«Nonna, mamma ha detto che dobbiamo portarti in una casa di riposo». Avevo origliato la conversazione dei miei genitori — un bambino non può inventarsi queste cose.
Anna Serafina camminava per le strade di una piccola città vicino a Bologna per andare a prendere la nipotina a scuola. Il suo viso brillava di gioia e i suoi tacchi risuonavano sull’asfalto, come ai tempi lontani della sua gioventù, quando la vita sembrava un’infinita melodia. Oggi era un giorno speciale — finalmente era diventata proprietaria della sua casa. Era un luminoso e spazioso monolocale in un edificio nuovo, di cui aveva sognato per tanti anni. Quasi due anni aveva messo da parte i soldi, risparmiando ogni euro. La vendita della vecchia casa in campagna aveva coperto solo metà della somma, il resto l’aveva aggiunto sua figlia, Nina, ma Anna Serafina aveva promesso di restituirle il debito. A lei, vedova settantenne, bastava metà della pensione, mentre ai giovani — sua figlia e suo genero — quei soldi servivano di più, visto che avevano tutta la vita davanti.
Nella sala d’ingresso della scuola l’aspettava la nipotina, Caterina, una seconda elementare con i capelli intrecciati. La bambina corse dalla nonna, e insieme si avviarono verso casa, chiacchierando di cose da poco. Gli otto anni di Caterina erano la luce nella vita di Anna Serafina, il suo tesoro più grande. Nina l’aveva avuta tardi, quasi a quarant’anni, e proprio allora aveva chiesto aiuto a sua madre. Anna Serafina non voleva lasciare la casa di campagna, dove ogni angolo conservava il ricordo del passato, ma per sua figlia e sua nipote aveva sacrificato tutto. Si era trasferita più vicino, assumendosi le responsabilità per Caterina — andava a prenderla a scuola, la teneva fino a sera, finché i genitori non tornavano dal lavoro, e poi andava nel suo piccolo e accogliente appartamento. L’immobile era intestato a Nina — giusto per sicurezza, poiché gli anziani possono essere facilmente ingannati e la vita è imprevedibile. Anna Serafina non aveva obiezioni: pensava fosse una formalità.
— Nonna, — interruppe improvvisamente i suoi pensieri Caterina, guardandola con occhi grandi, — mamma ha detto che dobbiamo portarti in una casa di riposo.
Anna Serafina si fermò, come se fosse stata spruzzata con acqua ghiacciata.
— In quale casa, tesoro? — le chiese, sentendo il gelo penetrare fino alle ossa.
— Beh, in quel posto dove vivono le vecchie nonne e i nonni. Mamma ha detto a papà che lì starai bene, non ti annoierai, — disse Caterina sottovoce, ma ogni parola colpiva come un martello.
— Ma io non voglio andarci! Preferirei andare in una spa, rilassarmi, — rispose Anna Serafina, la sua voce tremava e nella sua testa c’era un turbine. Non poteva credere alle sue orecchie.
— Nonna, non dirlo a mamma che te l’ho detto, — sussurrò Caterina, stringendosi a lei. — Ho sentito tutto mentre parlavano di notte. Mamma ha detto di aver già organizzato con una signora, ma ti porteranno solo quando sarò un po’ più grande.
— Non lo dirò, mia cara, — promise Anna Serafina, aprendo la porta dell’appartamento. La sua voce tremava, le gambe si piegavano. — Mi sento strana, la testa gira. Mi sdraierò un po’, mentre tu cambiati, va bene?
Si lasciò cadere sul divano, sentendo il cuore martellare nel petto e il mondo scivolare davanti ai suoi occhi. Quelle parole, dette con voce infantile, avevano fatto a pezzi il suo mondo. Era la verità — una verità spaventosa e crudele che un bambino non poteva inventare. Tre mesi dopo Anna Serafina raccolse le sue cose e tornò in campagna. Ora affitta lì una casa, risparmiando per un nuovo piccolo rifugio, per trovare un minimo di sicurezza. La sostengono le vecchie amiche e parenti lontani, ma dentro di lei c’è un vuoto e un dolore.
Alcuni la giudicano, sussurrando alle sue spalle: «È colpa sua, doveva parlarne con la figlia, chiarire tutto». Ma Anna Serafina sa la sua.
— Un bambino non si inventa certe cose, — dice con fermezza nella voce, guardando nel vuoto. — Il comportamento di Nina parla da solo. Non mi ha nemmeno chiamato per chiedermi perché me ne sono andata.
A quanto pare, la figlia ha capito tutto, ma tace. E Anna Serafina aspetta. Aspetta una telefonata, una spiegazione, anche una parola, ma non compone il numero — orgoglio e risentimento la legano come catene. Non si sente in colpa, ma il cuore si spezza per quel silenzio, per il tradimento proveniente dai più vicini. E ogni giorno si chiede: è davvero tutto ciò che resta del suo amore e dei suoi sacrifici? È il suo vecchio destino condannato alla solitudine e al dimenticatoio?