**La punizione dello scherzo**
Quindici anni insieme. Sembrava una famiglia come tante di Verona: Stanislao ed Elisa, due figli — Matteo e Ginevra. Uniti, gentili, con legami solidi e una reputazione invidiabile tra gli amici. Tutti li consideravano la coppia perfetta. Vivevano in armonia, senza litigi eclatanti, con rispetto e calore. Sembrava che la felicità avesse preso residenza fissa in casa loro.
Stanislao era un animale da palcoscenico, un burlone nato. La sua ossessione? Fare scherzi. Non quelli innocui, ma quelli che potevano far rizzare i capelli in testa alla gente.
Poteva avvolgere un pezzo di plastilina nella carta di un cioccolatino, identica nell’aspetto. O riempire i biscotti con dentifricio. Gli piaceva versare salsa di soia in una bottiglia di aranciata, facendola passare per una bevanda gassata. Una volta, al posto della crema al cioccolato, aveva messo argilla dentro i dolci. Rideva fino alle lacrime, mentre gli altri… non sempre.
— Stanì, ti prego — implorava Elisa. — Non oggi. Fa’ che il nostro anniversario passi tranquillo, senza le tue solite trovate.
— Va bene, lo giuro, nessuno scherzo, solo festa — promise il giorno delle nozze di cristallo.
La casa si preparava all’arrivo degli ospiti. Elisa cucinava, i figli decoravano il salone. A Stanislao toccò la spesa: una lista chilometrica. Partì per il supermercato. Tornò due ore dopo, ma il primo colpo di scena lo attendeva: qualcuno aveva parcheggiato il SUV al suo posto.
Borbottando, lasciò un biglietto al “trasgressore” e parcheggiò in cortile. Le borse erano pesanti, ma aveva fretta: senza quella roba, la cena sarebbe saltata.
Salì le scale. Inserì la chiave — non girava. Un sudore freddo gli scivolò sulla schiena. Il campanello suonò con una voce diversa, non quella squillante di sempre. La porta si aprì e…
Davanti a lui, una donna sconosciuta in vestaglia e bigodini.
— Finalmente! Abbiamo chiamato il supermercato dieci volte! Dov’è la spesa? — sbottò seccata.
Stanislao rimase pietrificato.
Apparve il marito della donna, un omone dalla faccia bonaria di nome Riccardo.
— Livia, sarà il fattorino.
— Quanto le dobbiamo? Dov’è lo scontrino? — Livia frugò già nei sacchetti.
— Scusate… — la voce di Stanislao tremò. — Ma questa è casa mia. Via Argine, 12, appartamento 17?
— Sì, esatto. L’abbiamo comprata cinque anni fa da una donna con due figli. Mi pare si chiamasse Elisa, e i bambini Matteo e Ginevra.
Stanislao lasciò cadere le borse. Il cuore gli si strinse. Tirò fuori il passaporto, mostrò la residenza. Tutto corretto — appartamento 17.
— Entri, dia un’occhiata — propose Livia.
Varcò la soglia… e si ritrovò in un luogo sconosciuto. Mobili diversi. Pareti ridipinte. Niente di familiare. La testa gli girò. Crollò su una sedia. Arrivarono i figli di Livia, più o meno coetanei dei suoi. Risate, voci, confusione. Sembrava un incubo.
Prese il telefono. Chiamò Elisa.
— Elisa… che succede? Dove sei? Perché nella nostra casa ci sono estranei?
— Tesoro, stai arrivando? — una voce maschile di sottofondo.
— Subito, amore! — rispose lei allegra. Poi, al telefono: — Chi parla?
— Elisa! Sono io, Stanislao!
— Chi? Stani? Ma sei bello? Cinque anni di silenzio e poi ‘ciao’ così?
— Quali cinque anni?! Sono uscito due ore per fare la spesa!
— Sei sparito il giorno dell’anniversario. Non una parola. Ho venduto casa, da sola non ce la facevo. I figli sono cresciuti. Abbiamo un’altra vita. Sono risposata. Viviamo nella villa di mio marito…
— Aspetta! Ma che stai dicendo? — le lacrime gli strozzavano la gola. — È uno scherzo? Un’allucinazione?
— No, Stani. Tu hai preso in giro tutti per anni. Ma oggi hai assaggiato la tua stessa medicina…
E allora… nell’appartamento irruppero i figli, Elisa, i vicini, gli amici. Risate e applausi.
— **Surprise!** — gridarono all’unisono.
Le ginocchia di Stanislao cedettero. Guardò la stanza — volti conosciuti. Era tutto un teatro.
— Era uno scherzo — ammise Elisa. — L’abbiamo preparato per sei mesi. Volevamo che capissi come ci si sente dall’altra parte.
— Siete… pazzi… — sussurrò lui, la mano tremante che si allungava verso la valeriana.
— Ti presento Riccardo e Livia. Attori del teatro stabile. Hanno recitato divinamente.
— E il campanello? La serratura?
— Riccardo fa l’idraulico. L’ha cambiata seguendo il copione.
— E la voce al telefono?
— Mio fratello Sandro. Si è legato un fazzoletto in bocca per non farsi riconoscere.
Stanislao cadde sul letto, mentre Elisa gli porgeva un bicchiere d’acqua.
— Mamma — sussurrò Matteo — forse abbiamo esagerato?
— Spero solo che capisca, ora, cosa significa essere preso in giro. Credo che gli scherzi finiranno.
E infatti capì. Per sempre.