Dove ti sei nascosta?

9 maggio

All’inizio erano scomparsi i guanti. Poi il mazzo di chiavi. Infine, la vecchia sciarpa. Avrei potuto darmi una spiegazione, incolpare l’età, la distrazione, la stanchezza. Ma quando è sparita la sesta cosa in un mese—la scatola dei fili che stava sempre sulla cassettiera—Maria Luisa non ce l’ha fatta più. Si è seduta sulla sedia con un sospiro pesante. Le sue dita tremavano, non per paura, ma per rabbia. Il suo piccolo mondo ordinato si stava sgretolando, come se qualcuno avesse tirato via i fili uno a uno.

“Va bene, giochiamo,” ha detto ad alta voce, e nella sua voce c’era una sfida, affilata come un rasoio.

L’appartamento è rimasto in silenzio. Solo l’orologio a muro ticchettava con ostinata precisione. Maria Luisa viveva sola da nove anni. Suo marito se ne era andato all’improvviso, in salotto, con una tazza di tè a metà e una battuta incompiuta sulle labbra. Dopo la sua morte, non aveva cambiato niente: lo stesso divano consunto, la stessa sedia cigolante, persino la sua tazza preferita con la scritta sbiadita “Miglior Nonno”.

Su figlia la visitava due volte l’anno. Portava la spesa, brontolava perché non rispondeva al telefono, e se ne andava di fretta. Le sue parole erano spezzate, come se dovesse correre tra lavoro, famiglia e mille preoccupazioni. Maria Luisa non si offendeva. Lo capiva: sua figlia aveva una propria vita, i figli, i mutui. Accettava i sacchetti di pasta e medicine, sorrideva, l’abbracciava goffamente, la accompagnava alla porta e restava a lungo nel corridoio vuoto, fissando la porta chiusa finché il silenzio non diventava insopportabile.

Ma un mese fa, in casa era cominciato qualcosa di strano. Non subito, non in modo evidente—come se qualcuno stesse lentamente rimodellando il suo mondo, come un sarto che aggiusta i bordi di un tessuto. Prima è arrivato l’odore—sottile, come erbe secche che bruciano in un angolo, come nella casa di campagna della nonna. Poi le correnti d’aria. Le tende tremavano anche con la finestra chiusa. E le ombre. Scivolavano sui muri, senza seguire la luce, come se qualcuno si muovesse nella stanza senza lasciare tracce. La casa respirava con un ritmo che non era il suo.

Maria Luisa taceva. Si sedeva solo più spesso alla finestra, con le gambe raccolte e una tazza di tè freddo in mano, guardando la strada innevata. Osservava la neve coprire il cortile dove una volta giocavano i bambini, e ricordava. Suo padre che le insegnava ad andare in bicicletta, tenendola per il sellino finché non trovava l’equilibrio. Gli anni ’90, quando lei e suo marito si scaldavano accanto alla stufa a legna durante i blackout, ridendo mentre cercavano di friggere il pane sul coperchio rovente. La prima volta che comprarono una televisione e passarono mezza notte a litigare su quale canale guardare, prima di addormentarsi stretti l’uno all’altro.

Poi le cose hanno cominciato a sparire. Piccole all’inizio: un bottone, un fazzoletto, una vecchia spilla. Poi oggetti più importanti: la sciarpa preferita, gli occhiali, l’agenda. Ogni volta, senza una traccia. Come se qualcuno rubasse pezzi della sua vita, con delicatezza ma insistenza.

“Dove ti sei nascosta?” ha chiesto un giorno al vuoto. La sua voce è risuonata più forte del previsto, come se le pareti l’avessero rimandata indietro.

E improvvisamente, dalla cucina è arrivata una risposta: “Qui”.

La voce era lieve, quasi infantile, ma non spaventosa. Non cattiva. Solo estranea. E per questo, incredibilmente reale.

Non si è precipitata subito in cucina. Ha preparato il tè, si è seduta, ha aspettato. Ha guardato il vapore che saliva dalla tazza, come se potesse nascondere una risposta. Poi si è alzata, ha raddrizzato le spalle ed è entrata lentamente in cucina. La porta ha scricchiolato, come se esitasse con lei. Tutto era al suo posto: il tavolo coperto dalla tovaglia di plastica, le tende, le pentole sullo scaffale. Ma l’aria era diversa. Il silenzio non era vuoto, ma vivo, come se qualcuno trattenesse il respiro. Una presenza quasi tangibile, ma calda come una carezza.

“Chi sei?” ha chiesto con fermezza, senza paura, come se sapesse che non le sarebbe stato fatto del male.

Nessuna risposta. Solo un lieve scricchiolio del pavimento, come un passo interrotto.

Il giorno dopo è scomparso il vecchio quaderno dove annotava ricette e numeri di telefono ormai inutili. E la sera, rientrando dal balcone, ha trovato una cartolina sulLa cartolina aveva solo due parole, scritte con una grafia tremolante: “Sono qui”.

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