Ombre nella casa sul mare

Era una serata tranquilla nel piccolo borgo marinaro di Portofino, dove il vento salmastro accarezzava le stradine acciottolate. Serena passava la serata a casa della suocera, mentre fuori le onde si infrangevano sugli scogli e in cucina si sentiva il profumo di un minestrone appena fatto. A notte fonda, il silenzio fu spezzato da una telefonata. Serena guardò lo schermo: era la vicina, Luisa.

“Serena, vieni subito!” la voce di Luisa tremava. “C’è qualcuno a casa tua! Hanno parcheggiato un’auto nel cortile e sono entrati!”
“Cosa?!” Serena sentì il cuore accelerare. “Che macchina era?”
“Un grande SUV nero! C’erano due persone, un uomo e una donna. Lei bionda, lui con i baffi,” rispose Luisa in fretta.

Senza perdere tempo, Serena chiamò un taxi. Un’ora dopo, infilava la chiave nella serratura di casa sua, con un groppo alla gola. Aprì la porta con cautela e rimase immobile, incredula.

“Matteo,” chiamò il figlio, la voce carica di rabbia. “Mi vuoi dire cosa ci fai a casa mia con qualcuno alle spalle? Come no? Allora chi è che entra e esce quando non ci sono? Hai le chiavi tu!”
“Mamma, ma di che parli?” rispose il figlio sorpreso. “Non vengo da te da mesi, lavoro senza sosta! Che succede?”

Serena gli raccontò delle stranezze: oggetti spostati, cibo che spariva dal frigo.
“Lo so dove lascio le cose!” si lamentò. “Torno da nonna e tutto è sottosopra!”

Serina Rossi viveva sola da tre anni. Il marito, Marco, passava la maggior parte dell’anno all’estero per lavoro, per garantirsi una pensione tranquilla. Serena non si lamentava: avevano abbandonato l’orto e non tenevano animali, pensando di riprendere quelle abitudini una volta in pensione.

Ultimamente divideva il tempo tra casa sua e il paesino dove viveva la suocera, Ada. A ottantasette anni, Ada era spesso malata, e Serena passava metà del mese con lei, aiutandola con le faccende.

Le stranezze erano iniziate da poco. Una sera, tornata dalla suocera, Serena notò che in bagno c’erano asciugamani che non erano i suoi: al posto di quelli azzurri, perfettamente piegati, ce n’erano di verde acceso. Nel frigo mancavano delle scatolette di tonno, anche se era sicura di non averle toccate. E il letto era disfatto, come se qualcuno ci avesse dormito.

All’inizio pensò di essersi sbagliata. Forse si era confusa? Ma le tracce erano troppo evidenti. Niente era stato rubato: né soldi, né gioielli, né elettrodomestici. La serratura era intatta, le finestre chiuse.

Mise tutto sulla stanchezza, ma presto accadde di nuovo: altri asciugamani e altre scatolette sparite. Decise allora di fare delle foto col telefono prima di partire. Una settimana dopo, confrontando le immagini con la realtà, non ci furono più dubbi: qualcuno viveva in casa sua.

Corse da Luisa, che la ascoltò stupita:
“Non ho visto nessuno, Serena. Avete quel muro alto, non si vede niente. Che è successo?”
“Le mie cose sono state spostate! Asciugamani, cibo… Non so più cosa pensare!”
“Sentì, e se fosse Matteo? Ha le chiavi, potrebbe venire con qualcuno…” suggerì Luisa.

Serena ci pensò. Suo figlio e sua moglie, Laura, sembravano felici, ma forse davvero portava qualcuno a casa sua? Per togliersi il dubbio, chiamò Matteo.
“Mamma, ma stai scherzando?” si indignò. “Che amante? Sono sempre al lavoro, chiedi a Laura! Se non mi credi, installiamo un allarme. Apri la porta e parte l’avviso, sennò arriva la polizia.”
“Un allarme? Ma che è, una banca?” scosse la testa Serena. “Sono solo due scatolette! Va bene, penserò a cosa fare. Scusami per i sospetti.”

Dopo la chiamata al figlio, telefonò al marito. Marco, sentendo la storia, rise:
“Serena, tu confondi sempre tutto! Ricordi quando sbagliasti l’ora del matrimonio? Adesso sarà lo stesso, avrai dimenticato dove hai messo le cose.”

Serena si calmò un po’. Era vero, al matrimonio aveva quasi mancato la cerimonia per l’orario sbagliato. Ma le foto? Quelle non mentivano!

Prima di ripartire per la suocera, Laura la chiamò:
“Serena, come va?”
“Sto sistemando la spesa,” rispose. “Domani vado da Ada, devo ancora andare in farmacia e fare la valigia. Ho un sacco da fare!”
“Per quanti giorni parti?”
“Come al solito, due settimane. E voi che fate?”
“Niente di speciale, ho appena dato da mangiare ai bambini, ora stiro. Chiamami prima di tornare, va bene? Vorrei portarti i nipotini un giorno, non vorrei mancarti.”

Serena accettò, ma un sospetto le sfiorò il cuore.

Prima di partire, chiese a Luisa:
“Tieni d’occhio casa mia, per favore. Se vedi qualcosa di strano—luci di notte, auto sconosciuta—chiamami subito!”
“Va bene,” annuì Luisa.

Tre giorni dopo, a notte fonda, Luisa la chiamò:
“Serena, torna subito! C’è qualcuno a casa tua! Un SUV nero è entrato nel cortile, due persone—una bionda e un uomo coi baffi.”

A Serena gelò il sangue. Tra i conoscenti, solo un uomo aveva i baffi così: il suocero di Laura, Giovanni. E la bionda assomigliava tanto a sua madre, Elisa.

Chiamò un taxi e un’ora dopo apriva il cancello. Nel cortile c’era il SUV dei suoceri—lo riconobbe dalla targa. Spiando dalla finestra della cucina, vide Elisa che apparecchiava, prendendo cibo dal suo frigo, mentre Giovanni stappava una bottiglia di vino dalla sua cantina.

Entrò silenziosamente, si tolse le scarpe e si presentò in cucina.
“Buonasera, cari ospiti,” disse con un sorriso sarcastico. “Che fate qui a quest’ora? E senza invito?”

I due sobbalzarono.
“Serena, non dovevi essere da Ada?” balbettò Giovanni.
“Ah, quindi conosci i miei piani?” rispose gelida. “Spiegatemi cosa ci fate qui!”
“Ma dai,” provò a smorzare Giovanni. “Siamo venuti a passare un po’ di tempo insieme. Che c’è di male?”
“E chiedermelo no?” la voce di Serena tremava. “Chi vi ha dato il permesso di usare casa mia?”
“Siamo famiglia,” intervenne Elisa. “Dobbiamo chiedere ogni volta?”
“Quindi non è la prima volta?” Serena strizzò gli occhi. “Da dove avete le chiave?”

I suoceri tacquero, chiaramente riluttanti a rispondere.
“Chiamo i carabinieri!” minacciò Serena.
“Laura ce le ha date,” ammise Giovanni a denti stretti.

Serena chiamò subito la nuora. Laura rispose assonnata:
“Che succede? Perché a quest’ora?”
“I tuoi genitori sono a casa mia!” tagliò corto Serena. “Dimmi cosa ci fanno!”
“Mi dispiace, Serena,” biascicò Laura. “Sono io che ho dato loro le chiavi…”
“Laura, non me l’aspettavo da te!” Serena era ferita. “Ero fuori di me, pensavo a ladri”Da quel giorno, Serena imparò che anche tra le mura di casa, a volte, bisogna saper chiudere a chiave non solo le porte, ma anche la fiducia.”

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