Troppo Tardi per Rendermi Conto dell’Errore

Solo più tardi capì il suo errore.

Chiara stringeva nel pugno i risultati degli esami. La carta era umida di sudore. Nel corridoio del consultorio ginecologico era impossibile muoversi.

“Chiara De Santis!” gridò l’infermiera.

Chiara si alzò ed entrò nello studio. La dottoressa, una donna robusta con occhi stanchi, prese la cartella dalle sue mani, dandole una rapida occhiata.

“Siediti,” disse con tono distaccato. “Tutto è nella norma. È tuo marito che deve fare gli esami.”

Chiara sentì il gelo nella pancia. Matteo? Ma lui era…

***

A casa, la suocera stava tagliando la verdura per il minestrone. Il coltello sferrava colpi rabbiosi, come se stesse affrontando un nemico.

“Allora, figliola, che notizie?” chiese Valentina senza alzare lo sguardo.

“Io sto bene,” mormorò Chiara, togliendosi il giubbotto.

“E allora perché…” Valentina finalmente la guardò. Nei suoi occhi balenò un’ombra di preoccupazione.

“Matteo deve fare degli esami.”

Il coltello si fermò sul tagliere. Valentina si irrigidì come una molla.

“Ma che sciocchezze! Mio figlio sta benissimo! Sono i vostri medici che non capiscono niente. Una volta le donne partorivano senza tante analisi!”

Chiara entrò in camera. Sul divano giacevano due calzini spaiati: uno blu, l’altro nero. Li raccolse meccanicamente e li buttò nel cesto della biancheria.

In tre anni di matrimonio, quei calzini erano diventati il simbolo della loro vita: sconnessi, incapaci di combaciare.

Matteo tornò a tarda ora.

“Perché quella faccia da funerale?” borbottò, lasciandosi cadere sulla poltrona.

“Matteo, dobbiamo parlare.”

“Di cosa?”

Gli porse i referti. Li scorse rapidamente e li gettò sul tavolino.

“E quindi?”

“Devi farti controllare.”

“Per quale motivo?” Si alzò di scatto e cominciò a camminare per la stanza. “Sano come un pesce! Guardami!”

E in effetti sembrava robusto: spalle larghe, capelli scuri folti. Ma la salute non sempre si vede dall’esterno.

“Matteo, ti prego…”

“Basta!” sbottò. “Se non vuoi figli, dillo chiaro! Che bisogno c’è di queste scenate con i medici?”

Dalla cucina si sentì il fruscio delle pantofole. Valentina si era appostata dietro la porta, respirando così forte che ogni sospiro era percettibile.

“I figli li voglio più di ogni altra cosa,” disse Chiara piano.

“Allora perché non arrivano? Forse nascondi qualcosa? Hai fatto degli aborti e adesso non riesci più?”

Il colpo fu duro. Chiara indietreggiò.

“Come ti permetti…”

“E come dovrei fare? Tre anni insieme e niente! E poi arrivano questi dottori a dire che sono io…” Si interruppe, stringendo i pugni.

La porta si spalancò. Valentina irruppe nella stanza come un carro armato.

“Matteo, non dargli retta! È solo perché si annoia. Se lavorasse di più, non avrebbe tempo di girare per ospedali.”

Chiara guardò il marito. Lui si voltò verso la finestra.

“Matteo, davvero credi che io…”

“Non so cosa credere,” sibilò lui. “So solo che un uomo sano non va dai dottori.”

Valentina annuì trionfante.

“Hai ragione, figliolo. I veri uomini non perdono tempo negli ambulatori.”

Chiara sentì qualcosa spezzarsi dentro, come una corda troppo tesa.

“Va bene,” disse con voce ferma.

Il giorno dopo scoppiò la guerra. Valentina la criticava per ogni minima cosa. Il sale versato male, la pentola non lavata abbastanza, la polvere sulla credenza. Chiara sopportava in silenzio.

“Non credi che dovresti trovarti un lavoro vero?” chiese velenosa la suolcera a cena. “Invece di perdere tempo dai medici.”

Matteo masticava la cotoletta senza alzare lo sguardo.

“Io lavoro,” ricordò Chiara.

“Tre giorni alla settimana non è un lavoro, è uno svago!”

“Che c’entra ora il mio lavoro?”

“C’entra! Mio figlio è sano, e tu vuoi farlo passare per malato! Se non arrivano figli, la colpa è sempre della donna! È sempre stato così!”

Chiara si alzò da tavola. Le gambe le tremavano.

“Che ti prende?” fece Valentina. “Mangi e scappi via?”

“Sono stanca,” rispose piano.

“Stanca! E di cosa? Tre giorni di lavoro non sono mica una fatica!”

Finalmente Matteo la guardò. Nei suoi occhi balenò qualcosa simile a pietà. Ma non disse nulla.

Di notte, Chiara restava sveglia ad ascoltare il russare del marito. Una volta quel suono la rassicurava: significava che accanto a lei c’era qualcuno che amava. Adesso la infastidiva. Come aveva fatto a non accorgersi di quanto fosse testardo?

La mattina dopo fece la valigia in un vecchio zaino sportivo. Non prese molto: qualche vestito, biancheria, il necessario.

“Dove vai?” Valentina era sulla soglia della cucina, una tazza in mano.

“Dalla nonna.”

“Per quanto?”

“Non lo so.”

Matteo uscì dal bagno e vide lo zaino.

“Chiara, che succede?”

“Quello che vedi.”

“Dici sul serio?”

“E come sarebbe dovuta finire? Tu non vuoi farti visitare, tua madre mi considera colpevole di tutto. Cosa ci sto a fare qui?”

Si avvicinò, abbassando la voce:

“Non fare sciocchezze. Dove vuoi andare?”

“Dalla nonna Lina.”

“In quel buco? Ci saranno venti metri quadri!”

“Meglio pochi spazi che cattiva compagnia.”

Valentina sbuffò:

“Benissimo! Che vada. Vivere con quella vecchia le farà capire quanto stava bene qui.”

Matteo lanciò alla madre un’occhiata torva, ma non replicò.

Chiara prese lo zaino e si diresse alla porta.

“Chiara!” la chiamò il marito.

Si voltò. Lui era fermo nel corridoio—confuso, i capelli ancora bagnati dalla doccia.

“Quando torni?”

“Quando andrai dal dottore.”

La porta sbatté alle sue spalle.

La nonna Lina sgranò gli occhi vedendo la nipote con lo zaino:

“Chiarina! Cosa è successo?”

“Ho litigato con Matteo. Posso stare da te?”

“Certo, tesoro. Solo che qui è stretto…”

“Non importa, nonna.”

L’appartamento era minuscolo: un letto, un tavolo, due sedie, una vecchia tv. Ma pulito. E profumava di vaniglia—la nonna adorava cucinare.

“Raccontami tutto,” disse la vecchietta, accendendo il bollitore.

Chiara si sfogò. La nonna ascoltava, scuotendo la testa bianca.

“Eh, cara… Gli uomini sono così. Orgogliosi. Per loro ammettere una debolezza è come morire.”

“E io dovrei aspettare tutta la vita che si decida ad andare dal dottore?”

“No. Hai fatto bene ad andartene. Che rifletta.”

I primi giorni passarono tranquilli. Chiara sistemò una brandina in un angolo, aiutò la nonna con le faccende. Matteo chiamò, ma lei non rispose.

Poi la nonna cominciò a lamentarsi di dolori al petto. Il medico del pronto soccorso insistLa nonna Lina si riprese, e mentre Chiara teneva in braccio il suo bambino sotto il sole di Roma, capì che a volte la vita ha un modo crudele ma giusto di sistemare le cose.

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