Una Difficile Decisione: Il Ritorno

Una decisione difficile. Il ritorno

— Se vuoi volare, vola — disse Luca, posando la tazzina nel lavandino. La sua voce era piatta, quasi indifferente. — Ma non aspettarti il mio sostegno. Né morale, né pratico.

— Non lo aspetto — rispose Silvia piano, senza guardarlo.

— Poi non dire che sei partita per niente.

— Forse lo dirò. O forse no. L’importante è non pentirsi di non averci provato.

E alla fine partì.

Il volo con scalo fu ritardato, e l’aereo per la coincidenza se ne andò senza neanche accorgersi del suo ritardo. Sette ore di attesa snervante in un aeroporto soffocante, un panino di plastica e una borsa a tracolla invece della valigia — l’abito era rimasto nella stiva di un altro continente.

In hotel le dissero che la prenotazione “non era andata a buon fine”. Il ragazzo alla reception lo spiegò con un sorriso, come se si trattasse di un dettaglio irrilevante:

— Mi dispiace, signora, siamo al completo. Posso darle una lista dei motel vicini.

— Grazie — rispose secca Silvia. — Proprio quello che mi mancava: un elenco delle mie sfortune.

Si sedette in un bar all’angolo, ordinò un caffè e sfogliò i contatti sul telefono. Il dito si fermò su un nome: Elena Lombardi. Un’amica dell’università, con cui aveva studiato a Torino. Poi qualche messaggio, like rari… e il silenzio.

“Meglio rischiare?”, pensò Silvia, e le scrisse un messaggio breve.

La risposta arrivò dopo tre minuti:

«Certo, vieni! Abbiamo una camera per gli ospiti. E per l’abito non preoccuparti, troviamo qualcosa. Anzi, probabilmente sei dimagrita — prendo qualcosa di largo. Ma quanto tempo è passato!»

La mattina dopo erano già in macchina tra le strade della periferia di Firenze. Silvia sentiva che ogni curva la portava sempre più indietro, in un passato ormai sepolto da anni. Elena era cambiata tanto — curata, sicura di sé, ma sempre gentile, senza la minima traccia di arroganza. Le diede l’indirizzo del club, la osservò con occhio critico, le sistemò i capelli, una spruzzata di lacca, e le infilò una spilla:

— Non ci vai come l’ombra di quello che eri, ma come una donna che sa il suo valore. Loro là dentro sono tutte uguali — stesse facce, stesse labbra. Ma non tutte hanno un’anima. Tieni la schiena dritta, Silvia.

La festa era un tripudio di lusso.

Tende eleganti, prati perfetti, camerieri con spumante, donne in abiti firmati — come se fossero tutte stampate con lo stesso stampino. Tutto costoso, ricercato e… estraneo. Volti familiari, nessuno. Solo nuovi — abbronzati, tirati, pieni di sé.

Paolo fu il primo ad apparire. Un po’ invecchiato, ma sempre lo stesso. Si avvicinò, sorrise imbarazzato, la abbracciò e sussurrò:

— Sono contento che tu sia venuta. Scusa, non l’ho detto a Chiara. Volevo che ti vedesse e basta…

Silvia non rispose. Ormai aveva capito tutto.

Chiara arrivò poco dopo. Non da sola — con tutto il suo entourage. Abito firmato, viso perfetto, sguardo di ghiaccio.

— Silvia? Che sorpresa — disse con un ghigno che fingeva di essere un sorriso. — Tu… qui?

— Io sono io. E qui è solo un posto — rispose Silvia calma. — Auguri per l’anniversario.

— Grazie. Spero che il viaggio non ti abbia stancato troppo?

— Un po’. Ma Elena Lombardi mi ha aiutata. Strano come certi legami resistano, anche dopo anni.

— Elena? Ah sì… Ci è stata molto utile quando ci siamo trasferiti. Dicono che abbia buon gusto. Quello è un suo abito?

— È comodo. E mi sta meglio di certi ricordi.

Chiara rimase un attimo senza parole.

— Beh… Spero ti piacerà la serata.

— Già mi piace. Grazie per l’invito.

— Io… non ti ho invitata.

— Ma non mi stai nemmeno cacciando — replicò Silvia con un mezzo sorriso.

Più tardi, quando un invitato cadde sulla sedia iniziando ad avere il volto viola, la sala si riempì di panico.

— Sta soffocando! — gridò una signora in un vestito a pois. — Chiamate un’ambulanza!

— Sono un medico — disse Silvia tranquilla, già accanto a lui. Senza farsi prendere dal panico, controllò il polso, gli mise la borsa sotto la testa, gli slacciò il colletto. Agì come se lo facesse tutti i giorni. E lo faceva.

L’ambulanza arrivò dopo quindici minuti. In tutto quel tempo, né Chiara né nessuno del suo gruppo si avvicinarono.

La mattina dopo, Silvia si svegliò nella stanza di Elena. L’abito era piegato con cura sulla sedia, e sul tavolo c’era un caffè e un biglietto:

«Hai fatto bene. Se vuoi sparire di nuovo da questa città, chiama. La stanza è tua».

In aeroporto si sentiva leggera.

Non perché tutto fosse finito.

Ma perché finalmente tutto aveva trovato il suo posto.

Quell’amicizia era morta da tempo. Solo che il funerale si era prolungato. Adesso si era svolto. Senza fiori. Senza lacrime. Ma con un addio.

Luca l’aspettava all’uscita. Il suo cane peloso, Arturo, per poco non la travolse dalla felicità.

— Allora, com’è andata? — chiese lui.

— Ho chiuso il cerchio.

— Con fracasso?

— Un po’. Ma con dignità.

— E?

— Non mi tira più.

Lui le prese la borsa.

Lei gli prese il braccio.

E tornarono a casa insieme.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

20 − twelve =

Una Difficile Decisione: Il Ritorno