«Mamma, non chiamarmi ogni giorno» — parole che mi hanno spezzato il cuore

— Mamma, ma davvero devi chiamarmi ogni giorno? Cosa potrei mai dirti di nuovo in ventiquattr’ore? — mi rispose mio figlio con una voce così fredda che mi sembrò di essere colpita al petto. Mio figlio, l’unico, il mio adorato.

Quelle parole mi trafissero come un pugnale. Ero in giro con la mia amica Beatrice, come facciamo spesso, a chiacchierare dei soliti problemi di noi donne sulla sessantina: acciacchi, ricordi, marmellate fatte in casa. A un certo punto, il suo telefono squillò. Si allontanò, parlò per una decina di minuti e tornò raggiante.

— Era mia nuora, figurati! Il nipotino ha messo il primo dentino! L’ha visto mentre gli dava la pappa. La sorellina lo fece più tardi, ma lui è stato più veloce, ci pensi? Eravamo in pensiero! Dopo la passeggiata passo in pasticceria, prendo una tortina e vado da loro per festeggiare. Mi ha invitata lei!

— E avete parlato tutto questo tempo solo del dentino? — chiesi con una punta d’invidia.

— Macché! Di tutto un po’: parenti, lavoro, sciocchezze. Con mia nuora ci sentiamo quasi ogni giorno, e anche con mio figlio trova sempre un minuto. Con lei poi finiamo a parlare di qualsiasi cosa, partiamo da una ricetta e finiamo a discutere del meteo! A volte non ricordo neanche da dove siamo partite. Siamo come madre e figlia.

Io, invece, no. Io non ho questo.

Mio figlio vive con la sua famiglia nell’appartamento che gli ho lasciato quando mi sono trasferita in campagna dopo la morte di mio marito. Lui lavora, sua moglie è a casa con la bambina. Con mia nuora non ci sono mai stati litigi, tutto sempre educato e distante. Ma quando provo ad avvicinarmi, mi trovo davanti un muro di ghiaccio.

— Mamma, tutto come al solito. Lavoro, mangio, dormo. Mia moglie sta bene, la bimba pure. A cosa serve chiamare ogni giorno? — questa è la nostra conversazione tipo.

Non li tempesto di chiamate, non mi intrometto. Vorrei solo sapere come stanno, come cresce la nipotina, se hanno bisogno di qualcosa. Ma se chiamo, mio figlio mi risponde seccato o, peggio, non risponde affatto. Se capita di parlare con mia nuora, è un monotono «sì», «no», «tutto bene». Niente calore, niente vita.

Cammino con Beatrice, che si ferma in pasticceria a comprare un dolcetto per andare a trovare la nuora. Hanno qualcosa da festeggiare. Io invece ho solo silenzio. Non ho neanche saputo quando è spuntato il primo dentino alla mia nipotina. L’ho scoperto dopo, per caso, da altri. Non me l’hanno detto. Non mi hanno invitata. I miei accenni per una visita vengono ignorati, come se non li sentissero. O fingessero di non capire.

Una volta ho provato a fare la mossa audace. Ho preparato una crostata, indossato il mio vestito più carino e sono andata senza avvisare. Mia nuora mi ha aperto la porta con un’aria spaesata. Abbiamo mangiato la torta, sì, ma l’atmosfera era tesa, come se fossi un’estranea capitata per sbaglio. Poi mio figlio mi ha presa da parte e, quasi imbarazzato, mi ha detto:

— Mamma, per favore, la prossima volta avvisaci prima di venire.

Avvisare? Per entrare in quella che era casa mia? Da mio figlio? Da mia nipote? Dalla famiglia per cui ho fatto sacrifici tutta la vita? Ho rinunciato a tutto per lui, e ora sono un’intrusa. Un peso.

Per due mesi ho cercato di organizzare un incontro con la nipotina. Sempre una scusa: «siamo influenzati», «non è il momento», «non c’è tempo». Poi ho scoperto che i genitori di mia nuora vivono all’estero e non parlano mai con la bambina neppure in videochiamata. Ma lei non sembra soffrirne. Non è il tipo. E mio figlio? È diventato come lei. Distante.

— Mamma, ti lamenti sempre. Niente ti va bene. Con le tue chiamate mi rovini la giornata. Hai le tue amiche, parlaci tu con loro. Dopo averti sentito, non riesco nemmeno a concentrarmi. E poi, cosa vuoi che ci diciamo ogni giorno? — una volta me lo ha detto così, senza peli sulla lingua. Senza vergogna. Senza pietà.

E ora eccomi qui, seduta da sola nella mia silenziosa casa di campagna. Niente telefonate, niente visite, niente torte da condividere. So che se un giorno mi capitasse qualcosa, lui non lo verrebbe a sapere. A meno che qualcuno dei miei conoscenti non gli telefonasse. La mia amica vive nella quotidianità dei figli e dei nipoti, io invece vivo nei ricordi di quando avevo un figlio che mi chiamava «mamma» con affetto… e ora mi chiede solo di non chiamare più.

E così, vivo. In silenzio. Con il cuore stretto.

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