Visitatrice Inaspettata

Nell’accogliente borgo di San Vito, l’aroma del pane appena sfornato riempiva l’aria, mentre Rosanna De Luca lo tirava fuori dal forno a legna. Un bussare alla porta interruppe la quiete della cucina. Rosanna si asciugò le mani sul grembiule e corse ad aprire.

“Mamma, ti presento Sofia, la mia fidanzata,” annunciò suo figlio Matteo con un sorriso raggiante.

Rosanna osservò la ragazza e rimase senza parole, come colpita da un fulmine. Sofia era alta, quasi due metri, indossava una minigonna, tacchi altissimi, un trucco vistoso e stringeva una borsa enorme.

“Buongiorno,” borbottò Rosanna, cercando di nascondere lo shock. “Giovanni, vieni qui!” chiamò il marito. “Matteo ha portato la futura nuora, vieni a conoscerla!”

Giovanni, trascinando le ciabatte, apparve in una maglietta sgualcita. A vedere Sofia, restò a bocca aperta come se avesse visto un fantasma.

“Piacere,” bofonchiò, poi si riprese e scappò in camera a cambiarsi.

Rosanna lo guardò con espressione severa. Due giorni prima, Matteo aveva detto che sarebbe arrivato con qualcuno, e lei si era emozionata. A trent’anni suonati, era ora che si sistemasse. Si aspettava una ragazza modesta, forse con una treccia e un vestito semplice. Ma Sofia? Non se l’aspettava così. Tacchi a spillo, unghie colorate, quella borsa da cui spuntavano piume. Sfidava tutto ciò che Rosanna considerava normale.

“Entra, Sofia,” disse, mantenendo il controllo. “Giovanni, prendi la borsa, non stare lì impalato!”

Giovanni, ora in camicia pulita, raccolse i bagagli e accompagnò gli ospiti in casa. Rosanna, approfittando di un attimo, sussurrò al figlio:

“Matteo, ma chi hai portato? Che look è questo?”

“Mamma, non iniziare,” rise lui. “È così solo all’esterno. Dentro è oro, vedrai.”

Rosanna sbuffò e, segnandosi, mormorò:

“Mamma mia, che sorpresa.”

In casa iniziò il trambusto. Gli uomini bisbigliavano a tavola, mentre Sofia si sistemava nella stanza di Rosanna e Giovanni, tirando fuori stranezze dalla borsa. Rosanna la fissava sbalordita mentre estraeva cappelli piumati, costumi da bagno e stoffe luccicanti.

“Che cos’è questo?” chiese, sollevando con due dita qualcosa che sembrava un filo.

“Intimo,” rispose Sofia spensierata. “Lo vuoi? Ne ho altri.”

“No, grazie,” brontolò Rosanna, sentendo il sangue salirle alle guance. “E perché stai sparpagliando le tue cose nella nostra stanza?”

“La camera di Matteo è piccola e zio Giovanni ha detto che per voi va bene,” sorrise Sofia.

“Zio Giovanni, eh?” sbottò Rosanna lanciando un’occhiata al marito. “Capisco.”

Lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori.

“Ma sei impazzito? Hai dato via la nostra camera? Dormirai sul divano, ospitale che non sei!” sibilò.

In quel momento, dalla stalla arrivò il muggito della mucca.

“Oh, non ho ancora munto Stella!” esclamò Rosanna, correndo verso la stalla.

Sofia la seguì.

“Posso provare io?” chiese timida. “Non l’ho mai fatto.”

Rosanna la squadrò dai piedi alla testa.

“Con quei tacchi?” replicò sarcastica.

“Mi cambio subito!” Sofia sparì in casa e tornò in shorts e canottiera.

Rosanna sospirò.

“Va bene, andiamo. Ma mettiti almeno un foulard.”

“Posso usare il mio cappello?” cinguettò Sofia. “Ne ho uno bellissimo, con i fiori.”

“Foulard!” tagliò corto Rosanna. “Che idee…”

Nella stalla, le diede un secchio.

“Munghi così. Io vado a preparare la colazione.”

Passò mezz’ora senza che Sofia tornasse. Rosanna apparecchiò e, brontolando, andò a controllare. La scena la fece scoppiare a ridere. Sofia, col foulard di traverso, girava intorno alla mucca, guardandola da ogni lato e borbottando.

“Guarda che non riesco a trovarla!” si giustificò, mentre Rosanna, ridendo, le mostrava come fare.

Dopo colazione, Sofia decise di prendere il sole. Stese una coperta, indossò il costume e si sdraiò in cortile. Giovanni, che da giorni evitava il lavoro, afferrò la falce e cominciò a tagliare l’erba vicino alla recinzione, lanciando occhiate all’ospite.

“Sofia, mi aiuti a raccogliere i pomodori?” propose Rosanna con tono dolce. “Facciamo la salsa.”

“Certo, zia Rosanna!” si animò Sofia.

Nell’orto, Rosanna le diede una cesta. Sofia si mise all’opera con tale impegno che Rosanna ne fu stupita. Poi la vicina la chiamò, e chiacchierarono a lungo. Rosanna si lamentò di aver sognato una nuora diversa, mentre la vicina la esortò a non giudicare troppo in fretta.

Tornata nell’orto, Rosanna si accorse che Sofia era sparita.

“Sofia, dove sei?” gridò.

“Qui!” rispose una voce tra le ortiche.

Sofia emerse coperta di rovi, con i capelli arruffati.

“Che ci fai lì?” esclamò Rosanna. “Quella è terra abbandonata!”

“Ma i pomodori sono più grandi,” rispose orgogliosa, mostrando la cesta piena.

“Povera me,” sospirò Rosanna. “Vieni, ti tolgo questi rovi.”

Sulla veranda, pettinandola, Rosanna iniziò a farle domande sulla sua vita. Sofia, senza filtri, raccontò:

“Sono cresciuta con la nonna. I miei erano sempre via, poi se ne sono andati. Dopo la scuola ho fatto la cameriera, lavato i piatti. Poi mi chiamarono un’agenzia di moda, ma non mi piaceva. Quando ho conosciuto Matteo, mi propose di lavorare nel suo ufficio. Lì sto bene, tutti sono gentili.”

Rosanna ascoltò, e il suo cuore si ammorbidì. Dietro quell’apparenza appariscente c’era una ragazza che aveva visto tante difficoltà.

Quella sera, tutti si ritrovarono in veranda per il caffè. Sofia, guardando Rosanna, sussurrò:

“Zia Rosanna, mi insegnerete tutto quello che sapete? Qui è così accogliente, così tranquillo…”

Rosanna strizzò l’occhio al figlio.

“E sposerai il mio Matteo?”

Sofia arrossì.

“Lui non mi ha ancora chiesto,” mormorò.

Matteo scoppiò a ridere.

“Furbacchiona, mamma! Pare che non mi lascerai scappare.”

“Ne hai già fatte tante,” sbuffò Rosanna. “Se non ti chiede nulla, torna da noi, Sofia. Ti troverò io un marito!”

“Grazie, zia Rosanna, ma io amo il vostro Matteo,” sorrise Sofia.

Sei mesi dopo, un matrimonio festoso riempì il paese di allegria. Poco dopo, Sofia sussurrò a Rosanna che presto sarebbe diventata nonna. Rosanna, guardandola, capì: le apparenze ingannano, e il cuore di Sofia era grande come i suoi cappelli sgargianti.

*La vera essenza di una persona si scopre oltre le apparenze, nell’autenticità di chi non ha paura di essere sé stessa.*

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