Ombre del passato: un inaspettato colpo di scena

**Ombre del Passato: Un Inaspettato Colpo di Destino**

Elena Rossi sedeva in cucina, guardando fuori dalla finestra con il cuore gonfio di tristezza. Suo figlio, Alessandro, si era dimenticato dell’anniversario di matrimonio dei genitori e non aveva neanche chiamato. Le lacrime le solcavano le guance mentre rifletteva su come trascorrere quella giornata così grigia. All’improvviso, il silenzio fu spezzato dal suono del telefono. “Finalmente! Ho avuto torto a dubitare di lui,” sussurrò Elena con speranza, affrettandosi a rispondere. Ma impietrì quando riconobbe la voce della nuora. “Elena, ho una proposta importante da farti,” disse Sofia con tono deciso, senza lasciarle spazio per replicare.

“Come è possibile? L’avete venduta senza il mio consenso?” esclamò Elena, incapace di trattenere l’emozione. “Alessandro, come hai potuto? Non me l’aspettavo da te!”

“Mamma, perché ti agiti così? Le cose sono andate così. Abbiamo trovato un acquirente in fretta, e ci servivano i soldi. Sai che Sofia sta aprendo la sua attività. Dovevamo aspettare il tuo ritorno dalla casa di cura per chiederti il permesso di vendere la villa?” ribatté Alessandro, irritato.

“Figlio mio, in quella casa ci sono tutti i nostri ricordi!” continuò Elena con dolore. “Anche i tuoi. Avreste potuto parlarmene!”

“Mamma, ti ho già spiegato,” sbuffò Alessandro, chiudendo la chiamata.

Elena era furiosa. Ultimamente si sentiva inutile, abbandonata, quasi un’estranea nella sua stessa famiglia. E dava tutta la colpa a Sofia.

Da quando era entrata nella loro vita, Alessandro era cambiato. Non ascoltava più i consigli di sua madre, né sembrava preoccuparsi dei suoi sentimenti. La notizia della vendita aveva spezzato il cuore di Elena. Quando suo marito, Vittorio, aveva insistito per regalare al figlio, come dono di nozze, la vecchia villa di famiglia sul Lago di Como, lei si era opposta. Ma Vittorio era irremovibile.

“Perché ti aggrappi a questa casa?” diceva Vittorio. “A noi basta l’appartamento. Lascia che i ragazzi decidano se tenerla o venderla. Non abbiamo abbastanza risparmi per un regalo migliore. La villa è tutto ciò che possiamo offrirgli.”

E ora, dopo cinque anni, Alessandro le aveva annunciato che l’avevano venduta. Elena era certa che, se Vittorio fosse stato vivo, non avrebbe approvato.

Quella villa era un gioiello: una casa di legno a due piani con intagli decorativi, una veranda spaziosa e due balconi, situata in un angolo incantevole vicino al lago, circondata da pini secolari. Dopo il matrimonio, Elena e Vittorio avevano vissuto lì, e quei giorni erano i più felici della sua vita. La natura, il silenzio, i vicini premurosi, il latte fresco, le uova, le fragoline di bosco: era come vivere in paradiso. Proprio lì aveva scoperto di aspettare un figlio.

Sofia, secondo Elena, non aveva mai apprezzato quel dono. Andava raramente in villa e si rifiutava di passarci la notte. “Sono una cittadina,” diceva. “La natura è noiosa, piena di zanzare. Io ho bisogno di comfort, del condizionatore!” aggiungeva, sistemandosi il perfetto smalto.

Elena continuava a visitare la villa, prima con Vittorio, poi, dopo la sua morte, da sola. Nel profondo, la considerava ancora sua, sperando che un giorno Alessandro gliela restituisse. Invitava l’amica Giovanna, e insieme trascorrevano giornate tranquille lontano dal caos della città.

“Che bella villa, Elena,” diceva Giovanna. “Se la vendessi, potresti guadagnare bene. Case così sono ricercate, e il lago è meglio di una vacanza.”

“Non venderemo mai,” rispondeva Elena. “Qui è perfetto. È la memoria dei genitori di Vittorio.” Sognava di vivere lì, ospitare amici, o magari affittarne una parte per integrare la pensione.

Sofia, laureata in economia, dopo la maternità non era tornata al suo lavoro di contabile. “Non lavorerò per due spicci,” affermava. “È umiliante.” Alessandro, ingegnere in fabbrica, la sosteneva: “Resta a casa con Matteo, il mio stipendio basta.”

Ma Sofia si annoiava. Quando il figlio crebbe, decise di aprire un salone di bellezza. “Ho un’idea!” annunciò ad Alessandro. “Vendiamo la villa e compriamo un locale per il salone. Ho già trovato il posto ideale.”

“Sei sicura di saperlo gestire?” dubitò Alessandro. “Non hai mai avuto un’attività.”

“Certamente!” rispose lei. “Troverò professionisti e con la mia formazione andrà benissimo. Dobbiamo solo vendere subito la villa.”

“Mi dispiace per la villa,” mormorò Alessandro. “È il ricordo dei nonni, di papà. Possiamo chiedere un prestito?”

“Niente prestiti!” tagliò corto Sofia. “La villa vale tanto, ci basterà. È vecchia, cosa te ne fai? Se non la vendiamo ora, perderà valore. Un giorno esproprieranno il terreno per costruire.”

Le sue argomentazioni erano sempre convincenti. “Mamma si arrabbierà,” sospirò Alessandro.

“Ha il suo appartamento,” rispose Sofia. “Se vuole la campagna, può affittare un orto. La villa è nostra, non sua.”

Alessandro noleggiò un furgone per trasportare le cose di sua madre. Intanto, Elena era in una casa di cura, grazie a un soggiorno regalatole dai figli per il suo compleanno. Al ritorno, scoprì che la villa era stata venduta, e i suoi sogni erano svaniti.

Da quel momento, odiò ancora di più Sofia. “Lei ha manipolato Alessandro,” pensava, lamentandosi con Giovanna: “Vendere la nostra casa per un salone di bellezza! Come si fa?”

“La villa non dava reddito,” sospirava Giovanna. “Il salone invece sì. Oggi tutto si misura in soldi. Peccato, però, ci divertivamo tanto lì.”

Elena andava poco a trovare il figlio. Le faceva male sentire Sofia vantarsi del successo del salone: clienti prenotati con mesi di anticipo, tutti entusiasti. “Una cliente mi ha proposto di aprirne altri due,” raccontava orgogliosa. “Dice che ho fiuto per gli affari.”

“Proprio una veggente,” commentò Elena, sarcastica, durante la festa del nipote.

“Non prendertela in giro,” rispose Sofia. “È una donna influente, mi aiuterà.”

“Tutto per i soldi,” borbottò Elena. “Niente è più sacro. Avete venduto la memoria di famiglia.”

“E tu, tra l’altro, usi i nostri soldi,” replicò Sofia. “Cure termali, riparazioni, elettrodomestici: tutto pagato da noi.”

Elena se ne andò sconvolta. “Perché mi odia?” si lamentò Sofia con Alessandro. “Io faccio tutto per la famiglia, anche per lei.”

“Dobbiamo occuparla,” propose Alessandro. “Prima c’era la villa, adesso è sola e si tormenta.”

“Forse un circolo per anziani?” suggerì Sofia.

“No, qualcosa che vi unisca. Tipo lavorare nel tuo salone,” sorrise lui.

“Tua madre come receptionist?” esclamò Sofia. “Accetterebbe?”

“Prova,” le strizzò l’occhio.

Quel giorno, Elena era in cucina, ripensando a Vittorio e al passato. Alessandro non l’aveva chiamata per l’anniversario, e il cuore le doleva. Il telefono squillò. “Finalmente!” pensò, credendo fosse il figlio.

Ma era Sofia. “Elena,Sofia le propose di lavorare nel suo salone, e con sorpresa, Elena accettò, scoprendo infine che a volte il futuro riserva nuove gioie quando si ha il coraggio di lasciar andare il passato.

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