«Ma allora vuoi campare alle spalle degli altri per sempre?» — così la suocera fece scoppiare in lacrime la nuora
A volte la verità degli altri può essere il coltello più affilato, quello che ti trafigge la schiena proprio quando ti senti a un passo dalla pace. È successo alla mia amica Gabriella, che ha deciso di lasciare un lavoro che odiava, sperando di vivere finalmente per sé stessa. Invece di ricevere sostegno dalla famiglia del marito, però, ha trovato solo giudizi, rimproveri e l’etichetta di “sfaticata”, che le si è attaccata addosso come la colla.
Gabriella lavorava in un ambulatorio distrettuale, alla reception. Uno stipendio misero, pazienti che urlavano, niente aria né sole—tornava a casa sfiancata, come se l’avessero schiacciata con un rullo compressore. Suo marito, Riccardo, da tempo le diceva che non sopportava più vederla così. Lui aveva un buon posto in un’azienda di logistica a Milano e si occupava della casa, dei mutui e delle vacanze.
Quando Gabriella ha deciso di licenziarsi, Riccardo l’ha solo abbracciata e le ha detto: «Preferisco averti viva e felice, non sull’orlo di una crisi». Avevano convenuto che, per un po’, si sarebbe riposata, avrebbe pensato a cosa volesse davvero fare, e poi, magari, avrebbe trovato qualcosa che le piacesse. Nessuno aveva intenzione di starsene in pigiama davanti alla tv per anni—voleva solo respirare.
Ma questa tregua è stata spazzata via dall’arrivo della suocera. Antonella, una donna dalla voce tonante e dal senso di giustizia esasperato, ha scoperto che la nuora “se ne stava a casa” e ha fatto irruzione con una scenattata già dalla soglia.
«Allora, hai deciso di fare la principessa sul divano?» ha sibilato al primo incontro. «Mio figlio ti mantiene, ti dà tutto, e tu non riesci neanche a fare la babysitter all’asilo? O la cassiera? Vuoi passare la vita a essere un peso?»
Gabriella quella sera non ce l’ha fatta—è scoppiata in un pianto dirotto. Il marito ha cercato di consolarla, l’ha accarezzata, le ha detto che andava tutto bene. Ma… alla madre non ha detto niente. Non si è schierato con la moglie. E lei aspettava. Quel silenzio l’ha ferita più di qualsiasi parola.
Antonella non ha mollato. Dopo un paio di giorni, ha chiamato un’amica che lavorava in una catena di supermercati e ha cercato di far assumere Gabriella come cassiera—senza dirglielo. Poi le ha mandato l’indirizzo e la data del colloquio. E quando Gabriella le ha chiesto perché si prendesse certe libertà, le ha risposto con una risatina: «Basta oziare. La casa non è un lavoro».
Gabriella ha provato a spiegare che non se ne stava con le mani in mano—si occupava della casa, cercava annunci, ma non voleva precipitare di nuovo in una routine che la uccideva. Ma Antonella non ha voluto sentire. Per lei c’era una sola verità: una donna senza stipendio è una parassita.
E in molti sono d’accordo. Dicono: «Be’, la suocera ha ragione». Perché Gabriella davvero si è licenziata senza avere un altro lavoro. Il marito si deve sobbarcare tutto da solo. Lei non ha un soldo da parte. Se dovesse succedere qualcosa, si ritrova con niente.
Ma la domanda è: perché una donna estranea—anche se è la madre del marito—si permette di ficcare il naso in una famiglia dove nessuno le ha chiesto nulla? Dove il marito è contento, i figli sono felici, e la scelta è stata presa insieme?
Perché Riccardo tace? Perché non dice chiaramente: «Mamma, basta. Questa è casa nostra e a noi va bene così»?
Gabriella comincia a pensare: e se avesse sbagliato a lasciare il lavoro? Doveva sopportare, pur di non sentire quelle parole? O è solo diventata un bersaglio comodo per una suocera che cerca qualcuno su cui scaricare la sua frustrazione, visto che nessuno la ferma?
Ma la verità è che una donna non deve dimostrare il suo valore. Non con una fede al dito, non con una busta paga. L’importante è che la sua scelta sia rispettata da chi le sta accanto. E che l’uomo che ama sappia essere non solo un conforto silenzioso, ma anche una voce che la difende.
Perché a volte il silenzio è peggio di qualsiasi sfuriata.