**Diario Personale**
Visitando la tomba di mia figlia, ho visto una bambina sconosciuta seduta sulla panchina, che sussurrava qualcosa alla fotografia sul monumento. Il mio cuore si è fermato.
Attraverso le pesanti tende filtravano gli ultimi raggi del sole serale, accarezzando il costoso tappeto persiano con strisce stanche e sbiadite. Laria del salotto, di solito profumata dai fiori rari e da un elegante profumo, oggi era pesante, carica di elettricitàcome se presagisse una tempesta.
“Ancora con Sofia? Valerio, davvero credi che io debba badare a lei?” La voce di Cristina, normalmente dolce e suadente, tremava di rabbia repressa. Era in piedi al centro della stanza, impeccabile nel suo vestaglia di seta, scolpita come porcellana, e lanciava a Valerio uno sguardo sfidante. “Ha una tata! E poi cè tua ex moglie, sua nonna! Perché devo sempre lasciare tutto io?”
Valerio, un uomo con i capelli grigi alle tempie e un portamento sicuro, non alzò gli occhi dai documenti. La sua calma era falsa, come la quiete prima della tempesta.
“Ne abbiamo già parlato, Cristina. Due volte al mese. Due sabati sera. Non è una richiesta, è la condizione minima che hai accettato diventando mia moglie. Zita ha bisogno di riposare. E la mia ‘ex moglie’, se vuoi chiamarla così, vive in unaltra città e vede la nipote raramente. Sofia è sangue mio. E, tra laltro, figlia di Olivia. La tua ex amica.”
Pronunciò quelle ultime parole con un sottile accento, ma Cristina le sentì come un pugno. Quel legame la faceva uscire di senno.
“Amica” rise amaramente. “Quella stessa Olivia che ha lasciato tutto e ha avuto una figlia dal primo che passava, lasciando a te le conseguenze?”
Le parole le sfuggirono prima che potesse fermarsi. Cristina si morse il labbro, sentendo un brivido lungo la schiena. Vide Valerio mettere da parte i documenti con calma, alzare lo sguardopesante, senza traccia di emozioni. Le tornò in mente quel momento sei mesi prima: Sofia aveva rovesciato il succo sul divano, lei laveva afferrata per il braccio, urlato in facciae poi era apparso lui. Senza urla, senza gesti. Le aveva preso il polso e, con voce gelida, aveva detto:
“Se la tocchi di nuovo se le succede qualcosa per colpa tua ti spezzerò ogni dito. Uno a uno. Hai capito?”
Aveva capito. Allora, come ora, sapeva che quelluomo, che le aveva regalato il lusso strappandola alla povertà, non la amava. La tollerava. E lei lo temeva. Fino al tremore. E non aveva via di fuga. Il pensiero di tornare in quel minuscolo appartamento, con i genitori ubriachi, era peggiore di qualsiasi punizione. Si era rinchiusa da sola in quella prigione dorata, e ora la sua carceriera era una bambina.
Cristina cambiò tono allistante. Gli occhi si riempirono di lacrime, la voce diventò dolce come miele.
“Valerino, scusami Non volevo. È solo che sono così stanca Ho una visita medica importante, ho aspettato due settimane, non posso saltarla.”
Ma Valerio non la stava più ascoltando. Scacciò le sue scuse come un fastidioso insetto. La sua attenzione era tutta per la porta, da cui proveniva la risata di una bambina. Nella stanza dei giochi, Sofia era seduta per terra con la tata Zita, costruendo una torre di cubi. Il volto di Valerio si trasformòla durezza svanì, gli occhi si riempirono di una tenerezza quasi sacra. La sollevò, facendola girare nellaria. Sofia rideva, abbracciandolo al collo.
Cristina osservava dalla soglia. Il cuore le si strinse di odio gelido. Era unestranea in quel mondo. Di troppo. Un ornamento in un appartamento di lusso. E finché Sofia esisteva, sarebbe stato sempre così. Nella sua mente, temprata da anni di lotta per sopravvivere, maturò una decisione fredda. “Non aver paura,” pensò rivolgendosi alla bambina. “Oggi ci salutiamo, piccolo ostacolo.”
Fin da giovane sapeva cosa voleva. La bellezza era la sua unica arma e capitale. Mentre la sua amica Olivia sognava lamore e scriveva poesie, Cristina studiava le liste degli uomini ricchi. La scelta era caduta su Valerioil padre di Olivia, venticinque anni più grande, ma padrone di tutto ciò che desiderava: potere, denaro, status.
Tradimento? Una parola senza senso per lei. Aveva sedotto senza esitazione il padre della sua migliore amica. Per Olivia era stato la fine. Se nera andata, scomparsa. Un anno dopo, Valerio aveva scoperto che aveva avuto una figlia. Quattro anni dopoche non cera più. Un incidente.
Affranto dal dolore e dal senso di colpa, Valerio aveva riversato tutto il suo amore sulla nipote, che aveva trovato e portato con sé. Sofia era diventata il centro della sua vita. E Cristina, la giovane e bellissima moglie, era stata messa da parte. La bambina era un costante promemoria del suo tradimento e lostacolo principale al controllo totale sul marito e sulle sue ricchezze. Quellostacolo andava rimosso.
Il piano era semplice e crudele. Prima, la preparazione. Con una scusa plausibile, Cristina aveva fatto licenziare lattenta Zita, sostituendola con Nina, una studentessa distratta e sempre al telefono. Era tutto calcolato.
Quel sabato, mentre Valerio era a una riunione, Cristina osservava dalla finestra Nina e Sofia al parco giochi. Aspettava. E accaddeil telefono della tata squillò, lei si allontanò, lasciando la bambina sola. Cristina uscì, si avvicinò, sorrise:
“Sofi, il nonno vuole che ti porti in un posto magico. Andiamo?”
La bambina, che conosceva e si fidava di “zia Cristina”, annuì felice. Un minuto dopo erano in macchina. Nello specchietto, Cristina vide Nina correre freneticamente per il parco. Il suo sorriso divenne maligno.
Il viaggio fu lungo. Sofia prima guardava incuriosita dal finestrino, poi iniziò a piagnucolare, infine a piangere:
“Voglio il nonno! Voglio a casa!”
Cristina guidava calma, alzando la musica per coprire i pianti. Guidò per ore, allontanandosi nella campagna, su strade dissestate, lontano dalla città. Alla fine, si fermò davanti al cancello arrugginito di un cimitero abbandonato. Alberi secolari proiettavano ombre sinistre sulle tombe invase dallerba.
Trascinò fuori la bambina in lacrime. Lodore di foglie marce riempiva laria.
“Siamo arrivate,” disse Cristina. “Questa è la tua nuova casa. Il nonno non ti troverà. Addio.”
Sofia, terrorizzata, corse verso la macchina, ma Cristina la respinse con forza. La bambina cadde, urlò. Per farla tacere, Cristina le diede uno schiaffo. Sofia si bloccò, fissandola con occhi pieni di terrore. Cristina ripartì, senza voltarsi. Nello specchietto, per un attimo, vide la piccola figura agitare la manopoi una curva. E silenzio. Premette lacceleratore.
Per Valentina, il sabato era sacro. Ogni settimana visitava il cimitero. Vestita semplicemente, con un foulard in testa, attraversava il paese evitando gli sguardi. Non vole