Un pacco che mise fine a un matrimonio: la storia di una corona viva.

L’odore di polpette fritte riempiva la cucina quando qualcuno bussò alla porta. Elena, senza nemmeno togliersi il grembiule, aprì e si trovò davanti un giovane corriere.

“Buongiorno! Un pacco per lei,” annunciò con entusiasmo.

“Che pacco? Non ho ordinato niente,” si stupì Elena.

“Appartamento numero dieci?” chiese lui.

“Sì.”

“Allora è tutto a posto.”

Con un po’ di esitazione, la donna firmò il modulo e ricevette una grande scatola. Non appena la aprì, il sangue le si gelò nelle vene. Dentro c’era una corona funebre. Non decorativa, non natalizia: una vera corona di fiori, con un nastro nero dove era scritto il suo nome.

Nessun mittente. Solo un messaggio silenzioso: “Riposa in pace, Elena.”

“Bisogna davvero odiare qualcuno per mandare una cosa del genere a casa sua!” sussurrò con voce tremante più tardi.

Suo marito, Andrea, minimizzò:

“Perché pensi che sia stata mia madre? Ti vuole bene!”

“Bene? Non ha mai pronunciato il mio nome!” ricordò Elena con dolore.

E infatti, alla futura suocera non piaceva niente di lei: la statura bassa, il lavoro alla reception, i vestiti modesti. Elena si impegnava, si cuciva i vestiti da sola, era sempre educata, ma riceveva solo disprezzo e frecciatine.

“Guarda questa disgraziata,” sussurrava Giuseppina a suo figlio. “Non sa nemmeno mettere insieme due parole!”

Lui taceva, fingeva che tutto fosse normale. Ma quel silenzio era complicità. La madre si permetteva sempre più, anche se vivevano nell’appartamento di Elena.

Quando Elena propose di affittare la casa e cercare un posto che piacesse alla suocera, quella rifiutò ogni opzione. Con urla, rimproveri, scenate. E Andrea beveva il tè e taceva.

Se la corona non aveva funzionato, c’era un altro passo. Il marito scoprì improvvisamente un paio di mutande maschili nell’armadio.

“Vuoi spiegarmi questa cosa?” chiese, tenendo il ritrovamento tra le dita.

“E a te nulla sembra strano? Come avrei fatto a metterle lì? Non ci arrivo neanche con la sedia!”

Le chiavi di casa erano in mano alla suocera. Tutto tornava. Ma Andrea tacque. Di nuovo.

Il “regalo” successivo fu un secchio di mirtilli. La suocera glielo consegnò con un sorriso:

“Vitamine! Per la mia nuora!”

La mattina dopo, Elena trovò nel secchio… un riccio vivo, congelato dal freddo del frigorifero. Per fortuna, il marito era presente. Lui, ovviamente, non credette che fosse stato fatto apposta: “Sarà entrato da solo, capita.”

Poco dopo, Elena scoprì sotto il letto una bambola con degli spilli conficcati. La situazione sembrava ormai uscita da un trashy thriller. Eppure, lei sopportava. Perché amava. Perché credeva che l’uomo al suo fianco fosse una protezione, e non solo il figlio di sua madre.

Il punto finale arrivò per caso. Elena tornò prima dal lavoro e trovò il marito con un’altra. Nella loro stessa casa.

Lo cacciò. Senza esitazione. Con freddezza. Come si suol dire, in calzini e basta.

Lui tentò di giustificarsi:

“È arrivata da sola! Non era previsto!”

Ma Elena non credeva più. Soprattutto quando scoprì che l'”ospite” era la nipote dell’amica di sua suocera. Tutto diventava fin troppo chiaro.

Aveva resistito tre anni. Altri non avrebbero tenuto neanche tre mesi. Ma lei aveva sperato.

E Andrea? Tornò da sua madre. Dove altro poteva andare?

Ma anche lì lo aspettava una sorpresa. La madre aveva una relazione. L’ultimo amore, a quanto pare, può essere più travolgente del primo. E non nella sua casa, ma nel monolocale del nuovo compagno. Giuseppina era senza tetto, ma con l’amore.

Ironia del destino?

Morale della storia? Attenzione ai desideri. A volte si avverano. Ma non come speravi.

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