieni ancora da lui, eh, Caterina? Dopo tutti questi anni? — sussurrò.

— Lo sapevi che ti amava. Solo te. Forse ti consolerà…

E fu allora che Caterina capì — non aveva amato Federico per tutta la vita. Ma ciò che aveva sognato con lui. Aveva amato un sogno. E accanto a lei, tutto quel tempo, c’era un uomo vero. Fedele. Dolce. Nicola. Marito, amico, sostegno. E lei si era nascosta nei ricordi, come in un vecchio baule, cercando il profumo del passato.

Non serbava più rancore per Paola. Tutto questo… non importava più.

…Anna Maria riprese i secchi. Inspirò il profumo dei garofani. Stavano già appassendo… Doveva tagliarne qualcuno — per il cimitero. Paola li adorava. Quel profumo speziato, intenso… come una promessa di qualcosa di irraggiungibile.

Già dal sentiero gridò:

— Nico! Nico, devo dirti una cosa!

— Che succede? — rispose il marito, preoccupato.

Lei sorrise e, nascondendo il viso nel suo petto, sussurrò:

— Ti amo, Nico…

E arrossì, come una ragazzina. Lui la strinse più forte, senza dire una parola. Nei suoi occhi c’era tutto: stupore, tenerezza… e quell’amore che aveva portato avanti per tutta la loro vita.

Caterina non passò più davanti a quelle due tombe senza fermarsi. Puliva il granito, sussurrava preghiere. Come se sperasse che lassù, in cielo, ci fosse finalmente pace. Vera. Eterna.

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