Vuole vedere la sua pronipote, ma non posso perdonare il suo tradimento.

Mi chiamo Fiammetta, e ho una storia che mi perseguita da anni. Forse raccontarla mi aiuterà a liberarmi di questo peso.

La mia famiglia non è mai stata un modello di armonia. Vivevamo a Brescia, e fin da piccola respiravo un’aria greve di rancori, pettegolezzi, alcol e umiliazioni. Mia madre ha una sorella, Valeria, con un figlio, mio cugino Sandro, sposato con una donna non proprio fedele, per usare un eufemismo. Tradimenti continui, litigate da far tremare i vetri, un divorzio breve perché poi tornavano insieme, come in una danza tossica. Ebbero due bambini, ma l’amore non cresceva. E zia Valeria? Beveva troppo, non teneva un lavoro, tra sbornie e licenziamenti. Alla fine, tutta la famiglia alzò le spalle e smise di occuparsene.

Un giorno, la moglie di Sandro ebbe gravi problemi ai reni. Io e mia madre andammo a trovare la nonna, Antonietta. Lei ci raccontò della malattia di quella donna, e mia madre commentò secca: «Dovrebbe usare la testa, non solo quello che ha tra le gambe». Avremmo potuto dimenticarcene, ma la nonna, senza filtri, ripeté tutto parola per parole alla malcapitata. E allora scoppiò l’inferno.

Uno scandalo da far accorrere i vicini. Zia Valeria, ubriaca fradicia, aggredì mia madre, difendendo sua nuora come fosse figlia sua. Non replicammo, ci allontanammo in silenzio. Ma il colpo più doloroso arrivò dopo: la nonna si schierò con Valeria e la sua famiglia. Smise di chiamarci, di invitarci. Per lei, non esistevamo più. Se mia madre tentò di restare in contatto, io no. In quel momento decisi: non volevo più avere a che fare con quella famiglia di alcolizzati, né con chi poteva cancellarci così facilmente dalla propria vita.

Sono passati otto anni. La nonna ha quasi ottant’anni. Recentemente ha chiamato mia madre, piangendo, chiedendo perdono. Lei, ovviamente, ha perdonato: è sua madre, ha sempre avuto un cuore tenero. Io… io non posso.

Ora ho una bambina piccola, la mia luce, il mio sole. Mia madre ne ha parlato alla nonna, che, con la voce tremante, ha implorato almeno una foto. Dice di sognare di conoscere la sua pronipote, di pregare ogni notte Dio per avere questa possibilità. Ma io ho detto di no. Categoricamente.

Non per vendetta, no. Ma perché dentro di me c’è ancora quel dolore. Perché ricordo il tradimento, mia madre che piangeva senza capire cosa avesse fatto di male. Perché la nonna mi ha insegnato che la famiglia non è sempre amore, a volte è una scelta. E lei non ha scelto noi.

Non so se ho ragione. Mia madre mi dice: «Non serbare rancore, Fiamma, è anziana, stanca, vuole solo andarsene in pace». Ma dentro di me tutto si ribella. Non so se ci sarà un’altra occasione, se domani sarà troppo tardi, ma io non sono pronta.

Ditemi… voi perdonereste?

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Vuole vedere la sua pronipote, ma non posso perdonare il suo tradimento.