L’abbraccio della nonna sconosciuta

*La nonna con le braccia distanti*

In cucina si sentiva il profumo delle polpette quando la porta di ingresso si spalancò all’improvviso: le figlie di Giulia erano tornate a casa. Erano state dalla nonna e avrebbero dovuto essere felici, invece i loro volti erano segnati dalla delusione.

«Mamma, la nonna non ci vuole bene!» dissero all’unisono Elena e Viola.

Giulia uscì in corridoio, asciugandosi le mani con un canovaccio.

«Perché pensate questo?»

Le bambine si scambiarono un’occhiata, poi una delle due iniziò a raccontare con tono trattenuto. La nonna permetteva a Luca e Sofia — i figli della zia — di correre, saltare e mangiare qualsiasi cosa. A loro invece vietava persino il rumore, le caramelle e i cioccolatini. E mentre accompagnava gli altri nipoti fino alla fermata dell’autobus, a loro chiuse semplicemente la porta in faccia.

Giulia rimase immobile. Sapeva che sua suocera, Rosa Paola, non fosse la donna più affettuosa, ma non immaginava che la situazione fosse così grave.

I loro rapporti erano sempre stati neutri: né stretti, né ostili. Tutto cambiò quando la sorella di suo marito, Margherita, ebbe figli. Allora la nonna sembrò accecata dall’amore. Passava ore a raccontare a tutti quanto fossero intelligenti e quanto somigliassero alla madre.

Quando Giulia e suo marito, Luca, ebbero due gemelle, Rosa Paola si limitò ad alzare le spalle:

«Due insieme? Ma che idea… Io con due non ce la faccio.»

«E non te lo chiediamo,» tagliò corto Luca.

«Sarebbe meglio aiutare Margherita… I suoi figli sono piccoli, dopotutto…»

«E i nostri non sono bambini?» scattò Giulia.

«Un fratello deve sostenere la sorella,» rispose la suocera con freddezza.

Così Giulia capì che non c’era da aspettarsi alcun sostegno. Per fortuna sua madre era sempre presente, attraversava tutta la città per aiutare come poteva.

Rosa Paola, invece, continuava a lodare Luca e Sofia, sottolineando ogni volta: «Ecco i miei veri nipotini, quelli di mia figlia!»

Quanto alle figlie di suo figlio… Se qualcuno chiedeva di loro, si limitava a dire: «Piano piano…»

Col tempo, anche gli amici se ne accorsero. Quando una volta, irritata, Rosa Paola disse: «Chissà se sono davvero mie nipoti, anche se portano il cognome di mio figlio…», quelle parole arrivarono a Luca. Andò su tutte le furie. Si precipitò da sua madre, esigendo spiegazioni. Lei cercò di giustificarsi, ma la pazienza durò poco.

Ogni volta che la visitavano, Giulia e Luca tornavano a casa con il cuore pesante. Le critiche erano sempre le stesse: le bambine facevano rumore, mangiavano dolci senza chiedere, la nonna si sentiva male per la pressione alta. E poi, inevitabilmente, il paragone con i nipoti «perfetti».

Quando Luca e Sofia partivano, la nonna li accompagnava personalmente, regalava loro pacchetti, mentre Elena e Viola le mandava via attraverso un terreno abbandonato dove giravano cani randagi. A sei anni. Da sole. Senza avvertire. Fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Luca telefonò a sua madre.

«Mamma, stai male?»

«Perché lo dici?»

«Allora perché hai lasciato le bambine da sole? C’è quel terreno abbandonato, i cani!»

«Bisogna insegnare l’indipendenza fin da piccoli.»

«Hanno sei anni! I figli di Margherita non li lasci mai soli!»

«E tu osi criticarmi?! È tutta colpa di tua moglie…»

E riattaccò.

Passarono gli anni. Le bambine crebbero, ormai alla scuola media. Rosa Paola si ammalò. Si ricordò delle nipoti «di riserva» e chiamò suo figlio:

«Fai venire Elena e Viola, che mi aiutino a pulire. Che razza di nipoti sono queste?»

«Ricordati perché non ti vengono più a trovare,» rispose Luca con calma. «Hai i tuoi nipoti preferiti, chiedi a loro.»

Arrabbiata, Rosa Paola chiamò Giulia:

«Devi obbligarle! Sono loro nonna!»

«Le ha chiamate così l’ultima volta? Lei ha una figlia e i nipoti «giusti». Si rivolga a loro.»

Sofia si rifiutò: «Ho troppi compiti, nonna.» Luca sbottò: «Non sono una donna delle pulizie.» Rosa Paola restò sola, nel silenzio. Solo allora capì che l’amore non si divide. Ma era troppo tardi.

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