Zio P, o la vita continua…

**Zio Pino, o La vita continua…**

Marco sedeva al tavolo della cucina, fissando il muro davanti a sé con aria assente. Niente di interessante, né risposte alle sue domande. Sospirò e guardò con disgusto il tè freddo nel bicchiere, ormai diluito fino all’ultimo. Non aveva più bustine, né soldi per comprarle. Si alzò, vuotò il bicchiere nel lavandino, lo sciacquò, lo riempì di acqua tiepida dalla teiera e bevve.

Come era finito lì? Una volta aveva tutto: un lavoro, una casa, una moglie, una figlia… E ora non gli rimaneva nulla.

***

Marco aveva quindici anni quando sua madre portò a casa un uomo. Lo teneva stretto a sé, aggrappata al suo braccio.

— Questo è zio Pino. Vivrà con noi. Ci siamo sposati — disse con imbarazzo, giocherellando con il colletto del suo vestito di seta stampato.

Zio Pino sembrava molto più vecchio di lei, più basso e magrissimo. Osservava il ragazzo imbronciato con calma.

Marco non era un bambino, aveva intuito che sua madre avesse qualcuno. Spesso usciva la sera, mentendo dicendo che andava da un’amica. Tornava con uno sguardo felice e distratto, un sorriso colpevole e il rossetto svanito. A Marco piaceva essere lasciato a se stesso.

Tutti dicevano che sua madre era bella e giovane. Gli faceva piacere sentirlo, anche se lui non la vedeva così. Era sua madre, né più né meno delle altre. Ma giovane? Per lui, chiunque avesse più di trent’anni era vecchio.

Di suo padre non sapeva nulla. Sua madre non amava parlarne. E ora aveva portato a casa zio Pino. Non stavano bene da soli? Marco si girò e andò in camera sua.

— Marco! — lo chiamò sua madre con voce spezzata.
Lui sbatté la porta.

— Piccolo, è una brava persona, affidabile, con lui vivremo meglio. Non essere geloso, per me sarai sempre la cosa più importante — gli disse più tardi, entrando nella sua stanza. — Ora friggo delle patate e ceniamo. E cerca di comportarti bene con lui.

Sua madre svolazzava intorno a zio Pino, le guance accese, lo sguardo annebbiato. Marco era divorato dalla gelosia. Sentendosi in colpa, sua madre cominciò a dargli più soldi per le spese. Lo stava comprando.

— Non essere arrabbiato con tua madre. È una brava donna. Sei già grande. Fra qualche anno avrai una famiglia tua, pensi che sia facile per lei stare sola? Ecco. Io non la farò soffrire — cercò di parlargli zio Pino.

Marco rimase in silenzio, anche se sapeva che aveva ragione. Doveva rendergli merito: zio Pino non gli chiedeva mai dei voti a scuola, né cosa volesse fare da grande.

Finite le superiori, Marco annunciò che non avrebbe studiato, ma sarebbe andato all’esercito, sentendosi di troppo.

— Giusto. L’esercito ti insegna la vita. Ti rispetto. Potrai studiare dopo, all’università telematica. L’istruzione è importante. Servi la patria, lì capirai cosa fare — disse zio Pino, interrompendo i pianti di sua madre.

Un anno dopo, Marco tornò a casa, diventato un uomo. Sua madre lo abbracciò senza sosta, preparò una cena festosa, come si deve. Per la prima volta, Marco lasciò che zio Pino lo abbracciasse. Bevvero insieme, e lui, non abituato, si ubriacò subito.

— Che pensi di fare? — chiese zio Pino. — Ormai è tardiMarco sorrise guardando il tramonto dalla finestra, sapendo che, nonostante tutto, la vita aveva ancora tanto da offrirgli.

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