Una Festa Scintillante

La festa con quel tocco in più

Nell’aria della casa aleggiava un’inquietudine, come se il caos stesse per travolgere tutto. Federica lo aveva percepito ancora prima di varcare la soglia dell’appartamento. Nelle scale si diffondeva un odore pungente di bruciato, e il pavimento era inondato d’acqua saponata, come dopo un diluvio. Appena entrata, Federica poggiò sul mobiletto un mazzo di fiori portati dal lavoro, si tolse le scarpe che l’avevano torturata tutto il giorno e infilò le vecchie pantofole da casa. Anche se, forse, gli stivali di gomma sarebbero stati più adatti: l’ingresso era allagato peggio delle scale. Dal profondo della casa proveniva un miagolio soffocato, mentre da qualche parte qualcosa sfrigolava, ronzava e scoppiettava in modo sospetto.

— Massimo, ma che diavolo sta succedendo?! — urlò Federica, sentendo l’ansia salirle dentro.

Un attimo dopo, sulla porta apparve il marito. In mutande, scalzo, con la faccia coperta di fuliggine, graffi profondi e un gran livido sotto l’occhio. Sulla testa aveva un asciugamano legato a turbante, come fosse appena scappato da un bazar mediorientale.

— Federi, sei già tornata? — borbottò Massimo, tirandosi nervosamente l’asciugamano. — Pensavo che la cena aziendale si prolungasse, essendo tu la capa, con brindisi fino a notte…

Federica sospirò profondamente, si lasciò cadere sul pouf all’ingresso e, trattenendo l’irritazione, chiese:

— Racconta, Massimo. Cosa hai combinato stavolta?

— Ecco, tesoro — cominciò lui, balbettando —, ti prego, non prendertela subito!

— Me la prendevo negli anni ’90 quando i malviventi ci minacciavano in azienda, — tagliò corto Federica. — Mi preoccupavo quando i soldi sui conti evaporarono con il default. Impazzivo quando la crisi quasi ci finì. Dopo tutto questo, mi importa poco anche di un’alluvione. Parla chiaro, che circo hai messo in piedi?

— Insomma… — Massimo esitò, massaggiandosi il livido. — Volevo farti una festa. Una sorpresa, capisci? Ho deciso di pulire, lavare e cucinare per te. Ho preso un giorno libero, caricato la lavatrice, andato al mercato… Anzi, prima al mercato a comprare la carne, ma ha perso sangue.

— La carne? — chiese Federica, strizzando gli occhi.

— No, la lavatrice! — sbottò Massimo. — Ma non subito. Ho messo la carne nel forno, cominciato a pulire, e il gatto…

— È vivo? — Federica alzò un sopracciglio.

— Certo che sì! — brontolò Massimo offeso. — Solo è un po’ bagnato. Capisci, quando ho acceso la lavatrice, il gatto non c’era, lo giuro! Poi, forse… si è infilato dentro.

— Come?! — Federica si protese in avanti. — Come fa un gatto a entrare in una lavatrice chiusa?!

— Non lo so, — Massimo alzò le spalle. — Forse ha imparato a teletrasportarsi. Sai com’è, i gatti sono furbi.

Federica chiuse gli occhi, inspirò profondamente e disse con freddezza:

— Continua, Massimo. La storia diventa sempre più interessante. Ma prima fammi vedere il gatto. Voglio essere sicura che stia bene.

— Ehm, amore, — tentennò Massimo, — meglio andare da lui. È… là…

— Spero almeno che abbia le zampe intatte? — Federica osservò il volto graffiato del marito.

— Oh, eccome! — confermò Massimo, strofinandosi la guancia. — Solo che… momentaneamente… è immobilizzato. Per la sua sicurezza.

— Va bene, ne riparleremo dopo, — Federica fece un gesto vago. — E poi?

— Beh, mentre il gatto… ehm, si lavava, ho sentito puzza di bruciato. Sono corso in cucina, ho aperto il forno e la carne era in fiamme! Mi sono scottato le dita, ho versato olio e quello è divampato! I capelli mi hanno preso fuoco, il fumo era ovunque, io cercavo di spegnere, e intanto il gatto urlava. Sono tornato alla lavatrice e l’ho visto, occhi spalancati nel oblò, come un prigioniero. Ho spento tutto, ma lo sportello era bloccato. Il gatto urlava, la cucina bruciava, la faccia mi faceva male, i capelli fumavano… Ho preso una leva e, beh, la lavatrice ha iniziato a perdere. Il gatto è schizzato fuori, ha corso per casa, miagolando come un indemoniato, ha rotto tre vasi, strappato la carta da parati, abbattuto le tende, rovesciato lo spumante che avevo comprato per te. I vicini da sotto picchiavano sui termosifoni, gridando che ci avrebbero denunciato. Non so se minacciavano me o il gatto. Ma comunque, tutto sotto controllo, Federi, non ti preoccupare!

Federica si asciugò le lacrime—non si capiva se dal ridere o dallo sgomento—e, spingendo via il marito, entrò in salotto. Il disastro era epico. Il pavimento era allagato, in cucina fumava una padella carbonizzata, la carta da parati penzolava a brandelli e l’aria sapeva di carne bruciata e vendetta felina. Il gatto, “crocifisso” sul termosifone, aveva tutte e quattro le zampe legate e il muso avvolto in una vecchia sciarpa. Ma era vivo, il che era già un miracolo.

— Federi, non voleva stare lì, — si affrettò a giustificarsi Massimo. — Avevo paura che non si asciugasse prima che tornassi. Non riuscivo a strizzarlo,

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