Voglio fare il test – se davvero Daria è mia figlia, la prenderò con me.

L’aria era densa di tensione quando Michele fissò la ex amante con occhi carichi di risentimento.

“Voglio fare il test del DNA. Se Daria è davvero mia figlia, la porterò via con me.”

“Prendila pure adesso, se vuoi! È solo un peso che mi trascino addosso da sfamare, da vestire, mentre io non mi permetto neanche un attimo di svago. Questa è la vita… Dammi dei soldi, Michele, dai.”

Rita si stava preparando per il lavoro. Con gesti rapidi preparò dei panini per il marito, li avvolse nella stagnola e li posò sul tavolo.

Michele lavorava in un’autocarrozzeria e, non avendo una pausa pranzo, era costretto a portarsi sempre qualcosa da mangiare.

Rita invece lavorava come cuoca in una trattoria, un po’ più lontano da casa, e per questo doveva alzarsi un’ora prima del marito.

Fuori stava piovigginando, e Rita prese l’ombrello che era posato nel corridoio. L’ombrello le scivolò di mano e cadde rumorosamente a terra. Rita rimase immobile, poi sbirciò nella camera da letto il marito non si era svegliato.

Sorrise tra sé e sé.

“Che distrazione!” sussurrò, e scivolò via dalla porta con delicatezza.

Il pullman arrivò incredibilmente in fretta. Rita si sedette vicino al finestrino e si perse a guardare la città, i pensieri che le affollavano la mente.

Non era più una ragazzina, si avvicinava ai trent’anni, era felicemente sposata… Nonostante vivessero modestamente, le sembrava che la loro fosse una famiglia unita.

Ma c’era una cosa che la tormentava: non riuscivano ad avere figli.

Tre lunghi anni di matrimonio, esami, visite mediche eppure i dottori alzavano solo le spalle, dicendole che tutto era a posto.

Il pullman si fermò. Rita pagò il biglietto e scese. Doveva solo attraversare il parco per raggiungere la trattoria.

Dopo pochi passi, si fermò di colpo: su una panchina bagnata sedeva una bambina che piangeva. Indossava solo un giubbetto leggero e rabbrividiva dal freddo, le lacrime che si mescolavano alla pioggia sul suo viso.

Rita si avvicinò con cautela.

“Ciao, piccola. Perché sei qui da sola?”

“La mamma mi ha cacciata…” singhiozzò la bambina.

“Cacciata?” Rita non riusciva a crederci. Chi avrebbe mai cacciato una bambina sotto la pioggia?

“Stava dormendo, io avevo fame. L’ho svegliata e… si è arrabbiata tantissimo. E ora sono qui.”

“Come ti chiami?”

“Daria.”

Rita sospirò. “E adesso, Daria, cosa faccio con te?” Guardò l’orologio. “Vieni, dimmi dove abiti. È lontano?”

“No, è qui vicino.” La bambina indicò vagamente una direzione.

Camminarono per cinque minuti, fino a raggiungere un appartamento. Rita suonò il cellulare, ma nessuno rispondeva.

Finalmente la porta si aprì, rivelando una donna dai capelli arruffati, il viso segnato, il vestito sporco. Guardò Rita con aria confusa, poi fissò Daria e si fece da parte senza una parola.

“Entrate.”

Rita varcò la soglia. L’odore nell’appartamento era nauseabondo. Il pavimento era coperto di stracci, la polvere accumulata sui mobili indicava che nessuno puliva da mesi.

Poi, su una mensola, Rita notò una fotografia.

Gli occhi le si spularono dallo stupore.

L’aveva già vista nell’album di Michele, ma quella che avevano a casa era tagliata male, con solo lui nella foto.

Qui, invece, Michele era ritratto accanto a una donna giovane e bella la stessa che ora le stava davanti, trasandata e spenta.

Rita la fissò, incredula.

“E allora, che vuoi?” sbottò la donna.

“Come e allora? Vostra figlia era fuori al parco, a piangere sotto la pioggia! Non vi importa nulla?”

“Ma chi sei tu per giudicarmi? Occupati dei tuoi figli! La mia bambina non è affar tuo!” Si voltò verso Daria. “Dove sei stata?”

La bambina scivolò via in un’altra stanza, sbattendo la porta. Rita capì che non c’era nulla da fare, si girò e se ne andò.

Per tutto il giorno non fece che pensare a Daria, alla foto, a quella donna sciatta che aveva un legame con suo marito.

Quella sera, porgendo la foto a Michele, gli chiese:

“Amore, chi è questa donna accanto a te?”

“Te ne ho già parlato. Era Elena, stavamo insieme da anni, volevamo sposarci… Poi lei incontrò un altro e mi lasciò.”

“Perché hai tagliato la foto?”

“Non riuscivo a perdonarle quello che fece. Quando ci lasciammo, era incinta… ma mi disse che non avrebbe tenuto il bambino. Io me ne andai dalla città, ti conobbi… Poi tornammo qui insieme. Non ho mai nascosto nulla. Ma perché mi chiedi questo?”

Rita raccontò tutto: la bambina, la madre, l’appartamento squallido.

Michele ascoltò in silenzio, poi chiese: “Quanti anni ha Daria?”

Quando Rita rispose, lui rimase immobile.

“Potrebbe essere mia figlia…”

“Dove vivono?”

Rita glielo disse e andò a letto, esausta. Si addormentò a fatica, ma all’una mattina si svegliò e vide la luce accesa in cucina.

Scivolò fuori dal letto e sbirciò dalla porta. Michele era seduto al tavolo, immerso nei suoi pensieri.

Il giorno dopo, Michele chiamò alla porta della sua ex.

Fu Daria ad aprirgli. La bambina lo fissò con occhi curiosi mentre lui le sorrideva.

“Ciao! Sei Daria? Dov’è tua mamma?”

La bambina corse dentro, gridando: “Mamma, c’è qualcuno per te!”

Elena apparve, ancora più sciatta del giorno prima.

Michele la scrutò, incapace di riconoscere in quella donna la ragazza che aveva amato.

“Tu?” fece lei, alzando le sopracciglia. “Che ci fai qui?”

Michele entrò senza aspettare un invito, respirando a fatica l’aria viziata.

“Elena, voglio la verità. Daria, per l’età che ha… potrebbe essere mia figlia. È così?”

La donna cadde pesantemente su una sedia, poi lo fissò.

“Prendila, se vuoi. Ma prima dammi dei soldi. Non mi hai mai dato un centesimo per lei, eppure l’ho cresciuta io. Almeno un centinaio d’euro, dai.”

“Perché mi hai mentito? Avevi detto che non l’avresti tenuta.”

“Lo volevo, ma Valentino… disse che sarebbe stato suo padre. Poi mi lasciò quando Daria aveva tre mesi. Non voleva crescere il figlio di un altro. Cercai di tornare da te… ma te ne eri già andato.”

Michele si avvicinò a Daria, che lo guardava con occhi grandi.

“Sei mio papà?”

“Sì, Daria. Sono tuo padre. E voglio portarti a casa con me. Ti va?”

La bambina lanciò un’occhiata incerta a sua madre, poi domandò piano:

“Non mi farai del male, vero?”

Michele deglutì a fatica.

“No, Daria. Mai.”

La bambina annuì. “Allora sì.”

Michele le accarezzò i capelli e uscì. Sulle scale, Elena lo raggiunse.

“Aspetta… i soldi?”

Lui le allungò delle banconote,

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