**Ombre nella casa al mare**
Sul lungomare di un paesino ligure, dove la brezza salmastra accarezzava le strade strette, Beatrice passava la serata dalla suocera. Fuori, le onde si infrangevano con fragore, mentre in casa l’aria era densa dell’aroma di un minestrone appena preparato. A notte fonda, il silenzio fu squarciato dal trillo del telefono. Beatrice guardò lo schermo: era la vicina, Giovanna.
“Bea, vieni subito!” La voce di Giovanna tremava. “Qualcuno è appena entrato a casa tua! Hanno parcheggiato l’auto nel cortile e sono entrati!”
“Come?!” Beatrice sentì il cuore batterle forte. “Che macchina era?”
“Un grosso SUV nero! Erano in due, un uomo e una donna. Lei bionda, lui con i baffi,” sbottonò Giovanna.
Senza perdere tempo, Beatrice chiamò un taxi. Un’ora dopo, infilava la chiave nella serratura, con un groppo alla gola. Apri la porta con cautela e rimase paralizzata, incapace di credere ai suoi occhi.
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“Lorenzo,” telefonò al figlio, la voce carica di rabbia. “Ma che fai, ti diverti a casa mia alle mie spalle? Cosa vuol dire che no? Allora chi ci va quando non ci sono? Hai le chiavi!”
“Mamma, ma di che parli?” rispose il figlio stupito. “Non vengo da te da anni, lavoro giorno e notte! Cosa succede?”
Beatrice gli raccontò delle stranezze: oggetti spostati, cibo che spariva dal frigo.
“Io so esattamente dove lascio ogni cosa!” protestò. “Torno da nonna e trovo tutto sottosopra!”
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Beatrice Rossini viveva da sola ormai da tre anni. Il marito, Marco, passava gran parte dell’anno all’estero per lavoro, pensando alla pensione. Lei non si lamentava: avevano abbandonato l’orto e non tenevano animali, decisi a riprendere la vita di campagna dopo il ritiro.
Negli utimi mesi divideva il tempo tra casa sua e il paese della suocera, Adele, che a ottant’anni era spesso malata. Beatrice le faceva compagnia e la aiutava con le faccende.
Le stranezze erano iniziate da poco. Tornata una volta da Adele, notò che in bagno erano apparsi degli asciugamani verdi al posto dei suoi, blu e piegati con cura. Nel frigo mancavano barattoli di ragù, benché fosse certa di non averli toccati. Sul letto, la coperta era spiegazzata come se qualcuno vi avesse dormito.
Pensò di aver sbagliato. Forse non c’erano mai stati quei barattoli, o forse aveva messo lei gli asciugamani. Ma le tracce erano troppo evidenti. Non mancava nulla: né soldi, né gioielli, né elettrodomestici. Le serrature erano intatte e le finestre chiuse.
Diede la colpa alla stanchezza, ma presto accadde di nuovo. Asciugamani cambiati, cibo sparito. Decise allora di scattare foto col telefono prima di partire. Al ritorno, confrontò le immagini con la realtà: non c’era dubbio, qualcuno viveva in casa sua.
Corse da Giovanna, che ascoltò perplessa.
“Non ho visto nessuno, Bea. Con quel muro alto, non si vede nulla. Ma cosa è successo?”
“Le mie cose vengono spostate!” si lamentò Beatrice. “Asciugamani, cibo che sparisce. Non so più cosa pensare!”
“E se fosse Lorenzo? Ha le chiavi, magari ci viene con qualcuno?” suggerì Giovanna.
Beatrice ci riflett*”Quella sera, mentre chiudeva a chiave la nuova serratura, Beatrice capì che a volte la famiglia non è un rifugio, ma una porta che è meglio tenere ben chiusa.”*