Viaggio al Cuore Attraverso le Tempeste

Il sentiero del cuore attraverso le tempeste

La vita di Giulia crollò come un castello di carte. Il divorzio da suo marito le tolse il terreno sotto i piedi, e lei, raccolti i frammenti del suo passato, tornò nel suo paesino ai margini della Toscana. Al suo fianco c’era il suo punto fermo — la nonna Rosa Maria, che adorava Giulia e suo figlio Matteo.

«Matteo è l’immagine di suo padre, Marco», diceva Giulia con un sorriso amaro, guardando il ragazzino. «L’unica cosa buona che mi è rimasta da quel matrimonio, come un raggio di sole in una notte oscura.»

«Te l’avevo detto di non legarti a quel buono a nulla», borbottava la nonna, scuotendo la testa. «Si vedeva subito: incostante, e poi attaccato alla bottiglia. Se inizia da giovane, poi peggiora. E tu ripetevi: “Amore, amore!”, come se avessi perso la testa.»

«Che senso ha parlarne ora, nonna?», sospirò Giulia. «Me lo ricorderai per tutta la vita? Almeno abbiamo Matteo, e questo è ciò che conta.»

«Non affliggerti, tesoro mio», la nonna abbracciò la nipote stringendola a sé. «Non dirò più una parola. Guardati: sei una bellezza, una come te non si trova facilmente! Dove troverà mai un’altra come te, quel Marco? Un idiota, punto e basta.»

«A scuola mezzo liceo mi correva dietro», aggiustò distrattamente una ciocca di capelli Giulia, «ma ora non ho voglia di storie. Non mi fido di nessuno. All’inizio tutti dolci, e poi…», fece un gesto vago con la mano.

«Non tutti sono come il tuo ex», ribatté Rosa Maria. «Prendi Sandro, per esempio. Ti ricordi come impazziva per te? Un ragazzo d’oro: lavoratore, senza vizi. E ancora single. L’ultimo della vostra classe rimasto libero», aggiunse con un’occhiata furba.

«Oh, nonna, non cominciare», scrollò le spalle Giulia. «Non ho bisogno di pensare a nessuno. Devo preparare Matteo per la scuola, sistemare la casa. I miei genitori, una volta trasferitisi in città per me, sono rimasti lì a lavorare in fabbrica. Ora sono io la padrona di casa qui. E devo aiutarti anche te…»

«Aiutare va bene», annuì la nonna, «ma non c’è fretta. Sistemati prima tu. Io? Sono viva, cammino, settant’anni non sono una condanna. Vedere te e Matteo è già una gioia. I tuoi genitori non ci abbandoneranno, ti aiuteranno. Forse, una volta in pensione, torneranno qui. E allora vivremo tutti insieme: tu nella casa grande, io nella mia casetta accanto.»

«Oh, nonna, sei proprio una chioccia», Giulia strinse forte Rosa Maria e le diede un bacio sulla guancia.

«Ma pensaci a Sandro», la nonna le diede un buffetto affettuoso, come quando era piccola. «Gente come lui non si trova per strada.»

Giulia si era stabilita nel paesino da tre mesi. Sandro, il trattorista del paese, non la perdeva di vista. Lui, come Rosa Maria, riteneva il matrimonio di Giulia un errore da cui non si era ancora ripresa. Quando e come si fossero messi d’accordo, solo Dio lo sapeva, ma continuavano a incontrarsi al negozietto del villaggio o alla posta. La nonna sussurrava notizie su Giulia e Matteo, lamentandosi che la nipote fosse ancora sola.

Sandro arrossiva, sospirava, ma aveva paura di essere rifiutato di nuovo. Rosa Maria, vedendo i suoi dubbi, lo incoraggiava:

«È cambiata, Sandro. Ha capito molte cose. La bellezza non è tutto, non si vive di sole apparenze. E tu sei perfetto per la vita: affidabile, pratico, premuroso…»

«E non certo un Adone», sorrise amaro Sandro, ma subito si fece serio. «La amo ancora, Rosa Maria. In tutti questi anni non ho pensato che a lei.»

La nonna si commosse e promise di aiutarlo in ogni modo.

«Ma non avere fretta, caro. Non insistere. Non si è ancora ripresa dal divorzio, è passato solo un anno e mezzo. Dalle tempo», lo consigliò.

«E se un altro se la porta via?», si agitò Sandro. «L’ho già persa una volta. Non voglio ripetere l’errore. Farò di tutto per averla.»

«Allora ascoltami», sorrise maliziosa la nonna. «Aiutala con le faccende, ma senza essere invadente. Non mostrare i tuoi sentimenti, resta discreto. Poi si vedrà.»

«Che psicologa che sei, Rosa Maria!», rise Sandro. «Funzionerà davvero?»

«Certo!», assicurò la nonna. «E io metterò una buona parola per te. Ma ricordati: se la fai soffrire, mi spezzerai il cuore.»

Sandro annuì, e nel suo petto si diffuse un calore, come se avesse già ricevuto la benedizione e il sì di Giulia.

La primavera avanzava. Nei giardini e negli orti, le zolle nere aspettavano di essere seminate, mentre i corvi passeggiavano con aria importante. Una mattina, Giulia sentì il rombo di un trattore davanti a casa. Uscita in cortile in pantofole, con solo una vecchia giacca addosso, esclamò:

«Sandro, ma che cosa…? Per chi è?», fissò il carico pieno di torba.

«Per te, ovvio!», borbottò Sandro, scendendo dal trattore. «L’ha ordinato la nonna. Mi ha detto di portartelo e basta. Apri il cancello. Aspetta, ma come sei vestita? Vai a metterti qualcosa di decente, prendi freddo!», aprì lui stesso il cancello, entrò nel cortile e scaricò la torba vicino alla recinzione.

«Quanto ti devo?», Giulia cercò il portafoglio.

«Niente. Alla nonna, come pensionata, spetta gratis. Tira via quel soldi», tagliò corto Sandro, dandole un’occhiata fugace, e se ne andò.

Il giorno dopo, suo fratello minore, il liceale Luca, trascorse quattro giorni a spargere la torba nell’orto, senza accettare un centesimo.

«Ho un conto in sospeso con mio fratello», scrollò le spalle. «Se ha detto di non prendere niente, non prendo.»

«Ma che sta succedendo?», alzò le mani al cielo Giulia. «Mi considerano un’anziana? Siamo sotto il comunismo?»

La nonna confermò le parole di Sandro, raggiante.

«Ecco, le tue aiuole sono pronte per la primavera. La torba renderà il terreno morbido e fertile per anni. Pianta quello che vuoi.»

Una settimana dopo, Sandro arrivò con un carico di letame, scaricandolo dietro il giardino e coprendolo con un telo.

«Tienilo», disse serio. «Ringrazia che te lo regalano.»

«Grazie, Sandro», sorrise Giulia. «Non immaginavo fossi così pratico. Vuoi venire a prendere un caffè? Ho fatto le crostate di ricotta.»

Sandro quasi saltò dalla gioia, ma, ricordando i consigli della nonna, rispose con calma:

«Un’altra volta. Ho un sacco di lavoro, troppe consegne. Ecco, questo è per Matteo», le porse una tavoletta di cioccolato. «Tutti mi regalano dolci, ma io non li mangio. Non so dove metterli.»

Giulia lo guardò con affetto, accettando il regalo.

«Grazie. Io, la nonna e Matteo ti aspettiamoGiulia sorrise mentre il sole del tramonto tingeva di rosa il cortile, e Sandro, con un cenno della mano, promise di tornare presto—questa volta senza scuse.

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