La Porta del Tradimento

**La Porta del Tradimento**

Dopo tre mesi di turno, Matteo Rossi, stanco ma con un senso di dovere compiuto, tornava a casa nella sua amata Perugia. Il giorno era nuvoloso, ma nel cuore di Matteo brillava il sole: stringeva lo stipendio, immaginando la felicità della moglie, l’elegante e passionale Beatrice. Avevano da poco comprato un bilocale in un condominio alla periferia della città. Lui stesso, con le sue mani, aveva sistemato le pareti, montato i soffitti, posato le piastrelle e collegato tutti gli elettrodomestici. Mancava solo una cosa: arredare la casa come lei voleva.

«Matteo, non voglio nulla di scadente. Deve essere perfetta, come quella di Sofia e Marco! Tutto di prima qualità!»

Lui annuiva, acconsentiva, partiva per il turno, lavorava fino allo sfinimento, pur di fare orgogliosa Beatrice. Soffriva nella baracca gelida del cantiere, senza calore, senza il volto amato, senza il profumo del caffè al mattino. Solo la sua voce al telefono, spesso capricciosa e piena di pretese.

Alla stazione, si fermò alla bancarella dei fiori. Scelse le rose più fresche, un mazzo rosso sgargiante, poi salì su un taxi. Dopo quindici minuti era davanti al palazzo, il cuore in gola. Salì al quarto piano a mani vuote, la felicità che gli scoppiava dentro. Stava per infilare la chiave, ma cambiò idea. Sorrise e suonò il campanello.

Silenzio. Stava già riprendendo le chiavi quando la porta si spalancò. Sulla soglia, un uomo sconosciuto, col suo accappatoio addosso. Alto, muscoloso, a torso nudo e con uno sguardo sfacciato.

«Chi sei? Hai sbagliato porta, vecchio?» ringhiò l’uomo.

Il mondo vacillò. Matteo rimase impietrito. La mano col mazzo di rose si abbassò.

«A quanto pare, ho sbagliato più della porta…»

La porta si chiuse di colpo. Lui restò lì, paralizzato. Il cuore gli martellava le tempie, le mani tremavano. Davanti ai suoi occhi, la carta da parati che aveva incollato di notte, le piastrelle che aveva lucidato, la cucina comprata a rate… e ora, un estraneo nella sua casa.

I fiori volarono nel cestino più vicino. Matteo chiamò un taxi e andò dal suo migliore amico, Luca. Lungo la strada, entrò in un supermercato, comprò grappa, aringhe e cetrioli. Luca fu felice di vederlo dopo tanto tempo.

«Ma guarda chi si vede! Brindiamo al nostro incontro!»

Dopo il secondo bicchiere, Matteo non resistette e raccontò tutto. Luca, mezzo calabrese e sanguigno, balzò in piedi:

«Cosa?! A casa tua?! Io gli avrei… lo avrei…» e colpì il tavolo con un pugno.

Matteo lo afferrò per la spalla:

«Luca, non scaldarti. Ma… ci vendichiamo?»

«Certo che sì!»

Ubriachi di rabbia e alcol, i due presero un taxi e si diressero verso l’appartamento. I piani di vendetta erano confusi, le menti annebbiate.

Arrivarono. La luce in camera era accesa. Matteo ruggì:

«Ora vi faccio vedere io…»

Luca iniziò a picchiare sulla porta:

«Apri, vigliacco! Chi ti credi di rubare la moglie a qualcuno? Esci fuori, da uomo!»

La porta si aprì di scatto, e un pugno volò dall’interno. Luca cadde all’indietro, stringendosi il naso.

«Che accoglienza…» borbottò, asciugandosi il sangue.

Matteo esplose. Con un calcio, staccò i cardini della porta, che cadde rumorosamente nell’ingresso. I due irruppero dentro come un uragano, correndo per le stanze e urlando.

«Dov’è quel bastardo?»

Beatrice strillava in cucina, tremante mentre cercava di chiamare qualcuno. Luca corse nel corridoio:

«È scappato dal balcone?»

Ma all’improvviso, un gemito. Sotto la porta abbattuta si contorceva l’amante, schiacciato dal peso della struttura e dalla sua stessa arroganza. Aveva un’aria miserabile: l’accappatoio storto, il volto terrorizzato, la bocca insanguinata.

«Ecco la tua vendetta!» rise Luca, toccandosi il lato illeso.

Poi, come se non bastasse, dal pianerottolo arrivò un grido acuto:

«Aiuto! Gente buona! Stanno uccidendo!» Era la suocera di Matteo, a giudicare dalla voce.

La sobrietà tornò all’istante. I due scapparono via, senza aspettare i carabinieri. Il mattino dopo, Matteo chiese il divorzio. Non voleva più vivere in una casa dove era stato umiliato. Dove un estraneo camminava col suo accappatoio.

Una settimana dopo, era pronto per un nuovo turno. Luca lo accompagnò, con un occhio nero e le dita bendate.

«Però è stata una bella scena!» rise. «Se ti risposi, basta Beatrice! Ma chiamami, eh. Se serve, ci sarò…»

La vita insegna che a volte, la vendetta non risolve nulla, ma l’onestà e la dignità non hanno prezzo. Meglio ricostruire se stessi che distruggere ciò che ormai è perduto.

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