Zio Pasha, la vita va avanti…

Zio Paolo, o La vita continua…

Alessandro sedeva al tavolo della cucina, fissando senza vedere il muro di fronte a sé. Niente di interesse, né risposte alle sue domande. Sospirò e guardò con disgusto il tè mezzo bevuto nella tazza, ormai diluito fino all’ultimo. Non c’era più nulla da prepararne, né soldi per comprarlo. Si alzò, versa il liquido nel lavandino, sciacquò la tazza, la riempì di acqua tiepida dal bollitore e bevue.

Come era finito lì? Aveva avuto tutto: lavoro, casa, moglie, figlia… e ora non c’era più nulla.

***

Alessandro aveva quindici anni quando sua madre portò a casa un uomo. Lo teneva stretto a sé, aggrappata al suo braccio.

“Questo è zio Paolo. Vivrà con noi. Ci siamo sposati,” disse con imbarazzo, mentre giocherellava con il colletto del suo vestito di seta colorato.

Zio Paolo sembrava molto più anziano di sua madre, più basso e magrissimo. Osservava il ragazzo imbronciato con calma.

Alessandro non era un bambino, aveva inteso che sua madre avrebbe qualcuno. Spesso usciva la sera, mentendo dicendo che andava da un’amica. Tornava con uno sguardo assente e felice, un mezzo sorriso colpevole e il rossetto svanito. Ad Alessandro piaceva anche essere lasciato a se stesso.

Tutti dicevano che sua madre era bella e giovane. Lo sentiva con piacere, anche se per lui era solo sua madre. Ma forse giovane? Chi di più di trent’anni gli sembrava vecchio.

Suo padre non lo conosceva. Sua madre non amava parlarne. E ora aveva portato in casa zio Paolo. Stavano così male, solo due? Si voltò e andò nella sua stanza.

“Alessandro!” lo chiamò sua madre con voce rotta.
Sbatté la porta.

“Figlio mio, è una brava persona, affidabile, sarà più facile vivere con lui. Non essere geloso, per me resterai sempre il più importante,” gli disse più tardi, entrando nella sua stanza. “Preparerò le patate fritte e ceneremo. E cerca di comportarti bene con lui.”

Sua madre svolazzava intorno a zio Paolo, le guance arrossate, lo sguardo annebbiato. Alessandro era geloso. Sentendosi in colpa, sua madre gli offriva più soldi per le spese. Lo comprava.

“Non essere arrabbiato con tua madre. È una brava donna. Sei grande ormai. Tra qualche anno avrai la tua famiglia, pensi che sia facile per lei stare sola? Ecco. Io non la ferirò,” cercò di parlargli zio Paolo.

Alessandro rimase in silenzio, anche se sapeva che aveva ragione. Bisognava dargli atto: zio Paolo non gli chiese mai dei voti a scuola, né cosa volesse fare da grande.

Finita la scuola, Alessandro annunciò che non si sarebbe iscritto all’università, ma sarebbe andato all’esercito. Sentendosi di troppo.

“Giusto. L’esercito è una buona scuola di vita. Ti rispetto. Poi potrai studiare, a distanza. L’istruzione serve. Quando tornerai, saprai cosa fare,” disse zio Paolo, interrompendo le proteste di sua madre.

Dopo un anno, Alessandro tornò a casa più maturo. Sua madre lo abbracciò senza fine, preparò una cena festosa, come si conveniva. Per la prima volta, Alessandro permise anche a zio Paolo di abbracciarlo. Bevve con lui, ubriacandosi velocemente.

“Cosa vuoi fare ora?” chiese zio Paolo. “L’università è iniziata, è tardi. Cosa sai fare?”

“Lascialo riposare,” intervenne sua madre, accarezzandogli il braccio.

Alessandro raccontò di aver preso la patente militare, sapeva guidare quasi tutto e anche riparare le macchine.

“Bene. Un mio amico ha un’officina, ti prenderà. Lo stipendio è buono, ma lavorerai duro,” disse zio Paolo.

“Ci vado.”

Un mese dopo, con il primo stipendio, annunciò che voleva affittare un appartamento e vivere da solo.

“Non te lo permetto!” si infuriò sua madre. “Chi ti cucinerà? Ti porterai donne in casa…”

“Non urlare, Lidia. Non eri giovane anche tu?” la fermò zio Paolo. “Ha ragione. Non può portare ragazze qui. Ma non affittare.” Uscì e tornò con delle chiavi. “Vivi nel mio appartamento. Piccolo, in quartiere, ma per te basta. L’ho avuto dopo il divorzio. Ci sono ancora degli inquilini, ma li farò andare via.”

“Con le donne, stai attento. Non farti fregare. E non svuotare troppe bottiglie,” lo insegnò zio Paolo.

Dopo i consigli, Alessandro cominciò la sua vita da solo. Sua madre andava a trovarlo, portando minestra e polpette, finché non conobbe una ragazza, poi smise. Con Silvia visse quasi due anni. Alessandro intanto studiò ingegneria meccanica all’università telematica.

Non ricordava perché litigarono, ma si lasciarono senza rancore. Poi ci furono altre ragazze, fino a quando non incontrò Caterina, una bella rossa che faceva voltare le teste. Alessandro era geloso, lei rideva e lo provocava.

Mancava un anno alla laurea. Temendo di perderla, le propose matrimonio. Accettò. Subito dopo le nozze, Caterina disse di essere incinta. Silvia si proteggeva, Alessandro pensava lo facesse anche Caterina, e si stupì.

Sua madre dubitò che il bambino fosse suo. Lui ignorò il sospetto. Prendeva un’altra preoccupazione: per due andava bene un monolocale, ma con un bambino sarebbe stato stretto. Parlò con zio Paolo, che accettò di vendere l’appartamento e lo acquistò un bilocale.

Quando nacque Ginevra, sua madre sussurrò che la bimba non assomigliava ad Alessandro. Lui non diede peso. Poi, tornando dal lavoro, vide Caterina con un uomo dai capelli neri. Quando lo vide, si confuse. Alessandro ricordò i dubbi di sua madre ma tacque. Poi incontrò di nuovo quell’uomo.

“Ehi,” lo chiamò.

“Cosa vuoi?” chiese l’uomo con un leggero accento.

“Stai lontano da Caterina e dalla bambina. Se ti rivedo qui, ti spezzo le gambe.” Alessandro era più grosso e minaccioso.

L’uomo se ne andò. Caterina friggeva polpette, la bimba giocava per terra. Tutto normale. Forse si sbagliava. Poi Caterina confessò: non poteva dimenticare il vero padre di Ginevra. Era tornato, voleva che divorassero.

“Vattene,” disse Alessandro.

Guardò dalla finestra mentre Caterina e Ginevra salivano sull’auto dell’uomo. Non ci credeva. Poi cominciò a bere. Fu dismesso.

Un ex compagno di scuola gli offrì lavoro in un negozio di ricambi. Poco dopo sparirono soldi dalla caccia. L’amico lo accusò. Per evitare la denuncia, Alessandro vendette l’appartamento.

Affittò un monolocale in periferia. Senza moglie, casa e lavoro. La sua vita andava a rotoli. La padrona di casa lo minacciò di sfrattarlo per l’affitto non pagato. Sua madre era morta di cancro. E zio Paolo l’aveva dimenticato.

***

Un piccolo si posò sul davanzale, guardandolo con occhi curiosi.

“Mi dispiace, amico, non ho neanche una briciola,” disse Alessandro, avvicinandosi alla finestra.

Fuori splendeva il sole, l’erba verdeggiava, i bambini giocavano. Si stupì di quanto tempo fosse rimasto chiuso in casa.E proprio mentre la disperazione sembrava averlo avvolto per sempre, una nuova luce si accese nel suo cuore, perché finalmente aveva capito che, nonostante tutto, la vita gli stava offrendo una seconda possibilità.

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