Uniti nelle Avversità, Forti nell’Armonia

*30 Settembre 2023*

“Stretti ma uniti”

«Beatrice, su, non è la fine del mondo, stringiti un po’. È tua sorella, no?» La voce di mia madre era tagliente, come sempre. Non ammetteva repliche.

«Mamma, “stringiti”? Ma scherzi? Io e Marco viviamo qui! Dov’è lo spazio?» Beatrice tratteneva a stento la rabbia.

«E dove dovrebbe andare, in quel lurido studentato? Un affitto non ce lo possiamo permettere, hai visto i prezzi? Deciso: Sofia starà da voi. Così sono più tranquilla.»

«Non ne avevamo parlato!»

«Ora sì. Siamo una famiglia, dobbiamo aiutarci.»

«Famiglia? Davvero? Dimmi un po’, ti ricordi quando…»

«Basta, non ho tempo. Compro i biglietti e ti avviso.»

La chiamata finì lì. Beatrice restò immobile in cucina, stringendo il telefono come se potesse darle risposte. Non riusciva a credere all’arroganza di sua madre. Ma perché stupirsi?

Beatrice era sempre stata la figlia scomoda. Quando sua madre si risposò e nacque Sofia, a sei anni, Beatrice dovette crescere troppo in fretta.

«Sei grande, devi aiutare con tua sorella», ripeteva sempre sua madre. E così, spazzare, lavare i pavimenti, cambiare i pannolini, fare la spesa, giocare con Sofia, e poi imparare a cucinare. Il patrigno se ne andò poco dopo la nascita di Sofia, lasciandole sole.

Mentre Sofia veniva viziata e coccolata senza limiti, Beatrice veniva ignorata. Il dolce più buono? Solo per Sofia. Vestiti nuovi? Solo per Sofia. Al ristorante? Si ordinava quello che voleva Sofia. Non faceva un solo lavoretto in casa.

«Marika ha il telefono nuovo, lo voglio anch’io!»

«Che c’è per cena? Di nuovo gli avanzi? Ordiamo sushi!»

«Dov’è il mio jeans preferito? Bea, non l’hai lavato? Io? Ma che ne so?»

«Pulire? Ho mal di testa, fallo tu.»

Mia madre non la rimproverava mai. Se Beatrice osava protestare, la risposta era sempre la stessa:

«Sofia è senza padre, è più fragile.»

«Anch’io ero senza padre!»

«Lo so. Ma tu sei forte, lei è delicata come un fiore.»

Mia madre spendeva tutto per Sofia, anche a credito. Mentre quando Beatrice aveva bisogno di scarpe o un giubbotto, le consigliava di cercare nei mercatini dell’usato. Non le chiedeva mai come andava a scuola, cosa faceva.

Beatrice studiò come una pazza, lavorò come cameriera, consegnò pizze. Ogni euro lo mise in una scatola di latta nascosta nell’armadio. Un giorno tornò a casa stremata dopo una giornata di volantinaggio sotto la pioggia. Aprì la scatola: vuota.

«Sofia! Hai preso i miei soldi?»

«Quali soldi?» rispose lei, sgranocchiando patatine.

«Quelli nella scatola!»

«Ah, quelle monetine? Sì, li ho presi. Dovevo pagare la consegna di vestiti e scarpe nuove. E ho ordinato del sushi.»

«Sei fuori?! Erano i miei risparmi!»

«Ma che problemi hai? Per tua sorella non li dai?»

Quella sera, mia madre la sgridò: «Che egoista! Siamo una famiglia!»

Beatrice si laureò con il massimo dei voti e trovò un ottimo lavoro. Quando sua madre scoprì che guadagnava bene, iniziò a chiederle soldi. Lei mandava qualcosa, ma non poteva aiutare troppo: stava risparmiando per un mutuo con Marco.

Dopo il matrimonio, comprarono un bilocale. Alla cerimonia, mia madre e Sofia non vennero:

«Che noia, è solo un tamarro in comune. E i biglietti costano troppo.»

Due anni dopo, mia madre annunciò che Sofia sarebbe andata a vivere da loro per l’università. Senza chiedere.

Sofia arrivò e subito si lamentò: «Che buco! Come faccio ad arrivare in centro?»

«Dormirai sul materassino. Lo spazio è poco.»

Da quel giorno, tornai all’infanzia: piatti sporchi, vestiti in giro, nessun aiuto. Una mattina, Marco mi chiese:

«Bea, hai preso i soldi dalla scatola?»

«No. Quanti erano?»

«Circa tremila euro. Tre rate del mutuo.»

Andai da Sofia. «Li hai presi?»

«Sì, e allora? Mi serviva un telefono nuovo. I soldi vanno spesi, no?»

«Li hai RUBATI!»

«Rubati? Ma siamo sorelle! Mamma dice sempre che dobbiamo aiutarci.»

Chiamai mia madre. «Sai cosa ha fatto Sofia?»

«Era un telefono importante! Hai fatto bene a darle quei soldi.»

Quella sera, misi la valigia di Sofia fuori dalla porta.

«Vattene. Non voglio più vederti.»

Lei pianse, implorò, ma io chiusi la porta. E per la prima volta, risi.

Finalmente libera da chi non mi aveva mai voluto bene.

*Lezione:* Il sangue non è sempre famiglia. A volte, la famiglia la scegli tu.

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