Nella terza età, mio figlio ha smesso di parlarmi. È tornato con quella donna che già una volta gli aveva spezzato il cuore.
Ogni madre sogna solo il meglio per il proprio figlio: una persona amata al suo fianco, un lavoro che lo realizzi, una vita senza dolore e delusioni. Ma, come spesso accade, i figli non ci ascoltano, commettono gli stessi errori, inciampano negli stessi sassi. Così è successo con il mio primogenito. Dopo il divorzio, sembrava aver capito tutto. E poi… un altro passo verso lo stesso baratro.
Quando tornò giovane dagli studi, conobbe una ragazza di nome Chiara. Il nostro paesino in Toscana mi fece arrivare in fretta le voci: aveva una cattiva reputazione, molti ragazzi, litigi continui coi genitori. Ma decisi di darle una possibilità. Dopotutto, sono sua madre. Conoscerla avrebbe significato capire chi si era preso il cuore del mio ragazzo.
Lucidai la casa fino a farla brillare, preparai un piatto di pasta al forno, apparecchiai la tavola. E lei arrivò… masticando chewing gum, con uno sguardo sfacciato e un atteggiamento provocatorio. Né un “buongiorno”, né rispetto nelle parole. Mi lasciò l’impressione di una persona a cui non importava nulla degli altri.
Molti allora mi chiesero: “Maria, non vedi in che situazione si sta cacciando?” Lo vedevo. Certo che lo vedevo. Ma Luca era accecato. Dopo un mese, già presentarono domanda in Comune. I genitori di Chiara pagarono tutto. Io tacqui. Speravo che l’amore la cambiasse in meglio.
Ma il miracolo non avvenne. Chiara non cucinava, non puliva, ordinava sempre cibo a domicilio, e quando mio figlio tornava stanco dal lavoro, lei gli faceva scenate. Lui correva da me, piangeva, beveva un caffè e poi tornava da lei. Fino a quando non si lasciarono. In silenzio. Senza drammi. Dopo sei mesi.
Lo vidi soffrire. Si chiuse in se stesso. Evitava ogni discorso. E io, ancora una volta da madre, provai ad aiutarlo. Gli presentai la figlia di una mia vecchia amica. Intelligente, dolce, pacata. Non una bellezza, ma con un cuore d’oro. Iniziarono a uscire, ridevano, facevano progetti. Io già mi immaginavo a badare ai loro figli. Ma…
Chiara tornò.
Prima telefonò. Poi si presentò a casa. Poi Luca iniziò a sparire di nuovo. Un giorno andò da quella ragazza—quella che lo aveva aiutato a rimettersi in piedi—e le disse che erano “persone diverse”. Una settimana dopo, mi annunciò che si risposava. Con Chiara.
Non credevo alle mie orecchie. Gli chiesi: “Perché? Lo hai già vissuto! Sai come finisce.” Lui rimase in silenzio. E quando trovò il coraggio, mi chiamò e disse: “Mamma, non venire al matrimonio. So come la pensi su di lei. Non voglio rovinare la festa né a te né a me.”
Mi ha rifiutata. Me, sua madre, che passò le notti in bianco, che gli tenne la mano quando non aveva la forza di alzarsi dal letto. Per chi? Per colei che una volta lo distrusse. Per colei che nemmeno i suoi genitori riescono a giustificare.
Non ci sarei andata, lo so. Ma sentirglielo dire è stato come ricevere uno schiaffo.
Adesso spesso penso: avevo due figli. E ora ne ho uno. Anche se sono vivi entrambi. Solo che uno mi ha cancellata dalla sua vita. E per cosa? Perché sono stata sincera? Perché volevo proteggerlo dal dolore?
Dicono che un genitore non debba mai rinunciare a un figlio, qualunque cosa succeda. Ma cosa fare quando è tuo figlio a cancellarti, a ignorarti, a respingerti? Quando le tue parole, la tua cura, diventano un peso di cui vuole liberarsi?
Non lo maledico. Non sono arrabbiata. Sono solo stanca. Stanca di aspettare che apra gli occhi. Stanca di sperare che un giorno mi dica: “Mamma, avevi ragione.” Non aspetto più. Il mio figlio minore è qui vicino. Mi aiuta, mi chiama, viene a trovarmi. Lui ha una famiglia, lui ha una coscienza.
E Luca? Ha solo Chiara.