Amore perduto: La solitudine in un matrimonio

**Solitudine nel matrimonio. Lui è andato da un’altra.**

Con *Lorenzo* abbiamo vissuto insieme 20 anni. Di tutto abbiamo visto, momenti belli e brutti. Ma non ho mai rimpianto un solo giorno passato con lui.

Ho sempre cercato di essere una brava moglie, accontentandolo in tutto e senza contraddirlo.

E come potevo fare altrimenti? Una donna deve essere saggia. Altrimenti, ci vuole poco a rimanere soli, con tutte quelle divorziate che gli ronzano intorno. Gli ho perdonato qualche tradimento. Una volta, persino, ha deciso di lasciare la famiglia. Ma gli ho detto chiaro che senza di lui non avrei potuto vivere. Si è spaventato, è rimasto.

Anche bere gli piaceva, ma chi non lo fa? Però lavorava, e almeno qualche soldo lo portava a casa. Bastava per noi. E poi, io facevo due lavori. Così andavamo avanti.

Quando è nata *Sofia*, ero in maternità e non potevo lavorare, e lui è peggiorato. Mi rimproverava per ogni spesa, mi diceva di risparmiare. Poi le cose sono migliorate, ho ricominciato a lavorare e potevo comprare tutto io, per me e per mia figlia.

Una mattina è tornato a casa ubriaco. Quando gli ho chiesto dove fosse stato, si è messo a urlare e ha alzato la mano. Ho taciuto, perché una moglie deve capire: è un uomo, a volte ha bisogno di sfuggire alla famiglia.

Poi, non soltanto alzava la mano. Iniziai a usare occhiali scuri per coprire i lividi, ma a tutti dicevo di aver sbattuto contro l’anta di un armadio.

E poi accadde ancora. E ancora. E divenne una cosa normale. I medici che mi curavano il naso rotto e le costole dicevano di denunciarlo. Ma non potevo. Lorenzo era l’uomo che amavo, la mia famiglia.

E poi, se l’avessi fatto, si sarebbe offeso e se ne sarebbe andato.

E noi avevamo una figlia che aveva bisogno del padre.

Anche se a *Sofia* non badava molto. Voleva un maschio. Ma un secondo figlio non arrivava, nonostante io lo desiderassi.

Quando *Sofia* crebbe, iniziò a chiedermi di divorziare. Sì, lo so, è raro, perché i bambini amano i genitori comunque siano. Ma lei aveva paura di lui, anche a lei capitava di prenderle. Era l’autorità in casa, e noi obbedivamo, ma non sempre si evitava la punizione.

Passarono gli anni, io superai i quaranta. *Sofia* viveva già da sola con il suo ragazzo.

Anche *Lorenzo* si calmò, quasi non mi parlava più, mi ignorava. Mi ero abituata a quel trattamento, lo amavo in silenzio, non guardavo altri uomini. Facevo di tutto per lui, perché fosse contento.

Poi, un giorno, tornò dal lavoro prima del solito, strano e pensieroso. Girava per casa senza dire una parola. Come se volesse confessare qualcosa, ma non osava.

— *Lorenzo, che succede?* — decisi di rompere il ghiaccio.

Lui tacque un attimo.

— Basta. Me ne vado.

Il pavimento mi mancò sotto i piedi. Mi aggrappai alla sedia.

— Come te ne vai? Dove? E io? E la nostra famiglia?

— Quale famiglia? — urlò. — Guardati un po’! Ti ho sopportato per una vita, mi sono sacrificato. Ora voglio vivere per me, con una donna che mi merita!

— Hai un’altra? — le lacrime mi scottavano gli occhi.

— E tu credevi di no? Certo che sì. Tu sembri una vecchia, chi ti guarderebbe mai? Io sono un uomo che può avere chi vuole. E di te non ne posso più, con tutto il tuo amore.

*Lorenzo* si alzò di scatto, si vestì in fretta e afferrò una borsa.

— Domani vengo a prendere le mie cose! — gridò mentre usciva.

Così finirono i nostri 20 anni di matrimonio.

Più tardi scoprii che aveva un’amante da tre anni. Ed era andato da lei.

Oggi compio 45 anni. Sono passati cinque anni dal divorzio, ma ancora non mi sono ripresa del tutto.

Alle separazione dei beni, ha voluto ogni cucchiaio, ha preso tutto quel che poteva, tranne la casa, che era di mia madre. Tutto mi sembrava un sogno, non riuscivo a capire se fosse reale.

Com’è potuto succedere?

Io ho fatto tutto per lui!

Ora, dopo tanto tempo, ho capito. Non si può vivere la vita di un altro invece della propria. Non si possono perdonare offese se l’altro non è davvero pentito. Non ci si può mettere al di sotto del partner, accontentandolo sempre. Non si può sopportare l’umiliazione e la violenza. E io ho messo anche mia figlia al secondo posto, dopo di lui! Ora quasi non mi parla, ancora risentita per l’infanzia rovinata.

Che peccato non averlo capito prima! Quanta energia buttata via per nulla.

L’orologio scandiva il tempo nella stanza. Anche questo compleanno lo passo da sola. Ma almeno so una cosa: voglio vivere quel che mi resta nella gioia e nella pace, senza dipendere dai capricci e dai desideri di nessun altro.

Squillò il citofono. Aprendo la porta, vidi mio ex marito sulla soglia.

— Ciao, sono tornato per sempre. Ho capito che sei la migliore, la più bella. Mi fai entrare? — Sorrideva, come se niente fosse, e mi tendeva un mazzo di margherite.

— No. Vattene e non tornare più.

Chiusi la porta e capii finalmente che ero pronta a lasciarmi la solitudine alle spalle e cominciare una vita nuova, senza personaggi del passato.

*Nota: Questa storia è vera, me l’ha raccontata un’amica.*

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