Ci hanno invitato a una festa di inaugurazione della casa… e ci sono rimasti di sale: la cucina sembrava dopo un’esplosione!
Di recente, io e mia moglie abbiamo ricevuto un invito dal mio vecchio amico, Matteo: lui e sua moglie si erano trasferiti in un nuovo appartamento in affare a Bologna e volevano festeggiare. Sembrava un’occasione felice, così abbiamo accettato con piacere, portando un regalo e tanta allegria.
Però, mi chiedevo da tempo: perché non hanno mai comprato casa? Vivono insieme da otto anni, non hanno figli, entrambi lavorano: lui fa il tassista, lei fa l’estetista in un salone. Davvero in tutti questi anni non potevano almeno fare un mutuo? Beh, ognuno ha le sue priorità.
Arrivati davanti al palazzo, avevamo in mano una bottiglia di spumante e una scatola elegante: dentro, il nostro regalo, un set di bicchieri di cristallo. Ad accoglierci c’era sua moglie, Beatrice. Indossava un vestito da sera e dei tacchi alti che affondavano nel linoleum morbido, lasciando solchi profondi. Era un contrasto comico: lei era vestita per il ristorante, mentre intorno c’erano pareti scrostate e un corridoio deprimente.
Appena entrati, la prima cosa che ho notato è stato lo stato di abbandono generale. I mobili erano coperti di polvere, il pavimento dell’ingresso aveva persino della sabbia, come se il loro cane fosse appena tornato da una spiaggia. Ho cercato di non farci troppo caso: dopotutto, eravamo lì per fare gli ospiti, non gli ispettori.
Mi sono diretto in cucina per posare il regalo sul tavolo… e a quel punto, è stata una mazzata in piena faccia! Sono rimasto bloccato sulla soglia, sbalordito da quello che vedevo.
Il tavolo da cucina sembrava il set di un film post-apocalittico. Montagne di spazzatura mescolata a resti di cibo: tovaglioli unti, ossa di pollo, barattoli di spezie, una mela a metà marcia, biscotti sbriciolati. Al centro, un vasetto di panna montata vuoto, dentro qualcosa di verdastro. Chissà da quanto era lì.
Sopra a tutto, qualche tazza sporca, una con una bustina di tè secca attaccata. Sembrava che non dessero un’occhiata a quella stanza da almeno tre giorni. E non era solo disordine: era pura e semplice incuria.
Mia moglie, vedendo la scena, ha sospirato e mi ha sussurrato:
«Forse possiamo aiutarli a pulire?»
Beatrice ha annuito:
«Sì, grazie… non abbiamo avuto tempo…»
Mia moglie si è rimboccata le maniche e in poco tempo almeno il tavolo era presentabile. Ma il disagio era rimasto. Mi sentivo a disagio, per loro e per noi. Non capivo come due adulti, senza bambini piccoli, con un lavoro e perfettamente autonomi, lasciassero la casa in quelle condizioni.
Certo, capita a tutti di essere sommersi dal lavoro o di avere giornate pesanti. Ma qui era chiaramente una questione di abitudine, accumulata per settimane.
Ci siamo seduti a tavola. Per cibo: formaggio affumicato, affettati avanzati, patatine. Roba comprata al volo al supermercato sotto casa. L’appetito era svanito, anche se ero arrivato affamato. Abbiamo bevuto un bicchiere e presto siamo andati via, con la scusa degli impegni.
Camminando verso casa, io e mia moglie abbiamo viaggiato in silenzio. Dopo qualche minuto, mi ha detto:
«Io non ci vivrei nemmeno un giorno in quel caos…»
Non sta a me giudicare come gli altri vivono. Non spetta a me dare lezioni. Ma una cosa l’ho capita bene: anche il regalo più bello perde tutto il suo valore quando finisce nel mezzo del disordine e dell’indifferenza.
E voi, sareste rimasti a una festa del genere?