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Federica non sopportava il suo corpo. Da piccola era sempre stata paffutella e invidiava le coetanee magre. Per quanto provasse a dimagrire, seguendo ogni tipo di dieta, i chili non se ne andavano.
“Smettila di torturarti. Mangia normalmente. Chi ti vuole bene, ti amerà comunque, che tu sia magra o no. Non è l’aspetto che conta, ma il cuore e il carattere,” la consolava il padre. “Tua mamma non è mai stata magra, eppure mi sono innamorato di lei. Una donna deve essere morbida e accogliente.”
“Facile per te parlare. Tu puoi mangiare dieci pasticcini e non ingrassi. Perché non ti somiglio?” si lamentava Federica.
“Ma perché questa improvvisa voglia di dimagrire? Ti sei innamorata?” chiese a un tratto la madre.
Federica abbassò lo sguardo.
“Anch’io mi ero innamorata alle medie, soffrivo come un cane. Lui però preferiva un’altra ragazza, la più bella della classe. Poi siamo usciti dalla scuola, non lo vedevo più, e mi sono calmata. Dopo cinque o sei anni l’ho incontrato per strada. E sai una cosa? Mi sono detta: meno male che non è finita tra noi.”
“Perché?” chiese Federica.
“Si era sposato con quella ragazza bellissima. Ma lei voleva vestiti firmati, e lui guadagnava poco. Allora ha fatto qualche magheggio, ha rubato una bella somma. Lo hanno arrestato. Quando è uscito dal carcere, era un’altra persona. Sua moglie lo ha lasciato, nessuno gli dava lavoro, e ha cominciato a bere. Tutto era iniziato così bene,” sospirò la madre.
“Anche con tuo padre è stato difficile, soprattutto quando sei nata. Ma ce l’abbiamo fatta. Quindi, se lui non ti sceglie, forse è meglio così. Non era il tuo destino.”
“Ma se avesse scelto te? Allora non avrebbe rubato e non sarebbe finito in prigione,” disse Federica pensierosa.
“Non poteva scegliermi. Gli piacevano le ragazze belle e magre. E se pure mi avesse presa, prima o poi mi avrebbe tradita. Saremmo finiti male comunque. Però non avrei conosciuto tuo padre,” sorrise la madre. “Tutto succede per una ragione.”
“Ma io voglio dimagrire lo stesso,” disse Federica testarda.
Passò tutta la sera su internet a leggere di diete, guardando foto di donne che ce l’avevano fatta. Se loro potevano, poteva anche lei.
La mattina dopo si svegliò, si stirò e guardò l’ora. Aveva tempo per rimanere a letto ancora un po’. Poi ricordò la decisione della sera prima: una vita nuova. Si avvicinò alla finestra. Il cielo era coperto di nuvole, stava per piovere. “Forse potrei rimandare a domani, quando sarà bel tempo?” No, pensò Federica. Altrimenti avrebbe rimandato all’infinito. Indossò con determinazione la tuta da ginnastica.
Le strade del paese erano deserte. Perfetto, nessuno la vedeva. E iniziò a correre lentamente dal cortile di casa.
Presto cominciò a sentire il fiato corto, un dolore al fianco, tosse umida in gola, il sudore che le scendeva lungo la schiena e il viso. Si fermò per riprendere fiato. Fece qualche movimento con le braccia come un mulino a vento e ripartì. Niente, si sarebbe abituata.
Il giorno dopo, però, le dolevano tutti i muscoli. Ignorando il dolore, uscì di nuovo per correre. Tornò a casa alla velocità di una lumaca.
“Da dove vieni così tutta sudata?” chiese la madre quando entrò in casa.
“Stavo correndo.”
“Hai deciso di fare sport? Bravo. Io non ho mai avuto abbastanza forza di volontà. Sei stanca? Fai una doccia e poi colazione, altrimenti sarai in ritardo a scuola.”
“Niente brioches, solo un caffè,” disse Federica decisa.
“Come vuoi. Ma secondo me, non si può cominciare così all’improvviso e rinunciare a tutto. Per una maratona, serve tempo per prepararsi, altrimenti non arrivi al traguardo,” osservò la madre con tono di rimprovero.
“Brava,” il padre le diede una pacca sulla spalla. “Ti rispetto per la tua costanza,” disse, sedendosi a tavola e sorseggiando il caffè.
“Che, anche tu hai deciso di metterti a dieta? E allora per chi ho fatto le brioches?” si rattristò la madre.
“Tranquilla. Mangio io anche per Federica,” le strizzò l’occhio maliziosamente, prese una brioche, ne addentò un bel pezzo e masticò con gusto.
Federica deglutì la saliva. Pensò che una brioche non le avrebbe fatto così male. Non si può smettere di mangiare da un giorno all’altro, fa male. Ma decise di non cedere alla tentazione. Bevve il caffè tutto d’un fiato e lasciò la tavola.
“Ora si metterà a digiunare,” sospirò la madre quando Federica uscì dalla cucina.
Non sentì cosa rispose il padre.
Con il tempo, Federica si abituò alla corsa e aumentò la distanza. Un giorno notò che la cintura dei pantaloni le stava più larga. Corse allo specchio. Ma, purtroppo, non vide alcun cambiamento.
Una volta vennero sorpassata da due ragazze, magre e veloci come gazzelle. Federica si spostò per farle passare. Passandole accanto, una delle due disse: “Ecco perché è così scivolato qui, cola il grasso della cicciona.” E rise, una risata squillante e melodiosa. L’altra la sgridò, si voltò e lanciò a Federica un sorriso colpevole.
No, non ce l’avrebbe mai fatta. Forse era meglio non ridicolizzarsi? Magari provare con la danza. Dicono che aiuti a dimagrire. E così si iscrisse a un corso di danza per principianti.
La fame la tormentava, arrivava quasi a sentirsi svenire. Passando davanti alla mensa a scuola, accelerava il passo. Andò alle lezioni di danza. Nello spogliatoio, sentì alcune ragazze chiamarla “mucca”. Si sentì così umiliata. Aspettò che se ne andassero prima di entrare. Si vergognava a cambiarsi davanti a tutti.
La madre si preoccupava perché Federica non mangiava, cercava di infilarle un pezzo di pesce in più o una polpetta. Lei rifiutava e correva con ancora più impegno la mattina.
Per il ballo di fine anno, però, aveva perso parecchio peso. Anche se era lontana dall’essere magra, si piaceva, guardandosi allo specchio.
Dopo la consegna dei diplomi e il concerto, si sedettero a tavola per il banchetto, poi iniziò il ballo. Federica si vergognava a ballare. Aveva paura che la chiamassero di nuovo “mucca”. Vide la professoressa avvicinarsi a Lorenzo e dirgli qualcosa. Quando partì la musica lenta, lui attraversò la sala verso di lei. Federica capì che era stata la prof a chiederglielo. Si sentì ancora più ferita. Davvero suscitava solo pietà? Ma accettò comunque. Chissà, forse non le sarebbe più capitata un’occasione così. I balli lenti non erano popolari, e i ragazzi erano timidi a invitare le ragazze. Si unirono loro solo altre due o tre coppie.
“Ehi, Bianchi, stai attento. Se Ricci ti pesta un piede, resti invalido,” gridò la ragazza più bella della scuola, circondata dal suo gruppo di amicheE quella notte, mentre ballavano sotto le stelle di Roma, Federica capì che tutte le fatiche, le lacrime e le corse all’alba erano valse la pena, perché finalmente aveva trovato chi la amava per quello che era.