Erano di nuovo seduti in quel piccolo caffè all’angolo del vecchio quartiere—Giulia e Lorenzo.
Lei, una donna slanciata ed elegante, con ciocche ribelli di capelli scuri che sfuggivano sempre alla forcina, come volessero ricordarle che era viva, reale.
Lui, un uomo robusto, con occhi stanchi ma caldi, e rughe delicate ai lati—quelle di chi ride con sincerità, senza trattenersi. I capelli alle tempie ormai brizzolati gli donavano un’aria distinta.
Erano lì uno di fronte all’altra, come se il tempo si fosse fermato. Lui mescolava con cura lo zucchero nel suo caffè, sapendo che ne voleva esattamente due cucchiaini. Lei, come sempre, arrotolava un tovagliolo di carta tra le dita, formando un cilindretto stretto.
Sembravano così naturali insieme, come se non si fossero mai lasciati. Ma io sapevo che dietro quei sguardi si nascondeva una vita intera fatta di scelte, dolore, incertezza e… amore.
“Giulia, raccontami come vi siete conosciuti,” chiesi una volta, senza resistere.
Lei guardò Lorenzo, come a chiedergli il permesso. Lui annuì.
“All’epoca lavoravo in banca,” iniziò lei, abbassando lo sguardo. “Era tutto nuovo, avevo paura… E lui…” sorrise.
“Io ero il capoufficio arrogante,” intervenne lui con un mezzo sorriso.
Giulia scosse la testa. “Era insopportabile. Tutte le ragazze in ufficio tacevano quando entrava. Abiti costosi, portamento, quello sguardo… Ma guardava solo me.”
“Con quel vestito blu e la fossetta sulla guancia,” aggiunse lui, dolcemente. “Ridevi in modo che tutta la stanza si illuminava.”
Giulia sorrise e sfiorò involontariamente la guancia.
“Poi… poi mi invitò a cena. Si ubriacò. E mi confessò che era sposato.”
Cadde il silenzio. Il ricordo pesava come un macigno. Lorenzo strinse la tazza. Giulia guardava lontano, nel passato.
“Decisi subito: niente futuro. Non volevo essere ‘l’altra’. Ma lui non mollò. Fiori, libri, viaggi… Grabbe a lui andai a teatro per la prima volta, all’opera… Vissi, davvero.”
“Perché non è andata avanti?” chiesi con cautela.
“Mi propose di lasciare sua moglie. Io dissi di no. Per paura. Temevo che se ne sarebbe pentito, che non sarei stata all’altezza, che la sua famiglia mi avrebbe respinta. Ebbi paura dell’amore.”
“Io non ero pronto a distruggere tutto. I figli, la routine… Ebbi paura della responsabilità,” aggiunse Lorenzo.
Giulia respirò profondamente.
“Poi incontrai un altro. Tutto accadde in fretta: la proposta, il matrimonio… Scappai. Senza nemmeno salutarlo.”
“Ti avrei chiesto di restare,” disse Lorenzo, quasi sussurrando. “Ma non allora. Capii troppo tardi.”
“Anni dopo ci incontrammo qui, per caso. Io ero in procinto di divorziare, e lui disse che era felice per me. Mentii, e lui lo capì.”
Lorenzo le sfiorò la mano.
“Alzi sempre le spalle quando menti,” sussurrò.
Tacquero. Occhi negli occhi. Lì c’era tutto: il vissuto, il non detto, il perduto.
“Ora siamo amici,” sorrise Giulia. “O quasi.”
“Sappiamo amarci. Alla nostra maniera. Senza pretese, senza promesse,” disse Lorenzo.
E io pensai: il miracolo non è incontrarsi, ma non perdere quel calore dentro, anche se le cose non vanno. Riuscire a tenere una persona nella propria vita, nonostante tutto.
Un miracolo ordinario. Ma forse, il più vero che ci sia.