Il primo giorno d’inverno: una sfida tra neve e pioggia.

*Diario, 1 dicembre*

La prima giornata d’inverno non è iniziata nel migliore dei modi. Maria deve tornare al lavoro, e il tempo è pessimo. Nevica mischiato a pioggia, la temperatura è scesa sotto zero, e non si sa bene come vestirsi. Niente giacchetto, meglio il piumino e gli stivali pesanti.

Era il primo giorno dopo una lunga pausa. In estate, felice con il suo Alessandro, aveva lasciato la decisione di licenziarsi, spinta dal suo consiglio. Lui le aveva regalato un viaggio al mare, ma il capo non le concedeva ferie. Allora aveva presentato le dimissioni…

In quei giorni, il cielo le sembrava pieno di stelle. Maria era certa che, su quelle spiagge, l’avrebbe chiesta in moglie. E allora, a che serviva lavorare? Alessandro avrebbe provveduto a entrambi, di certo i suoi pochi euro non facevano differenza.

Sognava il matrimonio, un bambino, una vita bella nella sua casa lussuosa. Ora, invece, si rimproverava per la sua ingenuità. Nessuna proposta, solo cene in ristoranti, qualche notte indimenticabile, e poi il ritorno a casa.

Non l’aveva lasciata subito, no. Per mesi le aveva fatto credere che la loro relazione avesse un futuro. Fino a una settimana fa, quando Maria non ne poté più e gli chiese dei suoi piani.

«Non molti, Maria» le rispose. «Sto per tornare con mia moglie. Mio padre è malato, e il nostro business andrà a mio figlio, ma solo se ricostruisco la famiglia. Ho le mani legate. Mi dispiace, cara…»

Poi, le solite parole vuote sull’amore e il dolore dell’addio. Che uomo infelice, impotente…

Maria si mise addosso l’ultimo suo regalo, una pelliccia calda, e gli disse solo:
«Addio».

E sparì dalla sua vita. Alessandro non le mancava, ma il tempo sprecato sì.

Dovette ingoiare l’amarezza e tornare a supplicare il suo vecchio capo di riassumerla. Seduta fuori dal suo ufficio, ascoltò la riunione mattutina attraverso la porta chiusa. Il direttore stava rimproverando qualcuno.

Quando tutti uscirono, Maria entrò e, con un sorriso tremulo, espose la sua richiesta: «Non posso vivere senza lavoro. La mia vita privata è fallita».

Il capo, forse ancora con un debole per lei ma felicemente sposato, la guardò con compassione. «Non riprenderei nessuno. Ma per te farò un’eccezione. Non allo stesso ruolo, però. Vuoi fare la segretaria? La mia va in maternità dal primo dicembre. Niente assenze, però!»

Accettò. E ora eccola qui, prima giornata: gonna attillata, camicia bianca, trucco leggero. Le scarpe basse da cambiare in ufficio. Mentre correva alla fermata, arrivò un messaggio del capo:
«Vieni prima. Riunione urgente».

Controllò l’orario. Troppo tardi, serviva un taxi. Si fermò a chiamare, quando un ragazzino in monopattino le sbucò davanti all’improvviso—e con questo tempo!

Caddero entrambi. Il piumino sporco, le calze rovinate, il telefono in mezzo alla strada. Tutto risolvibile, ma il ragazzo sembrava essersi fatto male. Si teneva la caviglia.

Qualcuno le restituì il telefono, arrivò l’ambulanza.
«Chi viene con lui?» chiese il medico. La folla si disperse.

Toccò a Maria. Raccolse il monopattino, lo ziro strappato, e salì in ambulanza. In ospedale, mentre visitavano il ragazzo, il telefono vibrò: cinque chiamate perse dal capo. La giornata lavorativa era iniziata senza di lei.

Chiamò, ma lui non rispose. Poco dopo, un SMS:
«Non preoccuparti. Ho cambiato idea. Buona fortuna».

La sua carriera era finita. Le vennero le lacrime, ma non pianse. Trovare un lavoro da segretaria non sarebbe stato difficile, ma…

Prima che finisse il pensiero, il ragazzo uscì dalla visita.
«Tranquilla, mamma. Non è grave. Ma lasciarlo uscire con questo tempo…»
«Non sono sua madre, e siamo di fretta. Grazie».

Lo aiutò a sedersi. Aveva quattordici anni, si chiamava Luca, vestito bene—non sembrava un ragazzo povero. Ma perché aveva chiamato la nonna, e non i genitori?
«Mio padre è in trasferta. Sto con la nonna».

Arrivarono a casa sua, dove una donna anziana li aspettava preoccupata. Maria spiegò l’accaduto, e la nonna la invitò per un caffè.

La casa era accogliente, pulita. Maria scaldò le mani sulla tazza, mentre la nonna sgridava il nipote per quel «maledetto monopattino».

Si scambiarono i numeri e si salutarono.
«Ti chiamo per sapere come stai. Se serve aiuto, fammi sapere» disse Maria, prima di andarsene.

Ma dove andare? Il lavoro era perso, la carriera pure.
«Forse è meglio così» pensò, tornando a casa.

Per una settimana cercò lavoro online. Le offerte c’erano, ma niente di buono: troppo lontano, stipendio basso, corsi richiesti.

Alla fine della settimana, decise di chiamare Luca. Lui la anticipò:
«Ciao Maria! Sono Luca. Sto bene. Mio padre è tornato. Vieni al mio compleanno sabato?»

Esitò, poi accettò. Le piaceva quel ragazzo, e la nonna era simpatica.

Sabato, comprò uno zaino nuovo—bello, costoso—e andò all’indirizzo che lui le aveva dato.

Arrivò davanti a una casa elegante, giardino curato, vialetto di ghiaia. Sulla porta, la nonna di Luca la salutò con gioia.

Entrò, consegnò il regalo, e dalla sala uscì un uomo.
«Dario, il padre di questo monello» si presentò, tendendole la mano.

Maria lo guardò e rimase senza fiato—era bellissimo. Non c’era traccia della madre. A tavola, chiese di Luca:
«Il piede? Si riprenderà. Grazie per averlo aiutato».

Dopo la torta, Dario le propose di accompagnarla a casa…

…E così va il destino. Passarono la sera a parlare. Lui era vedovo, cresceva Luca da solo con l’aiuto della madre.
«Tra lavoro e viaggi, è dura» ammise.

Maria gli raccontò del licenziamento. Una settimana dopo, Dario la chiamò: le offriva un posto nella sua azienda.

A Natale erano già insieme: la nonna felice, Luca raggiante, e Maria e Dario, innamorati, all’inizio di una vita nuova.

*A volte, le cadute portano alla felicità.*

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