*In una voce calda e colloquiale, come se stessi parlando a un’amica…*
Ah, senti questa storia…
**Tempesta in casa: Il dramma di Chiara**
Chiara aveva appena salutato suo marito che partiva per il lavoro e, sognando un attimo di pace, era tornata nella camera da letto del loro accogliente appartamento a Firenze. Ma prima ancora di sdraiarsi, qualcuno bussò alla porta con insistenza.
— Apri, svelta! — disse una voce secca dalla porta. Era Antonella, la suocera.
Chiara, già agitata da quel tono brusco, aprì. Sulla soglia c’era Antonella Rossi, gli occhi pieni di determinazione.
— Antonella, che succede? — chiese Chiara con cautela, sentendo il cuore stringersi per il presentimento.
— Dormivi ancora? Su, prepara la stanza! Mi trasferisco da voi! — annunziò la suocera, come se fosse una sfida.
— Cosa? Perché? — Chiara rimase immobile, incapace di capire.
Nella casa di Chiara e Marco regnava la gioia dell’attesa: Chiara era al quinto mese di gravidanza. Ma la felicità era offuscata da Antonella. Dal momento in cui aveva scoperto del nipote in arrivo, la suocera aveva quasi soffocato Chiara con la sua “premura”, una premura da cui lei avrebbe voluto scappare.
Antonella era sempre stata iperprotettiva con il figlio, ma con la nuora era opprimente. Ogni sua frase era un misto di complimenti e veleno.
— Ti guardo e mi preoccupo, — disse una volta, arrivando senza preavviso.
— Perché? — chiese Chiara, sorpresa.
— Ma ti sei vista allo specchio? Sei magra come uno stecco! Il bacino stretto… Come farai a partorire? Solo gli occhi hai di bello, quelli hanno conquistato Marco. Il resto… — lasciò la frase in sospeso.
Chiara rimase senza parole. Era un complimento? Un insulto? Non sapeva come reagire.
— Sarai stata malaticcia da piccola, — continuò Antonella. — Dove avevano la testa i tuoi genitori?
— Non sono mai stata malata! — sbottò Chiara. — I miei mi portavano al mare ogni estate!
— Ecco, appunto! Perché eri debole, altrimenti perché? — concluse Antonella, come se avesse chiuso la discussione.
Era la sua “cura” preferita: niente elogi senza una punta di veleno. L’unica eccezione? Suo figlio Marco e sua figlia Laura, che viveva in un’altra città. Per loro, Antonella aveva solo amore incondizionato.
Al settimo mese, Chiara non aveva paura del parto, ma della prossima visita della suocera. Voleva addirittura cancellare il suo compleanno pur di non vederla, ma Marco insistette:
— Voglio farti felice, Chiara. Una festa in famiglia è un momento bello!
Marco, abituato ai modi di sua madre, non si rendeva conto di quanto pesassero a Chiara quelle parole taglienti.
— Che ne dici di festeggiare a casa? — propose una settimana prima. — Al ristorante c’è troppa gente, e in gravidanza è meglio evitare rischi.
— Perché a casa? — rispose Chiara, senza entusiasmo.
— Tra poco partorirai, meglio non prendere virus, no?
— Va bene, — sospirò lei. — Ma niente preparativi complicati, non ho energie.
— Mamma verrà prima per aiutare! — annunciò Marco, felice.
Chiara si irrigidì, gli occhi le si fecero scuri.
— È stata Antonella a suggerirti di festeggiare qui?
— Ma che c’entra? L’ho deciso io! — si difese lui.
— Certo, come sempre! Niente si fa senza i suoi consigli!
— Chiara, mamma vuole solo il nostro bene!
— Basta! Festeggiamo a casa, ma ad aiutarmi sarà mia madre!
— I tuoi vivono fuori città, ci vuole un’ora, mentre mamma è qui a due passi!
— I miei verranno la sera prima e dormiranno qui!
— Perché tutta questa ostilità?
— Un’altra parola e chiedo ai miei di portare il cane! — sbottò Chiara.
— Lo so che odi i cani!
— Appunto! — Chiara sbatté la porta della camera.
La vigilia del compleanno, i genitori di Chiara, Elena e Paolo, arrivarono con regali, verdure dell’orto e vestitini per il bebè. Non erano superstiziosi, e compravano tutto in anticipo. Chiara e Marco avevano già una culla e un passeggino, ma lo tenevano nascosto ad Antonella.
— Mamma, per favore, non dire ad Antonella dei vestitini.
— Ancora con le sue superstizioni? — chiese Elena.
— Non mi lascia respirare. Da quando sono in maternità, tremo ogni volta che suona il campanello.
— E Marco?
— Lui sta sempre al lavoro. Ma la suocera…
— Non è giusto, — disse Elena, seria. — Domani parlerò io con lei.
— No, non farlo!
— Sono tua madre da trent’anni, non permetterò che ti tormenti!
La mattina del compleanno, i genitori erano già in cucina.
— Auguri, tesoro! — Paolo abbracciò Chiara per primo.
— La nostra bellissima, sii felice! — aggiunse Elena.
Chiara mostrò il regalo di Marco: un anello e i biglietti per una mostra che sognava di vedere.
— Sei fortunata con tuo marito! — sorrise Paolo. — Io non mi ricorderei mai che mostra piace a Elena.
— Mamma, ora mi lavo e ti aiuto, — disse Chiara.
— Io preparo la tavola, — si diede da fare Marco.
La festa fu interrotta dal citofono: era Antonella.
— Oh, i suoceri! Finalmente vi vedo! Da sei mesi non passate a trovare vostra figlia incinta. Ma che vi costa fare un salto?
Elena non ci stette:
— Noi, Antonella, non diamo fastidio ai giovani, a differenza di chi si presenta senza essere invitato. Ma almeno noi mandiamo soldi quando servono.
La suocera fece una smorfia ma tacque: Elena aveva toccato un nervo scoperto. La festa fu tesa, Chiara e Marco cercarono di evitare litigi.
Il mattino dopo, i genitori di Chiara partirono. Marco andò al lavoro, e lei voleva solo dormire… Ma il citofono suonò di nuovo.
— Apri! — ringhiò Antonella.
Chiara, preoccupata, la fece entrare.
— Buongiorno, Antonella. Che succede?
— Ancora a letto? Su, prepariamo la mia stanza! Mi trasferisco qui prima del parto!
Chiara si sentì gelare. Vivere con la suocera? Era un incubo.
— Antonella, non serve. Io e Marco ce la caviamo. Per favore, lasci tutto com’è. Dove vivresti? In salotto?
— Ma che dici! Comprate un divano e mettetelo nella cameretta. Io starò con il nipote, lo sveglierò io, lo cambierò, gli farò seguire una routine! Lo educherò come si deve!
Chiara sentì i capelli rizzarsi. La suocera già le rendeva la vita difficile, e ora questo?
— Io ho vissuto con Marco in un monolocale quando studiava! — continuò Antonella. — Lo accudivo, lo nutrivo, gli stiravo le camicie, lo aiutavo con la tesi! È merito mio se ora ha una bella vita!
Tremante, Chiara chiamò Marco, che tornò di corsa dal lavoro. Vedendo la madre, disse senza esitare:
— Mamma, torna a casa. Non serve che ti trasferisci qui. Basta, sono adulto.
Antonella scoppiò per l’offesa. Voleva solo aiutareAntonella tornò a casa in silenzio, ma nei suoi occhi rimase una promessa: questa non era la fine.